Quando l’atto che estrinseca la volontà del giudice è solo il dispositivo

 (Annullamento parziale)
(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 125)
Il fatto
Il Tribunale di Ascoli Piceno applicava, su richiesta delle parti, all’imputato la pena di mesi 2 e giorni 20 di arresto ed Euro 667,00 di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. C) e comma 2-sexies.
Volume consigliato

Manuale operativo dell’esecuzione penale
Cristina Marzagalli, 2020, Maggioli Editore
Con un taglio pratico e operativo, l’opera analizza la fase esecutiva che segue il processo di cognizione e che si apre con la riconosciuta responsabilità penale dell’imputato.
Attenzione è dedicata ai rapporti funzionali tra il processo di cognizione,…

26,00 € 22,10 € Acquista

su www.maggiolieditore.it

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando violazione di legge in relazione all’art. 448 c.p.p., comma 2-bis e art. 163 c.p..
Si deduce in particolare come nel caso in questione non vi fosse correlazione tra la richiesta di patteggiamento concordata tra l’imputato e il P.M. e la sentenza emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno posto che la richiesta di applicazione della pena – per la quale il P.M. aveva prestato il proprio consenso- era espressamente subordinata alla concessione della sospensione condizionale della pena ma il Giudice aveva omesso di disporre il beneficio suddetto.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva stimato fondato per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal proposito prima di tutto che, qualora il giudice del patteggiamento abbia omesso di pronunciarsi nella sentenza di applicazione della pena concordata, la mancata pronuncia è da ascrivere a mera omissione materiale a cui può ovviare la Corte di cassazione disponendo direttamente l’integrazione sul punto della sentenza impugnata (cfr. Sez. 4, n. 41582 del 03/11/2010; si veda anche Sez. 1, n. 37243 del 25/06/2019) visto che l’art. 444 c.p.p., comma 3, prevede che il giudice, se ritiene che la sospensione richiesta non può essere concessa, rigetta la richiesta.
Orbene, a fronte di tale approdo ermeneutico, gli Ermellini rilevavano come, nel caso di specie, invece, pur essendo stata applicata la pena come concordata, non era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale alla quale era stato espressamente subordinato l’accordo evidenziandosi al contempo che -in motivazione- lo stesso giudice riportava il seguente passaggio decisionale: “Sentito il parere favorevole espresso dal P.M. su tutta la proposta…” e nel dispositivo si dava atto della “conforme richiesta delle parti…” escludendo ciò, ad avviso del Supremo Consesso, ragionevolmente, che il decidente avesse inteso discostarsi dal patto per negare la sospensione condizionale della pena.
Oltre a ciò, una volta fatto presente che, nella specie, la peculiare struttura della sentenza che ha ratificato il patteggiamento, vale a dire una sentenza resa con motivazione contestuale, ai sensi dell’art. 544 c.p.p., comma 1, si notava che -posto l’assunto di ordine generale secondo cui, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (v. Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018) – è di particolare significato la specificazione che il principio per cui l’atto che estrinseca la volontà del giudice è solo il dispositivo, che non può subire modifiche, integrazioni o sostituzioni con la motivazione, opera soltanto quando il dispositivo venga formato e pubblicato in udienza prima della redazione della motivazione, non, invece, quando il dispositivo e la motivazione siano formati e pubblicati contestualmente in un unico documento, formante ab origine corpo provvedimentale unitariamente espresso poiché in tal caso è pienamente legittimo interpretare o integrare il dispositivo sulla base della motivazione (cfr. Sez. 1, n. 50488 del 07/10/2018; Sez. 2, n. 938 del 23/09/2015).
Precisato ciò, il Supremo Consesso, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, riteneva ragionevole considerare come il giudice fosse incorso in una mera omissione materiale emendabile, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), disponendosi a tal fine la sospensione condizionale della pena previo annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui spiega quando l’atto che estrinseca la volontà del giudice è solo il dispositivo.
Difatti, in tale pronuncia – dopo essere stato fatto presente che, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso – si afferma però che il principio per cui l’atto che estrinseca la volontà del giudice è solo il dispositivo, che non può subire modifiche, integrazioni o sostituzioni con la motivazione, opera soltanto quando il dispositivo venga formato e pubblicato in udienza prima della redazione della motivazione, non, invece, quando il dispositivo e la motivazione siano formati e pubblicati contestualmente in un unico documento, formante ab origine corpo provvedimentale unitariamente espresso poiché in tal caso è pienamente legittimo interpretare o integrare il dispositivo sulla base della motivazione.
Tale provvedimento, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare se rilevi unicamente il dispositivo, in quanto unica “parte” dell’atto da cui evincere la volontà decisoria del giudice, o, invece, deve tenersi conto pure della motivazione.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
Volume consigliato

Manuale operativo dell’esecuzione penale
Cristina Marzagalli, 2020, Maggioli Editore
Con un taglio pratico e operativo, l’opera analizza la fase esecutiva che segue il processo di cognizione e che si apre con la riconosciuta responsabilità penale dell’imputato.
Attenzione è dedicata ai rapporti funzionali tra il processo di cognizione,…

26,00 € 22,10 € Acquista

su www.maggiolieditore.it

 
 

Diventa autore di Diritto.it
Scopri di più!

Ti potrebbe interessare anche

L’errore di giudizio non rileva in tema di ricorso straordinario

di Di Tullio D’Elisiis Antonio
23 marzo 2020

La violazione dell’art. 192 c.p.p. non può essere dedotto come motivo di ricorso per Cassazione a norma dell’art. 606, c. 1, lett. c), c.p.p.

di Di Tullio D’Elisiis Antonio
4 dicembre 2020

Non costituisce legittimo impedimento del difensore le avverse condizioni meteo se non si prova l’impossibilità di raggiungere la sede giudiziaria dove si deve celebrare l’udienza e l’imprevedibilità di queste condizioni

di Di Tullio D’Elisiis Antonio
10 aprile 2019

In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, quando è possibile ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza?

di Di Tullio D’Elisiis Antonio
29 aprile 2020

The post Quando l’atto che estrinseca la volontà del giudice è solo il dispositivo appeared first on Diritto.it.
Source: Diritto.it