Niente adozione se la madre del minore, pur non convivente, non concorda
In tema di adozione particolare, il dissenso manifestato dal genitore titolare della responsabilità genitoriale, anche se non convivente con il figlio minore, ha efficacia preclusiva ex art. 46 comma2 Legge n. 184/1993. Ciò a meno che non sia stata accertata una situazione di disgregazione del contesto familiare d’origine del minore, in conseguenza del protratto venir meno del concreto esercizio di un rapporto effettivo con il minore stesso, da parte del genitore esercente la responsabilità.
Ad affermare questo principio di diritto, la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con ordinanza n. 18827 del 16 июль 2018, respingendo il ricorso di due soggetti, avverso la pronuncia con cui era stata respinta la loro richiesta di adozione di un minore.
I ricorrenti criticavano la decisione impugnata, in quanto si era data prioritaria attenzione, per negare l’adozione, all’efficacia preclusiva del dissenso espresso dalla madre naturale, senza valutare ulteriori aspetti della vicenda, compreso l’interesse preminente del minore. Non si era altresì valutato il contesto sociale e familiare di grande soddisfazione del bambino , che da ben sette anni viveva con i ricorrenti e che con loro aveva instaurato un forte legame affettivo; di contro, invece, l’ assenza di un analogo rapporto costante tra il medesimo e la madre naturale.
Non c’è disgregazione della famiglia d’origine
Una censura tuttavia respinta dalla Cassazione, secondo cui ben ha deciso la Corte d’appello nel respingere la domanda di adozione degli attuali ricorrenti, stante l’efficacia preclusiva del dissenso espresso dalla madre dell’adottando. Una statuizione corretta quanto al dispositivo – concludono gli Ermellini – ma non esaustivamente motivata, poiché i giudici territoriali non avevano dato alcun conto della inesistenza di una disgregazione del contesto familiare d’origine del minore.
Viene pertanto colmata la lacuna motivazionale, laddove si da conto che la madre (come risulta dalle relazioni dei servizi sociali), nonostante i suoi problemi psicologici, abbia continuato a manifestare interesse al recupero del rapporto con il figlio minore. In ciò certamente non agevolata dalla condotta assunta dai ricorrenti nel corso degli anni, i quali, durante il periodo di affidamento, non hanno aiutato il bambino a recuperare e consolidare il rapporto con la mamma, venendo meno al significato ed allo spirito dell’affido e ponendo il minore stesso, che presenta segnali di disagio psicologico, in una trama ansiosa e dannosa per la sua già provata serenità.
Non è dunque ravvisabile nella specie, precisa la Corte Suprema, quella situazione di disgregazione del contesto familiare di origine del minore che, per quanta sin qui detto, avrebbe consentito al giudice di merito di non tener canto del dissenso all’adozione manifestato dalla madre.
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