Quando un giudice può collocare un minorenne in una casa famiglia?

In Italia la legge tutela le persone svantaggiate a causa delle condizioni di salute o della situazione economica e sociale nella quale vivono.
In diritto ci sono sia delle norme per gli invalidi e gli handicappati, sia altre destinate ai meno abbienti e, i minorenni beneficiano di una determinata attenzione.
Una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice può disporre in modo legittimo il collocamento di un minorenne in una casa famiglia se il genitore al quale è affidato si dimostra molto protettivo da potere essere lesivo per il benessere fisico e psichico del proprio figlio.
In questo articolo scriveremo dei casi nei quali un minorenne viene collocato in una casa famiglia.
Un chemin vers la conquête de ses droits

In che cosa consiste una casa famiglia?
A che cosa serve una casa famiglia?
Le differenze tra casa famiglia e comunità educativa
I casi nei quali un minorenne va in casa famiglia

1. In che cosa consiste una casa famiglia?
La casa famiglia consiste in una struttura nella quale sono uno o più adulti accolgono i minorenni attraverso l’affido temporaneo.
La casa famiglia ha una funzione fondamentale di assistenza nei confronti delle persone che non avrebbero un altro alloggio dove potere andare.
In questo caso si occupa dei minorenni.
Nel caso specifico, la legge stabilisce che la casa famiglia è destinata anche ai minorenni per favorire misure di carattere socio-assistenziale ed educative, che integrano o sostituiscono la famiglia (art. 2, d.m. n. 308 la 21 mai 2001).
2. A che cosa serve una casa famiglia?
La casa famiglia serve a fornire accoglienza ai minorenni che, per ordine del giudice, vengono allontanati dalla loro famiglia biologica perché non risulta adatta a poterli tenere presso di sé.
In qualche modo la casa famiglia serve a sostituire i genitori in attesa che si risolva la situazione di conflittualità o di disagio.
La finalità della casa famiglia è l’accoglienza dei minorenni che ne hanno necessità, accudendoli in un clima familiare, in modo da dare strumenti per essere pronti e accompagnati verso il loro progetto di vita definitivo come l’adozione o il rientro a casa.

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3. Le differenze tra casa famiglia e comunità educativa
La casa famiglia non deve essere confusa con la comunità educativa.
La comunità educativa può accogliere un numero maggiore di minorenni rispetto alla casa famiglia (sino a dieci) e si manifesta come una struttura gestita esclusivamente da operatori, che accompagnano i minorenni pianificando il loro percorso di formazione.
La comunità educativa ha come caratteristica la convivenza di un gruppo di minorenni con una squadra di operatori che svolgono la funzione educativa come attività di lavoro.
La casa famiglia, si riconduce molto di più a quella di un vero e proprio nucleo familiare, che ha come finalità essenziale la cura amorevole del minorenne.
Per i minorenni di età inferiore a sei anni l’inserimento può avvenire esclusivamente presso una casa famiglia.
Sono da escludere altre forme di collocamento, come ad esempio quella in una comunità educativa.
4. I casi nei quali un minorenne va in casa famiglia
Secondo la legge (art. 2, l. n. 149/2001) il minorenne che in modo temporaneo non ha un ambiente familiare idoneo è affidato a una famiglia, meglio se con figli minorenni, oppure a una persona singola, che gli possano assicurare il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive delle quali ha necessità.
Se questo non dovesse essere possibile, è permesso l’inserimento del minorenne in una comunità familiare (casa famiglia) che abbia sede in modo preferibile nel luogo più vicino a quello nel quale risiede in modo stabile il nucleo familiare di provenienza.
Il minorenne viene affidato a una casa famiglia su ordine del giudice esclusivamente quando la famiglia di origine non è in grado di provvedere alla sua crescita ed educazione.
Ad esempio, i genitori che non si occupano dei figli oppure che, a causa delle non adatte condizioni sociali, che non sono esclusivamente di carattere economico, ma sono legate anche alle abitudini di vita, come l’assunzione di alcol e di droghe, non ne sono in grado per nessun motivo.
Selon la Cour suprême de cassation (Cass., ord. 19/09/2022 n. 27346) può essere collocato in una casa famiglia il minorenne sottoposto all’attenzione maniacale della madre che cerca di escluderlo da ogni genere di relazione.
Secondo i Supremi Giudici, anche i genitori molto protettivi rischiano di perdere l’affidamento dei figli, quando un simile comportamento rappresenta un concreto pericolo per il benessere del minorenne.
Nel caso in questione, la Suprema Corte ha ritenuto corretto sottrarre il figlio alle attenzioni ossessive della madre che, sfruttando la sua patologia (soffre di epilessia), gli impediva di avere contatti con il mondo esterno, anche con il padre, in modo da procurargli degli inconvenienti di motricità perché non abituato a camminare e correre.
La donna gli aveva impedito la frequentazione della scuola materna e aveva sottratto il piccolo anche alla scuola dell’obbligo.
Simili comportamenti hanno portato a una condanna penale e alla perdita del bambino, assegnato a una casa famiglia per impedire che potesse essere succube di altri pregiudizi.
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I minori nei servizi demografici

I minori, in quanto soggetti deboli ai quali l’ordinamento riconosce una particolare tutela, proprio per tale loro condizione provocano, quasi istintivamente, attenzione da parte degli operatori dei servizi demografici, che da sempre adottano comportamenti di grande cautela negli adempimenti che li riguardano.

I frequenti interventi del legislatore e, dernièrement, l’abbondante giurisprudenza su aspetti particolarmente delicati e controversi, hanno reso il quadro giuridico sempre più complesso.

Per questo si è ritenuto necessario realizzare una specifica guida per gli ufficiali di stato civile e di anagrafe, uno strumento operativo da utilizzare in presenza degli innumerevoli adempimenti e procedure che coinvolgano, juste, i minori.

Il libro è organizzato in tre distinte parti: le prime due, strettamente connesse allo stato civile, seguono il minore dalla nascita, affrontando tutte le problematiche relative alla filiazione, alla denuncia di nascita e formazione del relativo atto, al riconoscimento, alla trascrizione degli atti di nascita provenienti dall’estero, con particolare attenzione ai casi di filiazione da genitori dello stesso sesso e di maternità surrogata, alla disciplina del cognome, alle diverse forme di adozione ai limiti in materia matrimoniale e ai risvolti in tema di attribuzione ed acquisto della cittadinanza italiana.

La terza parte esamina la situazione del minore dal punto di vista dell’anagrafe, in tutti gli aspetti connessi all’iscrizione anagrafica e alle problematiche risultanti dai rapporti con i genitori: dall’iscrizione per nascita, per immigrazione dall’estero o anche in attesa di adozione, fino al rilascio di certificazione, per poi analizzare le difficoltà relative all’identificazione del minore, al rilascio dei documenti di identità e di riconoscimento, senza dimenticare, De toute évidence, i minori stranieri e le procedure che li riguardano.

Dall’analisi della normativa di riferimento si passa all’approfondimento delle diverse fattispecie e all’esposizione delle singole ipotesi; si forniscono indicazioni sugli adempimenti da svolgere, sulle procedure da seguire e sui percorsi per la risoluzione delle problematiche quotidiane anche attraverso l’esemplificazioni di casi pratici.

Renzo Calvigioni
Già responsabile Servizi Demografici, esper- to e docente Anusca, Direttore della rivista “I Servizi Demografici”.
Liliana Palmieri
Funzionario Responsabile Affari Generali Risorse Umane e Servizi Demografici del Comune di Treia, esperta e docente Anusca.
Tiziana Piola
Responsabile Servizi Demografici del comu- ne di Savona, esperta e docente Anusca.

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Liliana Palmieri, Renzo Calvigioni, Tiziana Piola, 2018, Editeur Maggs

54.00 €

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