Nuovi modi per annullare i testamenti dei genitori?
Criticità della sent. Cass. n. 18197/2020
L’esistenza di un patto successorio istitutivo non deve risultare necessariamente dal testamento o da atto scritto, potendo al contrario essere dimostrata con qualunque mezzo, giacché si tratta di provare un accordo che la legge considera illecito.
Cosa sono i patti successori?
umjetnost. 458 del Codice Civile sancisce il divieto dei patti successori, ossia degli accordi o convenzioni per mortis causa con cui le parti dispongono di una futura successione. Ciò vuol dire che, almeno a livello teorico, è vietato ogni tipo di accordo tra genitori e figli volto alla ripartizione dell’eredità, finché i genitori sono ancora in vita.
Il codice civile vieta questi patti, perché la successione può avvenire solo secondo i criteri dettati dalla legge o in esecuzione di disposizioni testamentarie.
La norma individua le tre tipologie di patti successori in istitutivi, dispositivi e rinunziativi.
Il patto successorio istitutivo è il contratto successorio a titolo gratuito od oneroso, avente natura di negozio mortis causa, con cui taluno dispone della propria successione.
Esso è quindi l’accordo dei genitori per dividere l’eredità tra i figli, quando verranno a mancare.
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Perché sono vietati i patti successori
Il divieto dei patti successori istitutivi trova fondamento nell’inammissibilità di una fonte pattizia della delazione: se padre e madre contraessero un patto successorio con cui decidessero di lasciare un bene al primo figlio Tizio, perderebbero il potere di revoca se poi in secondo momento decidessero di dividere il bene equamente anche con l’altro figlio Caio; verrebbe meno il principio di libertà testamentaria.
La nullità di un patto successorio può essere fatta valere da chiunque, non solo dagli eredi, e può essere rilevata d’ufficio dal giudice; la relativa azione è imprescrittibile.
Il codice trova l’unica eccezione al divieto dei patti successori, nel patto di famiglia, previsto dall’art. 768-bis del codice civile; si tratta del contratto con cui il genitore imprenditore o titolare di partecipazioni societarie, trasferisce l’azienda o le quote ad uno o più discendenti. In questo caso il codice dà priorità alla continuità nella gestione dell’azienda o della partecipazione sociale.
La prassi del raggiro del divieto mediante testamento simultaneo
Il divieto dei patti successori è spesso raggirato mediante l’utilizzo di Testamenti Simultanei, ossia atti testamentari redatti nella stessa data, presso lo stesso Notaio, anche sullo stesso foglio, aventi il medesimo contenuto.
Infatti, se l’art. 589 del Codice Civile dispone il divieto di Testamento Congiuntivo o Reciproco, ossia che padre e madre non possono fare un testamento in comune né a vantaggio dei figli, né a vantaggio reciproco (del coniuge superstite), è invece ammissibile l’ipotesi di Testamento Simultaneo: quindi padre e madre possono redigere due disposizioni testamentarie, a favore dei figli o reciproche, le quali, anche se di fatto scritte sullo stesso foglio, costituiscono due atti perfettamente distinti[1]. L’utilizzo dello stesso strumento cartaceo non esclude l’autonomia delle singole dichiarazioni testamentarie, né l’autonomia delle singole dichiarazioni può essere esclusa dalla reciprocità delle disposizioni[2].
Si osserva che «in presenza di schede testamentarie separate non ricorre quella presunzione assoluta di mancanza di una libera estrinsecazione della volontà dei testatori propria del testamento congiuntivo, legata quindi alla manifestazione di volontà dei testatori in un documento unitario»[3].
Nuovi limiti al testamento simultaneo – Cassazione 18197/2020
La Corte di Cassazione – Sezione Seconda Civile, con sentenza nr. 18197/2020 del 2 rujan 2020, ha posto dei limiti all’adozione di tali pratiche elusive.
Si deve chiarire che il riconoscimento della validità dei testamenti simultanei, non esclude la loro possibile invalidità da un diverso punto di vista: tali testamenti si pongono infatti come atti esecutivi di un precedente accordo concluso dai testatori e avente per oggetto l’impegno di ciascuno a disporre in un certo modo della propria successione per causa di morte. Dunque la Corte ha finalmente rilevato ciò che è una prassi in materia di successioni testamentarie.
In particolare il Tribunale Supremo, nel delineare la distinzione fra testamenti simultanei validi e il patto successorio istitutivo, ha chiarito che «si ha patto successorio, vietato, u skladu s člankom. 458 bakalar. CIV., quando le disposizioni testamentarie redatte da più persone, pur essendo contenute in schede formalmente distinte, danno luogo a un accordo con il quale ciascuno dei testatori provvede alla sua successione in un determinato modo, in determinante correlazione con la concordata disposizione dei propri beni da parte degli altri»[4].
Gli Ermellini hanno dunque posto l’attenzione al contenuto degli atti testamentari simultanei, ravvisando un patto successorio vietato nelle condotte poste in essere dal coniuge che lascia i propri beni a uno dei due figli, perché l’altro coniuge ha disposto delle sue sostanze a favore dell’altro figlio.
Tanto premesso dunque, i nuovi criteri per l’individuazione di condotte elusive al divieto dei patti successori, partono proprio dal concorde contenuto degli atti testamentari simultanei, e ricavando da ciò la conclusione che essi sono manifestazione di specifico· e obiettivo accordo fra i testatori.
Probazione di condotte elusive
La sentenza nr. 18197/2020 della Corte di Cassazione sembra ammettere qualunque mezzo di prova per dimostrare le condotte elusive del divieto dei patti successori; non è infatti necessario che l’esistenza del patto successorio istitutivo risulti dal testamento o da atto scritto, ma è sufficiente un atteggiamento convergente tra i testatori; si tratta dunque di provare un accordo che la legge considera come illecito.
Le parti sono quindi chiamate a provare la simulazione di azioni, frutto di accordi, volte a dividere la massa ereditaria preventivamente ed antecedentemente la morte dei leganti, facendo scaturire la nullità dei relativi atti. La nullità consegue dal fatto che l’atto è contrario a norma di legge.
Criticità dei nuovi criteri della Corte di Cassazione
Premesse le soluzioni al problema dell’elusione del divieto dei patti successori, si devono valutare le criticità dei nuovi criteri a cui la Corte di Cassazione ha fatto ricorso con la sentenza nr. 18197/2020.
Sempronio e Terenzia, prima di morire, redigono, ciascuno per sé, atto testamentario con cui dividono l’asse ereditario tra i due figli Tizio e Caio. Quest’ultimo, non contento della spartizione ereditaria decisa dai genitori, può ricorrere alle vie legali per dimostrare la nullità dei testamenti, sostenendo che gli stessi hanno la natura dei testamenti simultanei.
Per dimostrare che gli atti testamentari redatti dai genitori, anche in separata sede e a breve distanza di tempo l’uno dall’altro, sono frutto di un accordo, a Caio basta dimostrare la sussistenza di tutti e tre gli elementi obiettivi degli atti testamentari:
la contemporaneità della redazione;
l’identità del contenuto;
l’identità della forma.
Dunque è sufficiente che gli atti testamentari siano stati redatti a breve distanza l’uno dall’altro, che le disposizioni testamentarie siano concordi e convergenti, assegnando medesimi beni a medesimi eredi, e che gli stessi presentino la stessa forma (olografo, pubblico, segreto o speciale).
Appare indubitabile come tali condizioni appaiano nella maggior parte dei casi: coniugi che hanno trascorso una vita insieme, nel momento in cui si apprestano ad affrontare la vecchiaia, decidono di pensare alla divisione delle loro sostanze tra gli eredi; pertanto si accordano insieme, spesso anche comunicando ai figli le loro decisioni, e redigono testamento quasi contestualmente, nelle stesse forme, e con medesimo contenuto.
Dunque sarà compito del Giudice valutare, caso per caso, le presunzioni ed i presupposti per dichiarare tali atti testamentari nulli e riaprire la successione.
Si evidenzia che tale azione è imprescrittibile ed esercitabile da chiunque.
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Note
[1] Cass. n. 2942/1937; n. 5508/2012
[2] Cass. n. 2364/1959
[3] Cass. n. 5508/2012
[4] Cass. n. 2623/1982
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