L’approccio economico allo sviluppo politico
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Robert Packenham divide gli studi sullo sviluppo politico secondo quattro tipologie di approccio: economico, neoistituzonale, della cultura politica e del sistema sociale.
Tra i maggiori esponenti dell’approccio economico vi sono Splenger e Lipset che pongono al centro dell’attenzione il rapporto tra sviluppo economico e sviluppo politico, proponendo due chiavi di lettura opposte in cui prevalgono o l’aspetto economico o la struttura organizzativa politica e il relativo tipo di governo. L’approccio neoistituzionale si concentra al contrario sulla creazione di istituzioni, organizzazioni e procedure stabili e legittime (Huntington – Eisenstadt), a fianco e complementare con questo indirizzo è l’approccio culturale dove viene posto l’accento sulla funzione essenziale dei valori, atteggiamenti e credenze condivise nel sistema politico (Almond – Verba).
L’ultimo approccio, incentrato sul carattere sociale, risulta più generale ponendo al centro l’intero sistema sociale, il processo è multidimensionale e coinvolge oltre la definizione dei poteri del governo nazionale, l’incremento della partecipazione politica dei cittadini, il miglioramento della capacità economica e il superamento delle fratture sociali e culturali.
Deutsch partendo da queste premesse individua sette indicatori statistici per una misurazione in termini quantitativi del mutamento sociale:
Spostamento della popolazione dalla campagna alla città;
spostamento della popolazione dal settore agricolo a quello industriale e successivamente nei servizi;
aumento della popolazione e mutamento della sua composizione in relazione alle fasce di età;
crescita dell’alfabetizzazione;
maggiore esposizione ed uso dei mezzi di comunicazione di massa;
aumento del reddito pro capite;
passaggio da una cultura tradizionale e locale ad una moderna ed internazionale.
Le teorie di Arrow
Sebbene gli studi di Arrow siano relativi all’economia del benessere, essi hanno un notevole impatto anche in riferimento al problema delle decisioni collettive e delle relative regole, come relativamente ai rapporti tra governo democratico e dittatura. Egli asserisce che qualsiasi scelta si dibatte tra “valori” e “opportunità”, tra un insieme di scopi e la scarsità delle risorse che rende necessaria una scelta, questa avviene quindi attraverso qualche forma di collettività.
Ciascun individuo ha una propria scala di preferenze sui possibili stati sociali, diventa pertanto estremamente difficile una indicazione coerente di scelte collettive, né è dimostrabile la coerenza interna delle scelte effettuate da un gruppo a cui appartiene l’individuo, ammesso che il singolo effettui scelte coerenti, anzi non è infrequente l’intransitività delle preferenze individuali nelle scelte di gruppo.
Ne consegue che non è possibile evitare il paradosso di contraddizioni e disillusioni nelle decisioni di gruppo, si pone quindi il problema di una possibile regola “ottimale”nelle scelte collettive. Arrow pone alcune condizioni tecniche ed etiche iniziali nella ricerca di una “regola”:
Che la libertà di scelta dell’individuo non debba essere limitata, così che tutti gli ordini di preferenza possibili sono ammissibili;
che esista una relazione nelle procedure di voto tra le preferenze dei singoli membri e quelle del gruppo nel suo insieme (Criterio di Pareto);
che vi sia indipendenza delle alternative irrilevanti nelle votazioni;
che vi sia una libertà di scelta e di valori in un gruppo sovrano senza che si debba preoccuparsi dei soggetti esterni;
che vi sia, infine, l’esclusione di qualsiasi “dittatura” interna al gruppo.
L’unica regola che soddisfa tutte queste condizioni ma solo nell’ipotesi di una scelta limitata fra due è la regola della maggioranza semplice, tuttavia in presenza di un maggiore numero di scelte il passaggio dalla scelta individuale a quella collettiva non può che avvenire con “metodo dittatoriale”, non potendosi assicurare al contempo le precedenti cinque condizioni e la transitività collettiva.
Arrow ne deduce, da quanto detto, il cosiddetto “teorema della impossibilità generale”, per cui nelle scelte collettive assunte in un qualsiasi sistema democratico e con votazioni a maggioranza si manifesta un “paradosso delle decisioni sociali”, con risultati instabili se non contraddittori, essendo la razionalità collettiva priva di un significato coerente come la funzione di benessere sociale uguale per tutti. Le manifeste irrazionalità sembrerebbero spingere verso forme “autoritarie”, dove il potere di scelta è concentrato, tuttavia a queste conclusioni sono state opposte almeno due obiezioni.
La prima di Ducan Black ha messo in evidenza che se gli individui sono sufficientemente omogenei in termini culturali e di educazione, come nei gusti, preferenze ed atteggiamenti, il metodo della maggioranza può soddisfare le condizioni di Arrow . Infatti, una cultura politica condivisa crea ordini di preferenze ad una sola punta, questo anche in presenza di disaccordi sulle decisioni.
Dahl da parte sua propone di abbandonare l’ordine delle preferenze in modo ordinale proposto da Arrow per scegliere il metodo cardinale, altrimenti si rischiano decisioni prese a maggioranza ma fortemente “irrazionali”, essendo la scelta vincolata al metodo adottato nella successione delle alternative.
Emerge chiaramente l’importanza delle scelte culturali e di una educazione diffusa per la tenuta della democrazia, in cui il confronto non si trasformi in uno scontro destrutturante e superficiale, dove la comunicazione scritta, orale, visiva, con i suoi contenuti ne diventa elemento portante.
Bibliografia
Arrow K.J., Scelte sociali e valori individuali, Etas, 1977;
Black D., Economia del benessere e democrazia, Angeli ed., 1972;
Dahl R.A., Prefazione alla teoria democratica, Comunità, 1994.
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