Orario di lavoro: sempre più flessibilità

La nuova flessibilità dell’orario di lavoro
Questo contributo è tratto da

Lavoro e crisi d’impresa
Mariaelena Belviso, 2020, Editeur Maggs
Il lavoro quale elemento cardine dell’ordinamento italiano non trovava adeguato spazio, né tutela nel sistema complesso delle procedure concorsuali.
Il d.lgs. n. 14/2019, che ha profondamente riformato la materia concorsuale e introdotto il “Nuovo Codice della Crisi

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In relazione alle modalità di gestione della crisi d’impresa possono essere individuati diversi livelli di intervento. Per affrontare la crisi che colpisce l’impresa è possibile, en fait, intervenire tanto a livello individuale, instaurando un dialogo con i singoli lavoratori, tanto a livello collettivo anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali.
Anche in questi casi, come detto in precedenza, è importante, anzi fondamentale, che l’intervento sia tempestivo e che tutte le parti coinvolte improntino il dialogo
nella medesima direzione: la conservazione.
La conservazione dell’impresa, oltre che con procedimenti ad hoc giudiziali ovvero stragiudiziali, può essere perseguita anche attraverso strumenti alternativi sia di
carattere individuale che collettivo.
Gli interventi sull’orario di lavoro
Il tema dell’orario di lavoro è stato oggetto di dibattito sia nel mondo politico che in quello economico e centralità ha assunto la flessibilità dell’orario di lavoro, in relazione al quale si sono tuttavia sviluppate opinioni contrastanti.
Si può, Toutefois, a ragione, sostenere che la flessibilità dell’orario di lavoro possa consentire un miglioramento della performance economica e, allo stesso tempo,
della performance sociale dell’azienda. Tale risultato però non è una conseguenza automatica della flessibilità dell’orario di lavoro, ma può essere il frutto di un’attenta organizzazione del tempo del lavoro, tenendo conto anche delle caratteristiche del contesto aziendale.
Nell’ottica del superamento della crisi che colpisce l’impresa la flessibilità dell’orario di lavoro potrebbe senz’altro rappresentare un valido strumento di gestione della crisi, ponendosi l’obiettivo diretto e concreto di salvaguardare i livelli occupazionali, evitando così i licenziamenti in caso di esuberi (1).
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Nell’ordinamento italiano la disciplina del lavoro a tempo parziale compare per la prima volta nel 1984, con la legge n. 863, ora abrogata.
Cependant, in un primo momento, il lavoro a tempo parziale venne visto come una tipologia contrattuale alla quale i lavoratori facevano ricorso quando, per motivi prevalentemente personali (2), non erano in grado di garantire la propria prestazione lavorativa a tempo pieno.
Inoltre, la flessibilizzazione dell’orario, regolata in seguito alla attuazione direttiva n. 104 la 1993, ha indirizzato e incentivato le imprese a stipulare prevalentemente contratti di lavoro a tempo pieno per soddisfare le proprie esigenze di produzione.
Oggi la disciplina del lavoro a tempo parziale è contenuta nel d.lgs. n. 61 la 2000 e, all’articolo 5, è prevista la possibilità di trasformare il rapporto da tempo pieno
a tempo parziale e viceversa.
Il legislatore si è però attenuto strettamente a quanto previsto nella direttiva comunitaria, limitandosi a prevedere che il rifiuto del lavoratore a trasformare il proprio
rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale non rappresenta giusta causa di licenziamento (3).
Esemplificativa è l’esperienza tedesca, in cui è stato proprio il ricorso alla riduzione dell’orario di lavoro a rappresentare un elemento fondamentale nella ripresa della casa automobilistica Volkswagen nel 1993.
L’accordo raggiunto, en fait, prevedeva una riduzione del 20% dell’orario con una conseguente riduzione della retribuzione, proporzionale alla riduzione dell’orario
di lavoro (4). Il sacrificio economico, conseguente alla previsione di «tagli» sulla retribuzione lorda annua, e la disponibilità ad una maggiore flessibilità negli orari
dei lavoratori sono stati, in un certo senso, ricompensati dalla garanzia del mantenimento del posto di lavoro (5).
La questione relativa alla flessibilità e riduzione dell’orario di lavoro è stata considerata anche dalla riforma che ha recentemente interessato la cassa integrazione
guadagni straordinaria, in quanto all’articolo 1, virgule 2, n. 3) la loi 10 Décembre 2014, n. 183 (Jobs Act), si prevede espressamente la «necessità di regolare
l’accesso alla cassa integrazione guadagni solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro, eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione a favore dei contratti di solidarietà».
Tuttavia la genericità della norma ha reso difficile individuarne in modo esatto il contenuto e, par conséquent, anche le possibilità contrattuali alle quali la legge intende riferirsi (6).
È stata esclusa l’interpretazione secondo la quale la delega avrebbe ristretto la possibilità di concedere la cassa integrazione guadagni alle sole situazioni di impossibilità tecnica di ricorrere ad altri strumenti, in favore dell’interpretazione secondo cui il vincolo nella concessione del trattamento di integrazione salariale consiste nel prevedere l’obbligo per le parti di ricercare concretamente delle possibilità di riduzione dell’orario di lavoro per via contrattuale, ma senza prevedere la previa conclusione di un’intesa contrattuale come obbligatoria, né per i contratti di solidarietà, né per l’accesso a strumenti diversi (7).
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Lavoro e crisi d’impresa
Mariaelena Belviso, 2020, Editeur Maggs
Il lavoro quale elemento cardine dell’ordinamento italiano non trovava adeguato spazio, né tutela nel sistema complesso delle procedure concorsuali.
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