Politiche pubbliche ambientali – Parte terza
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Osserva Friedman che “non esiste un pasto gratis per la collettività” in quanto quello che è gratis per qualcuno risulta a carico di qualcun altro, nella complessità della struttura sociale risulta tuttavia difficile seguire i vari intrecci che conducono ad una redistribuzione quale conseguenza di ogni decisione pubblica, come le continue esternalizzazioni da inquinamento che ogni nostra condotta comporta, a riguardo si parla di “inquinanti di flusso” quando si tratta di sostanze che possono essere assorbite dall’ambiente attraverso una trasformazione naturale (CO2) e di “inquinamento di stock” nel caso di accumulo senza possibilità di un rapido assorbimento (plastica, diossina), questi a loro volta possono avere il carattere di superficialità o globalità a seconda se riguardano la terra o l’acqua e l’aria, mentre gli inquinanti di flusso possono essere più facilmente trattati essendo possibili degli accordi tra danneggianti e danneggiati nell’ipotesi di inquinanti di stock solo decisi interventi pubblici possono risolvere la situazione essendo inquinamenti le cui conseguenze si manifesteranno chiaramente solo nel futuro.
Nello scegliere la migliore politica pubblica relativa all’ambiente si deve tenere conto non solo dell’efficacia rispetto al costo dei singoli strumenti usati, che nell’impossibilità di eliminare totalmente gli inquinamenti, se non bloccando i processi produttivi, si deve ottenere un inquinamento ottimale che corrisponda all’uguaglianza tra costi di abbattimento e danni per la società, ma anche l’equità e l’attuabilità ossia il grado di difficoltà nel fare rispettare le disposizioni stabilite (enforceability), considerando i costi e le difficoltà di monitoraggio e sanzionamento per un controllo puramente legislativo.
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L’approccio legislativo si fonda sull’imposizione di standard, ossia livelli obbligatori di performance, che solo all’apparenza appaiono più semplici dando in realtà luogo a complicazioni applicative e a notevoli costi, questi standard possono essere, in quanto performance, o ambientali o di emissione e si differenziano da quelli metodologici o tecnologici.
Varie sono le difficoltà incontrate che vanno dalla determinazione di una soglia di inquinante all’impossibilità di graduarne gli effetti anche con riferimento alle caratteristiche delle diverse aree geografiche, dalla diversità delle fonti alla mancanza di stimolo all’innovazione tecnologica una volta rispettati gli standard, oltre ai già citati problemi amministrativi (enforcement).
Riscontrate le problematiche esistenti per l’impianto di un ampio sistema di controllo non restano che le politiche di incentivo, le quali consistono in due tipologie, tasse e sussidi o permessi di emissione negoziabili, le tasse sulla quantità di emissione con la ricerca conseguente di un loro abbattimento tecnologico inducono comportamenti individuali desiderabili per la collettività nel lungo periodo, manifestandosi con chiarezza il principio economico dell’efficienza nella minimizzazione dei costi con l’uguaglianza dei costi marginali, i sussidi finanziari all’abbattimento degli inquinanti risultano essere più graditi alle imprese e sembrerebbero avere eguali risultati, tuttavia il sistema dei sussidi tende a distorcere i comportamenti inducendo le imprese ad innalzare i livelli di inquinamento per conseguire quote maggiori di sussidio, nonché indurrebbe l’entrata nel mercato di nuove imprese aumentando di fatto l’inquinamento e i costi per l’incentivo finanziario, questo comporterebbe la necessità di incrementare la macchina burocratica dedicata con ulteriori costi al fine di procedere ai monitoraggi, infine una volta introdotti i finanziamenti diventa difficile ridurli a seguito delle pressioni lobbistiche, per superare tali difficoltà si è fatto ricorso, specialmente negli Stati Uniti, al sistema dei depositi cauzionali (deposit – refund systems), una combinazione di tassazione e sussidio nel restituire l’ammontare del deposito alla riduzione dell’inquinante.
Sebbene efficiente in termini di costo il sistema della tassazione presenta degli aspetti negativi dati dalla resistenza alla loro introduzione e comunque alla creazione di una amministrazione dedicata al monitoraggio e alla sanzione, con riferimento a questi aspetti gli economisti preferiscono la creazione di un mercato regolato di diritti o permessi negoziabili, la creazione di un nuovo diritto di proprietà presenta comunque delle problematiche legate al numero e al modo della loro distribuzione iniziale oltre che alla determinazione delle regole poste alla base degli scambi, una loro errata distribuzione e regolamentazione creerebbe distorsioni e resistenze.
Il problema della scelta di politiche pubbliche ambientali efficienti si riflette in innumerevoli ambiti, dalla perdita della biodiversità ai cambiamenti climatici, dallo scioglimento delle calotte polari alla desertificazione, dal cambiamento delle correnti marine al degrado delle coste, circostanze che conducono anche a spostamenti biblici di intere popolazioni, a conflitti a bassa intensità premesse per future guerre e incontrollati scoppi di violenza, fenomeni irreversibili che rendono imprevedibili i futuri scenari economici e geopolitici, si stima in circa 135 milioni il numero delle persone che dovranno spostarsi per l’avanzare della desertificazione di cui 60 milioni dall’Africa sub sahariana, flussi su cui si innesteranno interessi di sfruttamento che destabilizzeranno ulteriormente vaste aree geografiche, la stessa Europa non è immune dai fenomeni di desertificazione e la stessa Italia si stima che abbia a rischio il 27-30% del territorio nazionale.
Cifre quali l’incremento di popolazione superiore ai 100 milioni nelle città costiere del Mediterraneo e 300 milioni di turisti sul suo bacino rendono problematica la sostenibilità, considerando la desertificazione in atto (A sustainable Future for The Mediterranean: the Blue Plan’s Environment e Development Outlook), con la conseguente riduzione di disponibilità di acque dolci, tanto che la Banca mondiale ha stimato il valore della perdita dei terreni in circa 42 miliardi di dollari USA annui (World Bank Development Report 2003, New York, Oxford University Press, 2003), la minaccia si estende a 3,6 su 5,2 miliardi di ettari di terre aride utilizzate a fini agricoli, tanto che si è introdotto accanto alle figure di rifugiato politico, immigrato economico, quello di rifugiato ambientale, in cui crescita demografica incontrollata e condizioni di povertà sono concausa del declino ambientale (Myers).
In questa situazione gli interventi contenziosi davanti alle autorità giudiziarie risultano essere nazionali, come nel caso della Sentenza del 2005 della District Court for the Northen District of California San Francisco (City of Boulder, Colorado; City of Arcata; City of Oakland, City Santa Monica, California; Friends of the Earth, Inc.; Greenpace, Inc.; V/s Export Import Bank; OPIC), risultano essere del tutto parziali, di carattere microeconomico, aventi una valenza tattica, possibili vittorie tattiche che non possono ribaltare il degrado in atto se non calate in una visione strategica di carattere macroeconomico, si deve passare dalla microconflittualità al coinvolgimento di interessi ed emotività dei vari portatori di interessi, evitando il crescere a dismisura di strutture puramente burocratiche di controllo e sanzione a favore di procedure di autoregolazione come innanzi descritte.
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