Maternità surrogata e diritti umani dei minori
1. Una possibile definizione della maternità surrogata
L’accordo di maternità surrogata (di seguito anche “MS”) potrebbe definirsi come quello concluso tra una coppia o un singolo soggetto privato (di seguito anche “committenti”) ed una donna (di seguito anche “madre surrogata”), con cui quest’ultima si impegna, nei confronti dei primi, ad iniziare una gravidanza, con la tecnica della procreazione medicalmente assistita (di seguito anche “PMA”), ed a trasferire ad essi il neonato, consegnandoglielo alla nascita.
La MS può avvenire a titolo oneroso (CD. MS commerciale o “utero in affitto”), col pagamento di un corrispettivo alla madre surrogata, ovvero senza alcun corrispettivo (CD. MS gratuita).
La MS sarà “totale” se l’embrione che si annida nell’endometrio uterino della madre surrogata è frutto della fecondazione artificiale dell’ovocita suo o di altra donna – diversa dai committenti -, con lo spermatozoo non appartenente a questi ultimi (que, nel caso di specie, non avranno per ciò alcun legame genetico con il bimbo poi loro consegnato), mentre sarà “parziale” se il gamete maschile e/o l’ovocita con esso fecondato appartengono ad uno o ad entrambi i committenti.
La MS viene correntemente denominata anche “gestazione per altri” (di seguito anche “GPA”).
Tuttavia l’utilizzo del termine “gestazione per altri” appare fuorviante e riduttivo. Infatti sembra sottendere una visione “adultocentrica” della fattispecie, dimentica del bambino, l’interesse superiore del quale va – al contrario – posto sempre in primo piano e preservato.
Invero la “gestazione” non riguarda soltanto “altri” (i committenti) esterni interessati, ma (aussi) la madre surrogata (che non è una mera incubatrice) e (soprattutto) il bambino che essa fa crescere nel suo grembo.
E’ quindi preferibile usare il termine “maternità”, che esprime un rapporto intimo e continuativo col bambino che va ben oltre quello della “gestazione”: la maternità comprende i lunghi nove mesi della gravidanza che cominciano dal concepimento per giungere al momento del parto, con la nascita del bimbo, e proseguire poi per tutta la vita.
Per tale motivo, nel nostro ordinamento (art.269, virgule 3, c.c.), madre è colei che al termine della gravidanza partorisce, pur se è ammesso che possa esservi un’altra madre (quella adottiva), ma solo nel caso di adozione.
Nella MS, plutôt, il momento della nascita del bimbo segna purtroppo una frattura innaturale della sua relazione esclusiva con la madre gestante e partoriente, dalla quale il neonato viene tratto e separato, per essere consegnato ad “altri”, cioè ai committenti.
Pertanto nel prosieguo utilizzeremo esclusivamente il termine “maternità surrogata”.
2. Divieto di MS in Italia
In Italia la MS è vietata dall’art.12, virgule 6, della legge n.40/2004, che disciplina anche la PMA.
Detta norma stabilisce che “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza (...) la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”; l’art.6, virgule 1, della medesima legge prescrive che “Alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento ai sensi della legge 4 mai 1983, n.184, e successive modificazioni, come alternativa alla procreazione medicalmente assistita” e, enfin, al Capo VI (artt.13 e 14) prevede espressamente “MISURE DI TUTELA DELL’EMBRIONE”, dopo avere ricordato, all’art.1, che “è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n.162/2014, ha ribadito che la MS va tenuta rigorosamente distinta dalla PMA eterologa (che invece è ammessa a determinate condizioni) e, con la successiva sentenza n.272/2017, ha espressamente stigmatizzato la pratica della “maternità surrogata, che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane” ed impone di tutelare l’interesse del minore.
Il divieto di MS è stato considerato espressione del principio di ordine pubblico anche dalla Corte di Cassazione a sezioni civili riunite, con la sentenza n.12193/2019, “in quanto posto a tutela di valori fondamentali”.
3. Focus del presente lavoro
Con il presente lavoro cercheremo di affrontare, en particulier, il tema dei diritti umani violati del bambino nato da maternità surrogata, giusto dal punto di vista della persona umana neonata, la più vulnerabile ed indifesa fra tutte le persone coinvolte.
Non tratteremo, plutôt, altre questioni dibattute come quella relativa al sesso delle persone (etero od omosessuali) committenti o quella della remunerazione (o meno) della madre surrogata.
Analizzeremo, d'un côté, la relazione naturale con la madre, dal concepimento alla prima infanzia, con un accenno agli effetti della surrogazione sullo sviluppo psicofisico del bambino; dall’altro lato, cercheremo di individuare le singole fasi della surrogazione della maternità, dalla sua pianificazione al trasferimento del neonato ai committenti; infine cercheremo di trattare di alcuni possibili strumenti per la effettiva tutela legale dei suoi diritti umani violati.
4. Fasi dello sviluppo del rapporto naturale fra il bambino e sua madre
Il rapporto fra un bimbo e sua madre inizia nella fase intrauterina, dopo il concepimento, e si sviluppa nel corso dei nove mesi di gestazione, che culminano nella nascita, a cui segue l’allattamento, lo svezzamento, la fase della prima infanzia e poi quelle successive.
Continuità relazionale esclusiva nella fase prenatale. Sviluppo e tutela del nascituro
In proposito è significativo che la Legge 40 dichiari espressamente di voler assicurare la tutela de “i diritti” de “il concepito” (art.1) e che voglia garantirla fin dalla fase embrionale (Capo VI), considerato che, durante la gravidanza, il bimbo concepito interagisce con la madre con un reciproco scambio di stimoli che ne segnano la futura crescita psicofisica; tale simbiosi gli consente, attraverso sua madre, di ascoltare, di comunicare e di iniziare a relazionarsi con il mondo esterno, acquisendo maggiore fiducia e sicurezza nella misura in cui la mamma riesce a trasmettergli attenzioni e protezione.
Nascita della persona umana e continuità relazionale. Divieto di separazione e di consegna
Dopo i nove mesi di gestazione connotati da tale intenso interscambio emozionale e di materiale genetico tra madre gestante e piccolo che cresce nel grembo del corpo femminile (che all’uopo si conforma e si predispone al momento del parto), giunge il momento della nascita del bimbo, che manifesta il miracolo di una nuova vita umana, unica ed irripetibile.
Il rapporto esclusivo e simbiotico tra il neonato e la madre che lo ha partorito, generalmente prosegue e si rinsalda con l’allattamento al seno, che si consiglia di iniziare subito (nella prima ora dalla nascita) e che favorisce l’ulteriore sano ed equilibrato sviluppo psicofisico del bambino.
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) “considera l’allattamento uno degli obiettivi prioritari di salute pubblica a livello mondiale. L’OMS raccomanda l’allattamento in maniera esclusiva fino al compimento del sesto mese di vita” giacché esso “rafforza e consolida il legame del neonato con la mamma (bonding); fornisce al neonato un’alimentazione completa (benefici nutrizionali); protegge il neonato dalle infezioni, grazie anche al ruolo svolto dal colostro; porta comprovati benefici alla salute della mamma. L’Unicef, l’agenzia delle Nazioni Unite per la protezione dell’infanzia, dal canto suo ricorda che la diffusione dell’allattamento potrebbe evitare ogni anno nel mondo la morte di 1,4 milioni di bambini. L’allattamento è quanto di più naturale potrebbe esistere. Per il bambino è una competenza innata.
L’abitudine all’allattamento si costruisce fin dai primi momenti di vita del bambino.
Per questa ragione, subito dopo il parto si mette il neonato in contatto immediato e prolungato con la madre, ‘pelle a pelle’. Anche se appena nato, il bambino è in grado di trovare da solo il seno e di succhiare. E’ un momento privilegiato di contatto profondo noto come ‘bonding’. L’attacco precoce e prolungato al seno è un fattore predittivo importante della durata e dell’esclusività dell’allattamento”(tratto dal sito web del Ministero della Salute http://www.salute.gov.it).
Tutte le suddette fasi naturali sono importanti per la piena e sana crescita psicofisica della persona, ma, come vedremo, i Giudici vengono troppo spesso chiamati a tutelare il superiore interesse del minore soltanto nella fase successiva alla prima infanzia, in situazioni consolidate nel tempo, quando il bimbo – che alla nascita era stato separato dalla madre e consegnato ai committenti – è già cresciuto insieme a questi ultimi.
5. Pianificazione della surrogazione di maternità
Premesso che esiste il sacrosanto diritto del minore ad una famiglia, ma non esiste, plutôt, un diritto di una coppia (o di un single) al figlio, sembra utile sottolineare che la finalità dei soggetti committenti la surrogazione di maternità è quella di potere tenere un bimbo nato da altra donna (che ne ha portato a termine la gestazione), ma “progettato” fin dall’inizio (rectius concepito) per essere loro consegnato alla nascita, al fine di soddisfare il loro desiderio di genitorialità.
Tutto inizia con la pianificazione della surrogazione, quando il bambino ancora non esiste.
Nella MS i committenti scelgono scrupolosamente una donna che (spesso per bisogni economici) è disposta (spesso costretta) a lasciare il futuro neonato ad essi e poi pianificano il destino di un essere umano, che – si ripete – ancora non esiste, programmandone l’allontanamento, al momento della (futura) nascita, dalla madre.
Il bimbo viene predestinato all’abbandono materno ancor prima del suo concepimento e così nasce già discriminato, senza le pari opportunità che la natura concede agli altri neonati, senza la possibilità di proseguire quella continuità relazionale esclusiva già sviluppata con la madre durante i nove mesi di gravidanza, senza la possibilità dell’allattamento al suo seno.
Vi è quindi una profonda differenza rispetto a quanto accade nell’adozione, dove il bambino esiste già e si trova in uno stato attuale di abbandono (o in una situazione di grave inadeguatezza genitoriale).
Nel programma contrattuale “adultocentrico” di surrogazione della maternità, la persona umana appena nata viene “tratta” dalla madre e viene consegnata indifesa ai committenti, cioè a coloro che hanno pianificato il suo inumano e degradante destino ut supra.
I committenti, secondo la normativa (interna) del paese straniero (es. Ucraina) da essi all’uopo accuratamente prescelto per la nascita del bambino, ne diventano i genitori legali, mentre si interrompe definitivamente la relazione umana più importante dello status filiationis, iniziata nove mesi prima con la madre, che viene del tutto sostituita, surrogata, estromessa dopo il parto.
Così i committenti, quali genitori legali nel prescelto paese straniero di nascita del bimbo, possono successivamente reclamare – paradossalmente, per conto di quest’ultimo – il rispetto dei suoi diritti umani violati, tra i quali il diritto alla continuità della relazione genitore-figlio.
Invero essi, come meglio vedremo in seguito, sono interessati alla relazione genitore-figlio successiva a quella da essi interrotta senza scrupoli mediante la surrogazione pianificata della maternità (interrotta alla nascita senza rispetto per il preminente interesse del bambino oggetto di consegna).
Il loro obiettivo pianificato è quello di ottenere un riconoscimento di genitorialità, al di là dei confini del paese straniero di nascita del bambino nato da MS.
Quindi, attraverso la relazione affettiva che essi svilupperanno col bambino dopo un certo numero di anni dalla sua consegna, i committenti pongono le basi per potere poi rivendicare il consolidamento dello status quo e pretendere il riconoscimento del loro rapporto similgenitoriale col minore. Il diritto di quest’ultimo ad un definitivo status filiationis, viene così strumentalizzato ed asservito al piano adultocentrico dei committenti, che si presentano come i paladini della tutela del suo preminente interesse.
6. Sperimentazione. Principio di Precauzione
Che il neonato non debba essere separato dalla madre per essere consegnato ad altri è un principio fin troppo ovvio, insito nella coscienza di ciascuna donna e di ciascun uomo, in ogni epoca. Tale divieto è stato solennemente scolpito anche nella Dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo adottata nel 1959 (di seguito anche “DORC[1]») dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che, al Principio Sesto, ha affermato che “il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre”.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (di seguito anche “UDOHR”[2]) ci ricorda inoltre che “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti (art.1) e che “la maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza (art.25).
donc, la maternità (nell’ampia accezione sopra esplicitata) e l’infanzia vanno protette (art.31 Cost.), non offese.
Il neonato è poi particolarmente vulnerabile e quindi esige una protezione rafforzata; “il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di (...) una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita”, come ci rammenta il preambolo della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo adottata nel 1989 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Inoltre, la persona umana non può essere oggetto di trasferimento e di consegna. E’ degradante per la persona umana poter essere assimilata ad un prodotto commissionato da trasferire e consegnare.
de plus, l’intimo rapporto esclusivo sviluppato dal bambino con la madre nella lunga fase prenatale e l’innata ricerca del contatto con essa al momento della sua nascita vanno protetti da traumi e rischi per il suo sviluppo psicofisico e da ogni pregiudizio che possa derivargli dalla innaturale separazione dalla madre, da tutto ciò che insomma possa potenzialmente ostacolare “il pieno sviluppo della persona umana” (art.3 Cost.).
donc, non è assolutamente ammissibile sperimentare sui bambini quali e quante conseguenze può avere sul loro sviluppo psicofisico la separazione dalla mamma e la loro consegna ad altri.
Nessuna sperimentazione è ammessa sul concepito (art.13 Legge n.40/2004) e, d'autant plus, nessuna sperimentazione è ammissibile sulla persona umana già nata.
Se anche sussistesse un remoto dubbio sulle conseguenze nefaste della innaturale separazione di un neonato dalla madre e sulla sua consegna ad altri, dovrebbe soccorrere quantomeno il c.d. principio di precauzione e scongiurarsi una crudele sperimentazione di tal guisa sull’infante indifeso e sul pieno e sano sviluppo della sua personalità.
7. Divieto di MS ed il c.d. turismo riproduttivo all’estero
Il divieto di surrogazione di maternità ha indotto in passato, e continua ad indurre tutt’oggi, i potenziali committenti a recarsi in quei paesi stranieri dove la pratica di MS è consentita dalle leggi locali, per stipulare l’accordo privato più conveniente con una madre surrogata, al fine di ottenere, alla nascita del bimbo, il rilascio di un atto di nascita redatto all’estero che indichi, come genitore legale, il committente genitore “d’intenzione” (cioè quello che non ha alcun legame genetico/biologico col neonato).
Le fattispecie di maternità surrogata più frequentemente affrontate dalla Giurisprudenza riguardano pertanto essenzialmente casi di bambini nati all’estero da madre surrogata, i quali hanno successivamente accresciuto nel tempo la relazione affettiva con i committenti.
I Giudici all’uopo interpellati hanno cercato e cercano la migliore soluzione per tutelare il preminente interesse del minore e riconoscergli comunque uno status filiationis adeguato.
Essi, però, vengono sempre più spesso posti “di fronte al fatto compiuto” di un rapporto affettivo già sviluppato, a distanza di qualche anno dalla nascita all’estero, tra i committenti ed il bimbo a suo tempo da essi separato dalla madre surrogata.
Alors, la giusta esigenza di preservare la relazione affettiva si scontra con la cogenza del divieto di MS, posto dall’ordinamento giusto a tutela dei minori.
Ma ogni qual volta tale cogenza viene affievolita si finisce per agevolarne l’elusione e si permette agli adulti committenti di strumentalizzare il diritto relazionale del minore per sanare, oscurandola, l’illiceità della loro condotta iniziata con la pianificazione dell’accordo di maternità surrogata all’estero.
L’intervento giudiziario si colloca, donc, in una fase tardiva del percorso di tutela dei diritti del minore, allorché la convivenza con i committenti “impone” in qualche modo al giudice di tener conto del “fatto” (pre)costituito dalla relazione affettiva ormai instaurata, stemperando i tratti antigiuridici della loro condotta. Per contrastare effetti in qualche modo “irreversibili”, si rende allora necessario introdurre strumenti dissuasivi e sanzionatori la cui efficacia trascenda la condizione di cittadino e la stessa dimensione territoriale. In questa direzione sono orientate, opportunamente, alcune proposte di legge presentate nel corso di questa legislatura e sulle quali si avrà modo di tornare. In parallelo, peraltro, si rende necessario valorizzare il processo di avvicinamento tra le legislazioni nazionali, che può essere favorito attraverso l’individuazione di strumenti sanzionatori adottati a livello sovranazionale e dotati di un impatto immediato su condotte palesemente lesive dei diritti umani, come sembra abbia già inziato a fare il Consiglio dell’Unione Europea (cf.. decisione 2020/1999 PESC, di cui infra).
La tutela della persona, soprattutto se indifesa e vulnerabile, va garantita punendo la pianificazione posta in essere dai committenti e la sua realizzazione, con adeguata tempestività ed in ogni paese, nel preminente interesse del bambino onde evitare che gli stessi committenti possano invocare ex post la continuità affettiva (anch’essa accuratamente pianificata fin dall’inizio).
Il primordiale e forte legame prenatale e postnatale del bimbo con la mamma va preservato da attacchi che strumentalizzano il principio del preminente interesse del minore con una rappresentazione adultocentrica e distorta della realtà naturale della maternità.
8. Riconoscimento dell’atto di nascita e/o del provvedimento giurisdizionale straniero di MS
Le sezioni civili semplici (cf.. annonce est. la sentenza n.24001/2014) e quelle unite (cf.. la sentenza n.12193/2019) della suprema Corte di Cassazione hanno ribadito che il divieto posto dall’art.12, virgule 6, della Legge n.40/2004 è di ordine pubblico ed hanno indicato il percorso legale della “adozione in casi particolari” quale potenziale soluzione istituzionale per l’eventuale riconoscimento dello status filiationis del minore nel rapporto con il committente genitore d’intenzione.
Cependant, con ordinanza interlocutoria n.8325/2020, i Giudici della prima sezione civile della Corte di Cassazione hanno ritenuto non infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.12, virgule 6, della Legge n.40/2004, dell’art.18 del D.P.R. n.396/2000 e dell’art.64 comma 1 letton. g) della Legge n.218/1995 nella parte in cui escludono, attraverso il limite dell’ordine pubblico come sopra riaffermato dal massimo Consesso di piazza Cavour, il riconoscimento in Italia di provvedimenti giurisdizionali stranieri che accertino un diritto del genitore d’intenzione ad esser inserito nell’atto di nascita del figlio della persona cui si è legati da matrimonio celebrato all’estero, nato mediante maternità surrogata”.
All’uopo, la Corte rimettente ha valorizzato parecchio un parere consultivo non vincolante (di seguito anche “Parere”), intervenuto il 10/04/2019, dopo la detta sentenza nomofilattica n.12193/2019, e reso dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (EDU) in base al Protocollo 16 (che l’Italia non ha ancora dichiarato esecutivo) allegato alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (di seguito anche “CEDU”).
La Grand Chamber di Strasburgo, dopo aver accertato che gli accordi di MS sono consentiti soltanto in nove degli Stati aderenti alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dopo avere ricordato che laddove un caso solleva delicate questioni morali o etiche, il margine di apprezzamento di ogni singolo Stato è ampio, ha però ritenuto che il margine di apprezzamento del singolo Stato è limitato (cf.. paragrafi 44-45-46 del Parere) per quanto concerne il riconoscimento della relazione tra figlio nato da madre surrogata e gli aspiranti genitori committenti la surrogazione.
En particulier, la Grande Camera ha sottolineato che l’impossibilità generale e assoluta di ottenere il riconoscimento del rapporto tra un bambino nato tramite un accordo di maternità surrogata stipulato all’estero e la madre designata è incompatibile con l’interesse superiore del minore e richiede come minimo che ogni situazione sia esaminata alla luce delle circostanze particolari[3] (cf.. § 42), ed ha concluso precisando che non v’è un obbligo a che il riconoscimento dello status filiationis avvenga mediante la trascrizione, nel singolo Stato, dell’atto di nascita redatto all’estero con l’indicazione del c.d. genitore d’intenzione quale genitore legale, essendo percorribile l’alternativa dell’adozione legale purché effettiva e rapida, nel preminente interesse del minore.
La questione sollevata dagli Ermellini della prima sezione civile è tuttora pendente dinanzi la Consulta.
9. Superiore interesse del minore ed adozione in casi particolari
Dunque la suprema Corte di Cassazione a sezioni civili unite e la Grande Camera della Corte EDU concordano sulla possibilità che il riconoscimento dello status filiationis del bimbo nato da maternità surrogata possa, in astratto, avvenire mediante la procedura dell’adozione.
La Grande Chambre ammette, nel detto suo Parere, di essere consapevole dell’esigenza di proteggere il minore contro i rischi di abuso che comportano gli accordi di maternità surrogata e la possibilità di conoscere le proprie origini (§ 41), ma sottolinea che il minore non può restare a lungo in uno stato di incertezza riguardo al suo status giuridico (§ 54) e, donc, evidenzia la necessità a che il procedimento per l’adozione sia comunque rapido e pervenga ad un riconoscimento effettivo di tale status filiationis.
Come su rammentato, le Sezioni Unite della Cassazione hanno indicato come possibile soluzione per il riconoscimento dello status del minore nato da madre surrogata quella, eventuale, della “adozione in casi particolari”, disciplinata dall’art.44, virgule 1, lettera d), della Legge n.184/1983.
E’ stato obiettato che l’adozione di cui all’art.44 non è effettiva perché non è legittimante e, toutefois, il procedimento per ottenerla non è assolutamente celere.
In effetti, nell’adozione in casi particolari produce effetti più limitati dell’adozione legittimante tra i quali ricordiamo i seguenti: il minore diviene figlio adottivo dell’adottante anteponendo il proprio cognome a quello di quest’ultimo; permangono i suoi rapporti con la famiglia d’origine, verso cui conserva i diritti ed i doveri; acquisisce i medesimi diritti successori che spettano al figlio nato nel matrimonio (ma l’adottante non acquisisce alcun diritto successorio nei confronti del figlio adottivo).
Tuttavia è appena il caso di ricordare che il caso di un bimbo il cui destino è stato pianificato per la consegna ad altri alla sua nascita è, purtroppo per il minore, un caso davvero particolare, che sovverte le regole dell’ecologia umana e che merita una regolamentazione particolare.
Quanto alla celerità ed alle condizioni per l’adozione del minore, è “evidente che queste condizioni devono includere una valutazione da parte dei giudici dell’interesse superiore del minore alla luce delle circostanze del caso” (§ 54 del Parere), che è un caso particolare, fuori dalla norma (… in tutti i sensi).
Non è possibile sacrificare l’attento vaglio giurisdizionale di tutte le circostanze del caso de quo all’esigenza di celerità del procedimento di adozione, anche perché qui l’aspirante genitore adottivo è giusto colui/colei che ha pianificato e commissionato la surrogazione della maternità con la traditio del neonato oggetto dell’accordo privato e, donc, la verifica dell’eventuale sua idoneità all’adozione è ben più complessa di altri casi e non ammette scorciatoie, nel preminente interesse del bambino indifeso, i cui diritti umani sono stati già abbondantemente violati.
10. Diritti umani primordiali della persona umana neonata da MS
Alla persona neonata non possono negarsi la piena dignità di persona umana ed i diritti inalienabili.
Nella UDOHR viene affermato che si nasce con dignità e diritti uguali a tutti gli altri esseri umani (artt.1 e 7); che nessuno può essere discriminato per ragioni di nascita o altra condizione (art.2); che ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita, della sua libertà, della sua sicurezza (art.3) e che non può subire la tratta, quale che ne sia la forma (art.4); non deve essere sottoposto ad alcun trattamento crudele, inumano o degradante (art.5); che ha diritto alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità (art.22) e che il bambino ha diritto a speciali cure ed assistenza (art.25).
Nella DORC viene affermato che il bambino, a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali, compresa una adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita[4] (Préambule), che ha diritto ad una speciale protezione e deve potere crescere in modo sano e normale sul piano fisico intellettuale morale spirituale e sociale in condizioni di libertà e di dignità (Principio I); que, nella prima infanzia, salvo casi eccezionali, non deve essere separato dalla madre (Principio VI); che deve essere protetto contro ogni forma di negligenza, di crudeltà e di sfruttamento; che non deve essere oggetto di mercato, sotto qualsiasi forma (Principio IX).
Ha il diritto fondamentale a non subire la consegna dalla madre ad altri, a non subire il trasferimento ai committenti, quale che ne sia la forma.
Ha il diritto fondamentale a non subire un destino di traumi e privazioni, pianificato anzitempo da adulti che ne hanno progettato e pattuito privatamente la sua consegna e la sua vita futura.
Ha il diritto fondamentale al pieno riconoscimento giuridico della filiazione biologica materna, quale aspetto della sua identità personale, formata e già sviluppata anche nella fase fetale.
Ha il diritto fondamentale, in applicazione del principio di precauzione, a non formare oggetto di sperimentazioni prima della nascita, alla nascita ed in tenera età, che possano pregiudicare il pieno e sano suo sviluppo psicofisico.
11. Incertezza del diritto sulla perseguibilità del reato commesso all’estero
Con la sentenza n.13525 del 10/03/2016 la Corte Cassazione, cinquième section criminelle, con riferimento ad un caso di un bimbo italiano nato mediante maternità surrogata in Ucraina – nazione ove tale pratica è ammessa -, ha ritenuto insussistente il reato previsto dall’art.12, virgule 6, della Legge n.40/2004, considerata l’inevitabilità dell’errore sul precetto ivi sanzionato “ai fini della consapevolezza della penale perseguibilità della condotta (Corte cost., 24 mars 1988, n. 364)», essendo “controversa anche presso la giurisprudenza la questione se, per punire secondo la legge italiana il reato commesso all’estero, sia necessario che si tratti di fatto previsto come reato anche nello stato in cui fu commesso (cosiddetta doppia incriminabilità)», ritenuto pure che l’art.7 della CEDU sancisce il principio della legalità (sub specie tassatività) “con la conseguenza che la legge deve definire chiaramente i reati e le pene che li reprimono” come più volte ribadito dalla Corte EDU.
La possibilità di perseguire penalmente la condotta degli autori di tale grave illecito all’estero viene, puis, negata nel nostro ordinamento interno anche perché esso non rientra nella previsione di cui all’art.7 c.p..
Da ciò consegue il rischio concreto che il c.d. turismo riproduttivo (o procreativo che dir si voglia) all’estero finisca per essere involontariamente incentivato da pronunce similari, consentendo al reo di garantirsi sistematicamente l’impunità o, toutefois, di realizzare la surrogazione di maternità con consegna del minore nei paesi stranieri che ciò tollerano, nella convinzione di porre in essere una condotta penalmente scriminata ai sensi e per gli effetti di cui all’art.5 c.p. (come interpretato a seguito della sopra richiamata sentenza n.364/1988 della Corte costituzionale).
Considerati gli effetti pregiudizievoli per i concepiti ed i neonati all’estero da maternità surrogata e l’evidente lesione discriminatoria dei loro diritti umani primordiali, occorre colmare al più presto tale lacuna normativa.
E’ quindi urgente un intervento del Legislatore, perchè occorre garantire la certezza del diritto e scongiurare l’inevitabilità dell’errore sul precetto penale che gli Ermellini della quinta sezione penale hanno come sopra rilevato.
Bisogna all’uopo assicurare il principio di legalità ed introdurre una norma che stabilisca con chiarezza che tale grave reato commesso contro minori all’estero può essere perseguito anche fuori dal Bel Paese; diversamente l’effetto deterrente della sanzione penale prevista per il divieto di surrogazione di maternità continuerà ad essere vanificato e si arresterà al confine italiano.
La tutela dei diritti umani del minore deve poter essere attuata “prontamente ed efficacemente”[5].
La tutela preventiva deve essere attuata con norme sanzionatorie sufficientemente dissuasive.
Ove però l’illecito venisse egualmente commesso sarà necessario potere procedere subito penalmente e, nell’interesse superiore del minore, procedere all’identificazione giuridica delle persone responsabili di allevarlo, soddisfare i suoi bisogni e assicurarne il benessere (cf.. § 42 del Parere).
Il ritardo nel riconoscimento dello status filiationis è difatti “svantaggioso per il neonato, in quanto lo pone in una posizione di incertezza giuridica riguardo alla sua identità all’interno della società”[6] (cf.. § 41 del Parere).
12. De iure condendo
Per scoraggiare il turismo riproduttivo e perseguire penalmente tutti gli autori del reato di surrogazione di maternità all’estero, all’inizio della corrente XVIII Legislatura era già stata, pervero, presentata, alla Camera dei Deputati, una proposta di legge (A.C. 306) che prevedeva l’applicazione delle sanzioni penali di cui all’art.12, virgule 6, della Legge n.40/2004 “anche se il fatto è commesso all’estero” (senza ulteriori specificazioni e, donc, da chiunque, italiano o straniero).
Nel mese di luglio del corrente anno, ne è seguita un’altra (A.C. 2599) che prevede la perseguibilità del reato di surrogazione di maternità “anche quando è commesso in territorio estero da un cittadino italiano”.
ensuite, la 15/11/2020, è stato presentato a Palazzo Madama un disegno di legge (S. 1024) que, nella duplice prospettiva di rendere il reato perseguibile all’estero e di sanzionarlo adeguatamente, prevede più efficacemente di includere il reato di surrogazione di maternità nell’elenco di cui all’art.7 c.p. (rubricato “Reati commessi all’estero”) e di inasprirne le pene oggi vigenti, aumentando (nel minimo e nel massimo edittale) la reclusione (da tre anni a sei) e la multa (da euro 600.000,00 ad euro 800.000,00).
Auspichiamo uno sforzo trasversale di tutto il Parlamento italiano, senza distinguo, visto che si tratta di diritti umani dei bambini e la loro salvaguardia non ha colore politico, ma è un bene di tutta la comunità.
Se verrà consentito di perseguire tempestivamente il grave reato contro i minori commesso all’estero, sarà meno arduo potere procedere sollecitamente, nell’interesse superiore del bambino, all’identificazione giuridica delle persone responsabili di allevarlo, soddisfare i suoi bisogni e assicurarne il benessere (come auspicato al § 42 del Parere).
13. Ulteriori strumenti di tutela dei diritti umani dei minori nati con surrogazione di madre
Com’è noto la Corte di Strasburgo può condannare uno Stato parte della Convenzione EDU, nel caso in cui esso violi i diritti umani ivi affermati.
Gli Stati parti della Convenzione devono poi “conformarsi alla sentenze definitive della Corte nelle controversie nelle quali sono parti” (art.46) e se il diritto interno di uno Stato “non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze dell’accertata violazione, la Corte può accordare un’equa soddisfazione alla parte lesa” (art.41).
Dunque la Corte EDU, al termine del procedimento, deve cercare di emettere una sentenza che consenta innanzitutto di rimuovere le conseguenze della violazione ed affermare uno o più principi che fungano da adeguato deterrente per ulteriori violazioni in casi analoghi, sia per lo Stato contraddittore che per tutti gli altri Stati della Grande Europa dei 47.
Tuttavia il ricorso alla Corte di Strasburgo è ammesso soltanto dopo che siano state esaurite le vie di ricorso interne e quindi la sentenza interviene a distanza di tempo dalla violazione e spesso con un effetto più che altro deterrente.
Ci auguriamo comunque che la Corte EDU venga presto interpellata con quesiti più precisi in ordine alla violazione dei diritti umani dei bambini (concepiti e) nati con surrogazione di maternità e poi allontanati dalla madre per la consegna ai committenti che ne avevano pianificato il destino (e commissionato la nascita) ancor prima del concepimento. Che venga interpellata sul preminente interesse del bambino con specifico riferimento all’attaccamento alla madre che la natura gli offre di sviluppare nei lunghi nove mesi di gravidanza, alla nascita, durante l’allattamento al seno e nel corso della fase di svezzamento. Che venga interpellata sulle pari opportunità negate al bambino, con riferimento al suo primordiale diritto umano a tutto ciò ed alle pregiudizievoli conseguenze psicofisiche che potrebbero derivargli dall’interruzione del rapporto esclusivo di continuità prenatale con la madre, dalla separazione – alla nascita – da quest’ultima e dal trasferimento e consegna ad altri.
Sarebbe poi interessante interrogarla soprattutto per sapere se uno Stato che introduce o mantiene una legislazione nazionale che ammette la surrogazione di maternità viola l’art.17 della CEDU. Se viola il superiore interesse del bambino, anzi se tale Stato della Grande Europa dei 47 ne viola la dignità di persona umana ed i suoi diritti fondamentali ed inalienabili. Se la legislazione interna dello Stato che ammette la surrogazione di maternità viola l’art.3 della CEDU, stante che la persona umana “non può essere sottoposta (…) a trattamenti inumani o degradanti”. Se viola il diritto al rispetto della vita “privata e familiare” del minore, prima e dopo la sua nascita, nonché il principio di non discriminazione di cui all’art.8 della CEDU (oltre a tutte le altre violazioni dei diritti umani sanciti nella UDOHR e nella DUROC, sopra ricordati) e sapere se ed in quale misura il Legislatore nazionale ha un margine di apprezzamento in proposito.
Infatti, la Corte EDU, se messa in grado di intervenire, potrà sicuramente dare un autorevole contributo alla tutela preventiva contro la diffusione della surrogazione della maternità in danno dei minori, che sta assumendo dimensioni preoccupanti.
Enfin, anche per completezza di trattazione, merita un cenno la recente decisione 2020/1999 adottata il 07/12/2020 dal Consiglio dell’Unione Europea che ha previsto la possibilità di utilizzare ulteriori efficaci strumenti di contrasto alle violazioni dei diritti umani., che forse potranno garantire quella tempestività di tutela che auspichiamo.
La tutela dei diritti umani nella Grande Europa dei 47 è stata, difatti, recentemente rafforzata ed implementata con la detta decisione, che ha introdotto efficaci sanzioni di diverso tipo, in forza delle sue prerogative di politica estera e sicurezza internazionale (PESC).
Con tale importante intervento, che richiama espressamente la Convenzione sui diritti del fanciullo e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, viene finalmente prevista la punizione delle violazioni dei diritti umani (tra le quali i “trattamenti inumani o degradanti”), anche se commesse – ed è questa la vera novità – da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi.
Tra i destinatari delle sanzioni ritroviamo, oltre ai soggetti direttamente responsabili delle violazioni, anche coloro che danno sostegno finanziario, tecnico o materiale alle violazioni o che siano comunque coinvolti in tali atti (pianificandoli, dirigendoli, ordinandoli, assistendoli, preparandoli, agevolandoli o incoraggiandoli).
I nomi dei trasgressori verranno pubblicati nell’allegato della Decisione, in costante aggiornamento e, a prescindere da tale sanzione mediatica, si prevedono gravi sanzioni come il divieto di ingresso e transito, il congelamento di risorse economiche e l’impossibilità di attingere a fondi pubblici.
[1] acronimo che sta per Declaration of the Rights of the Child (1959)
[2] acronimo che sta per Universal Declaration of Human Rights (1948)
[3] “the general and absolute impossibility of obtaining recognition of the relationship between a child born through a surrogacy arrangement entered into abroad and the intended mother is incompatible with the child’s best interests, which require at a minimum that each situation be examined in the light of the particular circumstances of the case”
[4] “the child, by reason of his physical and mental immaturity, needs special safeguards and care, including appropriate legal protection, before as well as after birth”
[5] “promptly and effectively, in accordance with the child’s best interests” (cf.. punto 2 del dispositivo finale del detto Parere della Grande Camera)
[6] “disadvantageous to the child, as it places him or her in a position of legal uncertainty regarding his or her identity within society” (§ 41 del Parere)
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