Riforma Penale: la Relazione dell’Ufficio Massimario

L’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione, la 7 novembre ha pubblicato una Relazione (n. 68/22) sulla disciplina transitoria e le prime questioni di diritto intertemporale della riforma penale, che entrerà in vigore il 30 dicembre prossimo.
>>>Leggi la Relazione 68/22<<<
Un chemin vers la conquête de ses droits

La premessa
La distinzione in due parti
Le circolari tematiche
La parte I in tema di “disposizioni transitorie”
La parte II: “prime questioni di diritto intertemporale”

1. La premessa
La relazione, che si estende per 59 pagine, esordisce con una premessa dove viene argomentato circa l’entrata in vigore, differita (stante il d.l. che ha posticipato l’operatività al 30.12.22) de loi. n. 150/22 (art. 99-à) e le direttrici generali della riforma penale.
2. La distinzione in due parti
Muovendo dalla distinzione dottrinaria tra diritto transitorio e diritto intertemporale, la Relazione risulta suddivisa in due parti:

la prima afferente alle disposizioni transitorie propriamente dette (articles. 85-97, d.lgs. n. 150), ossia a quelle regole materiali che il legislatore delegato ha appositamente dettato, in alcuni ambiti, per “accompagnare” la transizione dal vecchio al nuovo regime di taluni specifici istituti;
la seconda dedicata ai profili di diritto intertemporale, affrontati nella relazione in funzione sussidiaria rispetto alle disposizioni (sostanziali e processuali) di maggiore impatto o comunque che si profilano particolarmente problematiche, per guidare l’interprete nella successione di leggi nel tempo.

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3. Le circolari tematiche
Nello stesso documento è evidenziata la diramazione, da parte del Ministero della Giustizia, delle cd. circolari tematiche, preordinate ad “accompagnare gli uffici giudiziari nella fase, sicuramente molto impegnativa, di avvio dell’attuazione concreta della riforma”, definite quali “manuale d’uso” delle novità della riforma, nella finalità di fornire un primo orientamento rispetto alle discendenti problematiche di gestione, offrendo soluzioni non solo di tipo organizzativo bensì pure interpretative.
4. La parte I in tema di “disposizioni transitorie”
Viene dato atto che le singole disposizioni transitorie (contenute nel Titolo VI del d.lgs. n. 150), disciplinano talune situazioni giuridiche del passato o del presente, quindi definibili quali regole transitorie materiali destinate a regolare i procedimenti penali pendenti al 30.12.22 (articles. 85, 86, 88, 89, 90, 91, 95, 96, c. 1), mentre in ulteriori ipotesi consistono in meri differimenti di efficacia di alcune nuove disposizioni processuali, a servizio di semplici esigenze organizzative-attuative (articles. 87, 94, c. 1) ovvero per evitare il conflitto tra norme processuali (art. 94, c. 2), con conseguente disposta ultrattività delle (pregresse) norme abrogate (art. 98) o via via modificate, e infine, in ulteriori casi si dettano disposizioni di coordinamento immediatamente operative valevoli nelle more dell’entrata in vigore “a regime” di singole discipline richiedenti future disposizioni attuative (articles. 92, 93, 96, c. 2). Viene altresì evidenziato, solo per le disposizioni propriamente definibili “transitorie” (articles. 85, 86, 88, 89, 90, 91, 95, 96), che assumono tratti di inevitabile specialità ed eccezionalità, con conseguente divieto di analogia (art. 14 preleggi), essendo norme di stretta interpretazione. Per l’effetto, dal punto di vista della disciplina ivi apprestata, le medesime implicano, in quanto norme di “transizione”, una deroga, nei limiti contenuti nelle stesse norme, al principio tempus regit actum, ordinario criterio regolatore della successione delle leggi processuali nel tempo.
5. La parte II: “prime questioni di diritto intertemporale”
In merito alle modificazioni e innovazioni processuali introdotte dalla riforma, è stato osservato che il legislatore delegato ha ritenuto di non annettere alcuna disciplina transitoria, valendo per le stesse, come anche esplicitato nella Relazione illustrativa, il principio del tempus regit actum. Senonché il richiamo a tale canone generale non basta affatto all’interprete per risolvere una volta per tutte la complessità delle problematiche che, con l’entrata in vigore della riforma, si ricollegano alla successione delle leggi processual-penali nel tempo. Per la medesima Relazione, i principali problemi ermeneutici derivano dalla connotazione del processo come fenomeno non istantaneo, bensì destinato a evolversi nel tempo: che le modifiche debbano valere per tutto ciò che non è ancora “sorto”, ovvero “ha da venire” è indubbio, mentre più problematico è comprendere se ed in quale misura lo ius novum incida su atti procedimentali o processuali già compiuti nella vigenza della vecchia regola, cosicché è l’”avvenire”, a volte, cosa difficile da separare dell’”avvenuto”, essendo il processo (e prima il procedimento) penale concatenazione di atti e di fasi, tra loro legati dal perseguimento di un unico fine, l’accertamento definitivo dei fatti. Ulteriormente viene osservato che, ove la nuova legge processuale penale non rechi alcuna previsione circa i rapporti giuridici pendenti al momento della sua entrata in vigore, non è dato riscontrare una lacuna nel sistema, poiché vale il principio generale d’irretroattività ex art. 11 profiter. prel. C.C. (la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo). Mentre, sulla base dell’impostazione proposta dalla dottrina circa l’annessa definizione di tempus, le situazioni processuali sono state sintetizzate come di seguito:

atti futuri, per i quali varrà lo ius novum, in vigore dal 30.12.22;
atti già compiuti e istantanei, vale a dire i cui effetti si saranno già esauriti alla data del 29.12.22, per i quali vale la normativa previgente al momento in cui quegli atti sono stati compiuti;
atti in corso di compimento alla data di entrata in vigore della nuova disciplina;
atti compiuti ma non istantanei, con effetti non ancora esauriti.

Per l’effetto, si osserva che le ultime due situazioni risultano più complesse postulando una specifica ponderazione tra quelle due contrapposte esigenze che nella successione di leggi nel tempo trovano il loro terreno elettivo di scontro:

d'un côté, l’immediata operatività delle nuove regole e, par conséquent, delle ragioni che hanno improntato e determinato la novella legislativa;
dall’altro lato, il rispetto e la salvaguardia per l’affidamento fatto dalle parti sugli atti compiuti nel vigore della vecchia normativa, unitamente al principio di conservazione di quegli atti.

donc, si conclude che l’opzione tra le due “non è mai neutrale”: “di volta in volta, la scelta operata dall’interprete in mancanza di norme transitorie ad hoc, può portare a far prevalere un interesse diverso”.
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