Cour suprême de cassation: maternità surrogata e limite all’ordine pubblico
La Cour suprême de cassation, Prima sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 1842 déposée le 22 Janvier 2022 ha chiesto alle Sezioni Unite di fornire un’interpretazione per conciliare la tutela del minore nato all’estero da maternità surrogata, limite dell’ordine pubblico ed esigenza di scoraggiare l’utilizzo di questa pratica vietata in Italia.
Un chemin vers la conquête de ses droits
Lo svolgimento della vicenda
Il ricorso alla Suprema Corte di Cassazione
L’ordinanza interlocutoria della Suprema Corte di Cassazione
1. Lo svolgimento della vicenda
Due uomini, cittadini italiani, si erano sposati in Canada e nel 2017 e avevano trascritto il matrimonio in Italia nel registro delle unioni civili.
La vicenda ha avuto inizio a causa di una richiesta avanzata dai due vedendosi opporre una negazione da parte dell’ufficiale dello stato civile di Verona all’istanza di trascrizione dell’atto di nascita del figlio minore, nato in Canada attraverso la cosiddetta “maternità surrogata”.
Il bambino era nato in Canada e lì era stato registrato, all’inizio, un unico genitore, senza indicazione della donatrice dell’ovocita o della madre gestionale.
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2. Il ricorso alla Suprema Corte di Cassazione
A rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione sono stati il Ministero dell’Interno e il Sindaco di Verona.
I ricorrenti avevano sollevato diverse eccezioni preliminari e d’inammissibilità della domanda per contrarietà all’ordine pubblico.
Dopo un ricorso alla Corte suprema della British Columbia, avevano ottenuto di essere indicati come genitori, ma l’ufficiale di stato civile del Comune di Verona non aveva accolto l’istanza di rettifica dell’atto di nascita.
A questo punto i due avevano chiesto la delibazione della sentenza canadese e la Corte d’Appello di Venezia, anche tenendo conto dell’interesse superiore del minore e del suo diritto alla conservazione dello status, aveva stabilito che la sentenza poteva essere eseguita in Italia perché sussistevano i requisiti previsti dall’articolo 67 della legge n. 218/95 e non c’erano ostacoli sotto il profilo dell’ordine pubblico, perché l’ordinamento italiano prevede l’ipotesi di due figure genitoriali dello stesso sesso nel caso nel quale uno dei genitori abbia ottenuto la rettificazione dell’attribuzione del sesso.
Il Ministero dell’Interno e il Sindaco di Verona avevano impugnato in Cassazione con quattro motivi.
Con il primo motivo si deduceva il difetto assoluto di giurisdizione, a norma dell’articolo 360
virgule 1 du Code de procédure civile, perché nell’ordinamento italiano non esiste una norma che legittimi una piena bigenitorialità omosessuale, come affermata dal giudice canadese.
Con il secondo motivo si denunciava la violazione dell’articolo 95 del D.P.R. n.396/2000, essendo competente in materia il Tribunale di primo grado.
Con il terzo motivo si denunciava la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 du Code de procédure civile, in relazione all’articolo 360 virgule 1 n. 4 du Code de procédure civile, avendo la Corte d’Appello omesso di pronunciarsi sull’eccezione di difetto di legittimazione attiva del padre intenzionale a rappresentare il minore.
Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 16 e 65 della Legge n.218/95, 18 del D.P.R. 396/2000, 5 e 12 paragraphes 2 e 6 della Legge n. 40/05, perché l’ordinanza impugnata contrastava con diversi principi che fondano l’ordine pubblico, tra i quali la nozione di filiazione intesa nell’ordinamento italiano come discendenza da persone di sesso diverso, come disciplinata dalle norme in materia di fecondazione assistita, anche eterologa, nonché con il divieto della cosiddetta “maternità surrogata”, che secondo la legge italiana costituisce reato.
L’unico motivo del ricorso incidentale denunciava la violazione e la falsa applicazione degli articoli 100 del codice di procedura civile e 67 della Legge n. 218/95, avendo la Corte d’Appello considerato in modo erroneo il Ministero e il Sindaco controricorrenti legittimati passivi, perché il primo non aveva competenze in materia di stato civile, mentre il Sindaco non era titolare di un interesse proprio rispetto all’istanza in trascrizione.
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3. L’Ordinanza interlocutoria della Suprema Corte di Cassazione
La Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, ritenuti infondati i primi tre motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale, disponendo la sospensione del giudizio, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12 virgule 6 della Legge n. 40/04 degli articoli 18 del D.P.R. n. 396/2000 e 64 virgule 1 lettera g) della Legge n. 218/95, nella parte nella quale non consentono, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento del cosiddetto genitore d’intenzione non biologico nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della cosiddetta “maternità surrogata” per contrasto con gli articoli 2, 3, 30, 31, 117 virgule 1 la Constitution, questo in relazione agli articoli 8 della Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, 2, 3, 7, 8, 9 e 18 della Convenzione 20 novembre 1989 delle Nazioni Unite sui diritti dei minori, ratificata in Italia con Legge 27/05/1991 n. 176 e dall’articolo 24 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Per la Prima sezione civile si è verificato un vuoto normativo e interpretativo, nonostante alcune pronunce delle Sezioni Unite, a seguito della presa di posizione della Corte Costituzionale con la sentenza n. 33/ 2021 que, richiamando il valore preminente dell’interesse superiore del minore, aveva sottolineato l’importanza del riconoscimento del legame di filiazione con il genitore intenzionale e la non idoneità del ricorso all’adozione in casi particolari.
Scriveva la Consulta:
L’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite con la sentenza del 2019, che richiamava l’utilizzo dell’adozione in casi particolari e il diritto vivente non consentono di assicurare al minore nato da maternità surrogata la tutela giuridica richiesta dai principi convenzionali e costituzionali.
La Corte Costituzionale aveva chiesto al legislatore di prendere posizione, però non è stato fatto.
Secondo la Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione è indispensabile un’altra pronuncia da parte delle Sezioni Unite perché le diverse interpretazioni possibili possono portare anche a un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Dovranno essere le Sezioni Unite a fornire l’interpretazione che si adegui al dettato della Corte Costituzionale, della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e del Diritto dell’Unione Europea, con particolare relazione all’esistenza di un limite alla possibilità di non riconoscere lo stato di filiazione acquisito all’estero da un minore cittadino italiano nato da cosiddetta “maternità surrogata” nei casi nei quali si verifichi la perdita dello status, con conseguenze sulla libera circolazione.
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