Violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e dissenso presunto
Index
Lo “ius escludendi” e il consenso del titolare
Il dissenso presunto. La clandestinità e l’inganno
Lo ius escludendi e i rapporti familiari
1. Lo “ius escludendi” e il consenso del titolare
La fattispecie di cui all’art. 614 c.p è volta a tutelare l’inviolabilità dei luoghi destinati ad uso privato, ossia, quel complesso di luoghi e pertinenze in cui il soggetto può liberamente esprimere le proprie qualità siano esse lavorative, di studio o casalinghe; il suddetto articolo è volto a salvaguardare un bene fondamentale come il domicilio che viene altresì tutelato all’interno della Costituzione all’art. 14; la ratio del Legislatore è da rinvenire nella volontà di tutelare quel complesso di ambienti che si trovano nella disponibilità del possessore dai quali egli può escludervi coloro che percepisce come indesiderati.
Lo ius escludendi è quel diritto che consente al titolare, che sia possessore o proprietario, di escludere eventuali terzi dal proprio bene immobile o mobile, difatti, la fattispecie in esame è estesa anche a quel complesso di beni che, per senso comune, non vengono associati spontaneamente al domicilio (es. barche, roulotte) purché siano idonei a determinare uno spazio delimitato dal quale si possano escludere uno o più soggetti; in tal senso, assume rilevanza fondamentale l’elemento del consenso che qualora fosse presente determinerebbe l’antigiuridicità del fatto mentre in assenza configura la fattispecie di cui sopra, giova ricordare gli elementi caratterizzanti, ossia, dovrà essere esente da vizi, nonché libero, personale e validamente prestato; il titolare dello ius escludendi potrà revocare il proprio consenso in qualunque momento quindi un trattenersi successivo alla revoca configurerebbe la fattispecie in esame.
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2. Il dissenso presunto. La clandestinità e l’inganno
Il c.d dissenso presunto consiste nel desumere l’esercizio dello ius escludendi da parte del titolare qualora il soggetto attivo si introduca per fini illeciti; al fine di arginare rischi di carenza di determinatezza della fattispecie ed un eccesso di discrezionalità da parte dell’operatore giuridico, parte della giurisprudenza e della dottrina, ritengono che sia opportuno verificare le modalità attraverso le quali si manifesta l’illecito, ossia, la clandestinità o l’inganno.
La “clandestinità” ha come scopo quello di introdursi all’interno del luogo privato tenendo all’oscuro il proprietario o il possessore, di contro, l’ ”inganno” presuppone una partecipazione del soggetto passivo, per meglio dire, egli consentirà l’accesso al soggetto attivo in quanto vi è una parvenza di legittimità difatti quest’ultimo mediante raggiri od artifizi ha rappresentato una realtà “verosimile” (si pensi, ad esempio, a coloro che cercano di introdursi nelle case spacciandosi per tecnici adducendo a presunti guasti).
Al fine di estendere la tutela della fattispecie in esame, la giurisprudenza di merito ha specificato come non sarà necessaria la presenza del soggetto passivo al momento della violazione né sarà necessaria la continuazione dell’occupazione da parte di questi (es. le c.d seconde case) nonché che per privata di dimora sarà da intendersi anche l’ufficio o il luogo dove si svolge l’attività lavorativa; per ciò che concerne le “appartenenze” sarà da riferirsi a quel complesso di luoghi funzionali allo svolgimento della “privata” attività, professionale o domestica e connessi con il luogo principale (es. giardini di una casa, magazzini di un’azienda).
3. Lo ius escludendi e i rapporti familiari
Particolarmente complesso risulta essere la titolarità dello ius escludendi in presenza di più contitolari, difatti, i coniugi mantengono la medesima titolarità, ossia, il consenso di uno è inefficacie se l’altro è dissenziente nonché al fine di salvaguardare il diritto finora esaminato prevarrà sempre la “non intrusione”; parte della dottrina ritiene che essendo entrambi titolari in egual misura, il suddetto diritto andrebbe esercitato congiuntamente, ciò equivarrebbe a dire che entrambi i coniugi debbano avere la medesima volontà, tale affermazione risulta essere eccessivamente limitativa della volontà del singolo.
Per i rapporti di filiazione, parte della giurisprudenza, sostiene che sarà irrilevante l’espressione del dissenso del figlio nei confronti del genitore, non configurando così la fattispecie poiché si tratta di familiari conviventi.
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Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.
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