Problemi di salute del minore e residenza del padre in altro luogo, non giustificano l’affido esclusivo alla madre

La relazione tra i genitori non coniugati era naufragata pochi mesi dopo la scoperta della gravidanza, stoga, abbandonato il progetto di vita comune, la gestante tornava nella propria abitazione, distante circa 250 km rispetto a quella dell’ex compagno.
La nascita del minore veniva inizialmente taciuta, ovvero comunicata dopo qualche giorno, adducendo problemi di salute legati al parto d’urgenza, rimanendo un mistero perché neppure altri familiari della donna avessero avvertito il papà del neonato.
Il riconoscimento, di fatto, veniva eseguito soltanto dalla madre, mentre il padre si trovava costretto ad adire il Tribunale per ottenere il riconoscimento della paternità, subordinato dalla controparte ad un accordo globale relativo al mantenimento e al rimborso delle spese. Ricevuto atto di citazione, la madre si costituiva prestando il consenso al riconoscimento, tuttavia il giudizio proseguiva sulle condizioni del mantenimento per le quali veniva inizialmente raggiunto un accordo ratificato dal Tribunale, di seguito riportate.

“Il figlio minore *** è affidato ad entrambi i genitori con modalità condivisa; le decisioni di maggior interesse relative all’istruzione, all’educazione e alla salute saranno assunte di comune accordo tra i genitori; gli stessi eserciteranno separatamente la responsabilità genitoriale in ordine alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione nel periodo di permanenza del figlio presso di sé.
Il figlio avrà stabile residenza presso la madre in ***.
Il padre vedrà e terrà con sé il figlio, allo stato senza pernottamento, con riserva di rivalutazione entro otto mesi, per un fine settimana al mese previamente concordato e uno o più giorni infrasettimanali previo accordo con la madre e nel rispetto delle esigenze del bambino.
Il padre si impegna a essere presente in occasione di alcune visite mediche del minore e ad accompagnarlo qualche volta alla scuola di musica.
I genitori si impegnano entrambi al mantenimento di relazioni significative con i nonni, al momento senza pernottamento e sempre previo accordo e nel rispetto delle esigenze del bambino.
L’ing. *** si impegna a versare alla dott.ssa ***a titolo di contributo al mantenimento del figlio entro il giorno 25 del mese precedente, l’assegno mensile di € 600,00 rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT oltre al 50% delle spese straordinarie, per tali intendendosi in questa fase di crescita del bambino, le spese mediche non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale, le spese per la scuola di musica e per l’asilo comunale, nonché i parafarmaci o integratori prescritti da medico specialista dal quale i genitori si recheranno insieme.
Le parti si impegnano, recependo la raccomandazione del Presidente, a cercare un accordo in ordine al rimborso di quota parte delle spese già anticipate dalla ***”.

La prospettata rivalutazione circa la possibilità di pernottamento non veniva attuata, impedendo al minore di vivere momenti di vita quotidiana presso l’abitazione paterna, dapprima perché ritenuto inopportuno data la tenera età (ricorso esperito nel terzo anno di vita del minore) e in seguito a causa degli ostacoli frapposti dalla madre, convinta di essere l’unica figura in grado di garantire al piccolo le dovute cure alimentari ed evacuative.
Iniziava così il lungo calvario ospedaliero, escludendo patologie più gravi di una forma di stipsi trattabile con opportuni farmaci e integratori e con uno stile di vita sano e all’aria aperta, oltre che giudiziario, dovendo attendere quattro anni per la definizione con sentenza.
Il Tribunale aveva più volte rinviato la causa in attesa dell’espletamento di visite specialistiche presso un medico fiduciario ovvero il consigliato ricovero presso il Bambin Gesù di Roma, mai effettuato. Veniva infine disposta consulenza medico legale che definitivamente pronunciando, sia attraverso la visita del piccolo, sia attraverso l’esame documentale dei vari referti ottenuti nel corso degli anni, escludeva la presenza di patologie invalidanti e impeditive del pernottamento presso la dimora paterna.
La madre tentava allora di illustrare al Giudice un altro possibile impedimento: la violenza verbale e caratteriale dell’ex compagno e padre del minore, in quanto regalava al figlio armi (giocattoli comunemente apprezzati dai bambini).
Tali affermazioni – evidentemente infondate – determinavano il Presidente a rimettere la causa in decisione, giungendo a sentenza.
Rileva il Collegio che all’esito di un periodo di osservazione protratto per circa tre anni, vadano sostanzialmente confermate le condizioni di affidamento del minore, e quelle economiche liberamente concordate dalle parti.
La conflittualità della coppia genitoriale, di certo esasperata e refrattaria ad ogni tentativo di mediazione, è rimasta infatti circoscritta alla sfera sanitaria, dalla quale derivano poi le apprensioni e i divieti materni nei confronti del padre – segnatamente quello del pernottamento e di portare con sé il figlio per qualche giorno a *** a casa dei nonni – e la conseguente esasperazione del sig. *** che si sente ingiustamente limitato, estromesso, nelle funzioni genitoriali.
[] Alla gravità delle accuse (reciproche, formalizzate nelle difese tecniche) si contrappone peraltro, in evidente contrasto, il comportamento concretamente tenuto da entrambi, che ne comprova l’apertura alla genitorialità dell’altro e l’adeguatezza genitoriale.
[] Alla luce di tale situazione va pertanto confermato l’affidamento condiviso del minore, non costituendo ad evidenza controindicazione le circostanze, addotte dalla difesa della madre, della distanza del luogo di residenza del padre *** ovvero la conflittualità, indubbiamente esasperata ma anche coltivata ad arte in funzione processuale ed imputabile comunque ad entrambi i genitori (ché se la situazione perdura e si aggrava potrebbero semmai ravvisarsi i presupposti per l’adozione di provvedimenti de potestate e di affidamento al Servizio Sociale, forse anche con collocazione etero-familiare), o ancora l’asserita, ma non effettiva come accertato anche tramite CTU, indispensabilità della madre a farsi carico delle esigenze di salute del figlio.
, valutata anche la delicatezza della situazione, sussistono i presupposti per l’attribuzione di una sfera di responsabilità esclusiva all’uno o all’altro genitore in materia sanitaria, assolvendo il Collegio al compito di decidere in ordine all’istanza della difesa materna di procedere, in mancanza dell’assenso del padre, ad ulteriori indagini diagnostiche proposte dal proprio consulente di parte e respinte dal CTU.
Si reputa invece assai opportuno, e anzi doveroso considerata la storia clinica del paziente [] dare seria e concreta attuazione, da parte di entrambi i genitori e soprattutto della madre collocataria, alle indicazioni e alle prescrizioni del CTU, piuttosto che insistere in un percorso diagnostico che obiettivamente rischia di precipitare in un caso di accanimento diagnostico e terapeutico.
Per vigilare sulla corretta attuazione di tali prescrizioni, stoga, si dispone la vigilanza del Giudice tutelare e del Servizio Tutela Minori, al quale si conferisce mandato di attivare un percorso di sostegno alla co-genitorialità ed, eventualmente, psicologico per il minore.
Il Tribunale prosegue poi disciplinando il calendario delle visite e confermando la misura del mantenimento in € 600,00 oltre al 50% delle spese straordinarie, essendo ad evidenza sproporzionato e non educativo un contributo di € 1.000,00 al mese oltre spese straordinarie, richiesto dalla madre.
Le spese di causa, liquidate in dispositivo tenendo conto dei parametri medi per le cause di valore indeterminabile di complessità media vanno poste a carico della resistente, soccombente su tutti i punti, in € 10.343,00 a titolo di compenso, više 15% spese generali, IVA e CPA come per legge, ponendo definitivamente a carico di entrambe le parti in egual misura le spese della CTU espletata.
Le conclusioni non accolte
Il ricorrente instava per la riduzione del mantenimento ad € 500 oltre al 50% delle spese straordinarie, per l’autorizzazione all’utilizzo di un cellulare per i contatti diretti padre-figlio, per la condanna della controparte alle spese di lite e in egual misura per responsabilità aggravata.
La controparte chiedeva affidamento esclusivo del minore, € 1.000,00 a titolo di mantenimento dello stesso oltre al 60 % delle spese straordinarie, in subordine affido esclusivo in materia sanitaria.
L’equilibrio posto dal Tribunale
Nel rispetto del primario interesse del minore, considerata la sua condizione di salute non particolarmente grave o impeditiva di pernottamenti presso il padre, il Tribunale confermava l’affidamento condiviso, ammonendo entrambi i genitori che laddove persistessero nella conflittualità, costruita ad arte da entrambi nella vicenda processuale, il minore rischierebbe l’affidamento etero-familiare, disponendo da subito la vigilanza del Servizio Tutela Minori.
L’interesse del minore rappresenta infatti l’unica chiave interpretativa nella scelta tra le due tipologie di affidamento (condiviso, monogenitoriale), essendo fondamentale la crescita armonica e sana del figlio. In base a tale assunto, stoga, si giustifica altresì la soddisfazione in forme differenti, quali l’affido etero familiare (v. in dottrina cassano, La tutela del padre nell’affidamento condiviso, 2017).
umjetnost. 337 Utorak, commi 1 e 2 C.C., stabilisce “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.”
Nei casi in cui vi siano impedimenti per la crescita sana ed equilibrata del minore, spetta al Tribunale l’adozione dei provvedimenti opportuni, tra i quali l’affidamento familiare che va inteso in via residuale ma pur sempre nella salvaguardia del contesto familiare di provenienza (nonni, zii) proprio in attuazione del diritto del minore di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Solo ove manchino figure idonee si potrà ricorrere all’affidamento etero-familiare presso terzi.
L’appello proposto dalla madre e la decisione della Corte
La difesa della madre presentava atto di appello, con il quale chiedeva disporsi che l’affidamento condiviso non comprendesse le questioni di natura sanitaria a carattere straordinario e che venisse disposto l’accertamento diagnostico suggerito dal proprio ctp in primo grado, con contributo economico al mantenimento in € 1.000,00 mensili, oltre alla restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della sentenza, ritenendo non ravvisata la propria totale soccombenza..
All’udienza di comparizione, la difesa della madre dichiarava di rinunciare ai primi due motivi di appello, sostenendo che da almeno sei mesi (quindi già prima del deposito dell’atto di appello, sic!!!) le condizioni di salute del minore erano migliorate, insistendo invece sulla domanda di carattere economico.
La difesa paterna, che aveva chiesto in via istruttoria l’acquisizione della relazione dei servizi sociali depositata in Tribunale, producendo documentazione sopraggiunta, evidenziava la contraddittorietà e la pretestuosità della posizione processuale di controparte.
La Corte di Appello ha stabilito, in riferimento al contributo nella misura di € 600,00 mensili: “Non risulta allo stato che vi siano ragioni per ritenerla inadeguata rispetto alle esigenze del minore o per fatti sopravvenuti. Tanto più che uno degli argomenti utilizzati per impugnare, vale a dire le notevoli spese che la patologia del bambino comporterebbe, risulta infine contraddetta dalla rinuncia alle domande in materia sanitaria, giustificata con il soddisfacente equilibrio raggiunto e con la maturatasi tranquillità sugli sviluppi riguardanti la salute. Il resto appaiono elementi non decisivi per genericità o comunque perché già risalenti, per lo meno come epoca, a quella della concordata misura: la cancellazione della partita Iva, giustificata con il totale impegno alla cura del figlio, risale infatti all’anno 2014.”
La questione relativa alla presunta soccombenza parziale è stata risolta dalla Corte di Appello aderendo al principio di causalità, ovvero individuando a chi sia addebitabile sia il procedimento che la sua complessità e la sua durata.
“Non è dunque risolutiva una sorta di contabilità tra le rispettive domande iniziali e la decisione definitiva. Per quanto, sia pur sommariamente, richiamato, due questioni hanno sovrastato le altre: la paternità, per il cui riconoscimento è comunque occorsa una decisione giudiziale, e il trattamento sanitario della patologia del bambino, che ha comportato addirittura una rimessione in istruttoria a fronte di massiccia produzione documentale da parte della madre. Alla fine il Tribunale ha riconosciuto la paternità e ha accertato la adeguatezza della diagnosi e del trattamento terapeutico della patologia, fortemente avversati dalla madre. E se quanto al concorso nel mantenimento ordinario la richiesta di *** era inferiore allo statuito, è pur vero che detta statuizione si fonda principalmente proprio sul concordato tra le parti. Dunque bene ha fatto il Tribunale a riconoscere nel comportamento di *** la causa fondamentale della lite”.
In definitiva, con sentenza pubblicata il 17.04.2018 la Corte di Appello ha confermato integralmente la sentenza del Tribunale, con condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali.
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L’affidamento del minore
Damiano Marinelli, Vinci Natale Luciano, 2017, Maggs Izdavač
Con taglio pratico e utili formule, l’opera è un’analisi delle criticità legate all’affidamento del minore.Attraverso il supporto degli orientamenti giurisprudenziali e di consigli operativi, si offrono le soluzioni ai principali quesiti relativi al

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