L’analisi delle politiche pubbliche nel ‘900
Vi è un errore nel ritenere esservi una perfetta logica di pianificazione incrementale nell’azione della P. UNE., Lindblom abbandona qualsiasi modello astratto di razionalità, per quanto limitato, adottando la strategia dell’ “incrementalismo sconnesso” consistente in tutta una serie di successive comparazioni limitate, che consentono di ridefinire continuamente il problema con le sue soluzioni. Vi è un ritornare continuamente sui problemi e le scelte effettuate, valutando le conseguenze e i mezzi a disposizione, ne risulta un progressivo sostituirsi dei problemi ritenuti di volta in volta più urgenti.
Risultato ultimo di un tale procedere è che nella predisposizione del bilancio preventivo questo viene difficilmente considerato nel suo insieme, ma ci si concentra nei settori interessati, in quanto la maggior parte è costituito da impegni di lungo periodo obbligati, così che i calcoli partono sempre da una base preesistente (Rose e Davies).
Lowi individua quattro tipi di politica: “distributivo”, a favore di singoli individui o gruppi ristretti mediante concessioni e autorizzazione, tali politiche sono sostenute da organizzazioni ristrette che perseguono obiettivi circoscritti e precisi, solitamente attuate mediante negoziazioni e scambi di favori; “ridistributiva”, a favore di ampie categorie oppure classi sociali o di casi come quello dell’assistenza sociale, può essere usata inoltre come consolidamento di un potere politico in discussione, essa mobilita le grandi organizzazioni con una vasta base e i principali esponenti politici dell’esecutivo; “regolativa”, condiziona i comportamenti mediante norme autoritative, queste politiche innescano forti tassi di conflittualità, circostanza che dovrebbe indurre ad una certa prudenza, elemento che viene spesso a mancare nella politica pubblica nazionale, dove vi è un continuo ricorso alla regolamentazione d’urgenza al fine di tamponare situazioni deteriorate nel tempo. Sono politiche le quali producono decisioni “a somma zero”, con un perdente e un vincitore, motivo per future tensioni e rivincite successive; “costitutiva”, stabilisce le procedure per l’adozione delle politiche pubbliche e per la codifica dei rapporti tra i vari poteri, esse vengono abitualmente decise dalle èlite politiche e amministrative con possibili conflitti.
Sebbene Jones individui cinque fasi fondamentali in sequenza successiva, nella realtà il modello non deve essere interpretato in modo rigido, con relazioni prefissate: Identificazione del problema; Formulazione di soluzioni; Adozione di una decisione; Attuazione dell’azione; Valutazione dei risultati.
L’autore si concentra in particolare sui feed back che attraverso la retroazione modificano le fasi precedenti, il processo assume una fisionomia ciclica più o meno aperta e solo apparentemente risulta lineare, tanto che parti finiscono in molti casi a mutare ruolo durante il procedere delle varie fasi, che Anderson individua a sua volta in cinque fasi: Insorgenza del problema; Formulazione della policy; Adozione della policy; Attuazione e implementazione; Valutazione.
Mentre la massa che riveste la quasi totalità della popolazione rimane distaccata e passiva, i soggetti fortemente interessati a sostenere una determinata politica assumono, secondo Cobb ed Elder , la fisionomia di autentici “imprenditori politici” e come tali mobilitano le risorse umane e finanziarie necessarie, l’ampiezza di una capacità mobilitativa è fortemente aumentata con il diffondersi della tecnologia comunicativa, ma si sono altrettanto accresciute le possibilità manipolative dell’informazione.
Gli scopi di un “imprenditore politico” si possono raggruppare per gli autori in quattro tipologie: “correttivo”, in cui si avverte la necessità di correggere situazioni poco soddisfacenti che interessano direttamente; “strumentale”, l’imprenditore non è altro che un “patrocinatore” e come tale cerca ricompense; “migliorativo”, prevale l’interesse pubblico su quello privato; “reazione circostanziale”, le circostanze vengono a prevalere per l’iscrizione in agenda sulla eventuale pianificazione dell’imprenditore.
Pressman e Wildavsky osservano che in molti casi l’implementazione di una politica pubblica soffre di un “deficit di attuazione”, questo viene individuato sia nella tipologia di legami che si stabiliscono tra le diverse organizzazioni che intervengono nell’esecuzione, che negli interessi, valori e ruoli sostenuti dagli attori politici, burocrati, consulenti ed esperti coinvolti, né è possibile stabilire una gerarchia organizzativa effettiva se non formalmente, così che l’implementazione sebbene avvenga nella fase esecutiva è di per sé una forma di continuazione della lotta politica.
Bardach assimila la fase esecutiva ad una serie di “partite” tra vari giocatori, sia tra i decisori che gli esecutori, i quali possono alterare gli obiettivi, dirottare risorse, tentare di sottrarsi ai controlli, strumentalizzare la politica per altre politiche pubbliche, tanto che il processo appare seguire una logica circolare più che lineare, fino a renderne problematico il percorso ed ambigui i risultati (Rein e Rabinovitz).
Gli studi di Lipsky mettono in evidenza come, secondo il modello top-down , i burocrati “di base” a contatto con i clienti o utenti, sviluppano comportamenti che sfruttano gli spazi di discrezionalità per creare delle policy autonome, che vanno dalla creazione di ambienti più confortevoli nelle routines alla ricerca di vantaggi personali.
Nel modello botton-up si evidenziano tre gruppi di variabili interdipendenti (Majone e Wildavsky) che coinvolgono: Il processo di formulazione e attuazione del programma; Le risorse e i vincoli istituzionali; Il network organizzativo attivato dalla policy.
L’interagire degli eventi imprevisti, della base sociale, dei burocrati, dei gruppi organizzati, l’instabilità e l’ambiguità dei decisori, non è raro che porti mediante il fenomeno della retroazione alla modifica se non al blocco della policy di partenza, si fa strada quella che Hanf e Scharpf definiscono come il “campo interorganizzativo”, dove in una struttura “reticolare” una molteplicità di organizzazioni strutturate interagiscono sul corso della policy making.
Si è così parlato dell’esistenza di sottogoverni e dei “triangoli di ferro” con riferimento ai gruppi di potere, mentre in una prospettiva più ampia pluralista si è fatto riferimento all’immagine della “rete”, nella prospettiva dei gruppi di potere (triangoli di ferro) intervengono tre gruppi di attori (Mac Cool, Berry): I membri delle commissioni parlamentari che hanno competenza nella politica pubblica interessata, questi sono portati a scambiare favori con i gruppi di interesse che possono garantire ritorni economici ed elettorali; I dirigenti burocrati ed alti funzionari del settore amministrativo interessato, che si aspettano la riconoscenza nella velocità di attuazione e nel perseguimento dell’obiettivo; I gruppi di interesse, i quali provvedono allo scambio sia con i politici che con i burocrati.
L’immagine del “triangolo di ferro” sottolinea la rigidità delle relazioni tra gruppi di interesse, a questa immagine si è affiancata un’altra interpretazione che sottolinea tuttavia il carattere transitorio di molti rapporti (Heclo) e la difficoltà di coordinarli, così da dare particolare importanza ai processi comunicativi tanto da definirli dei processi a “rete” (issue network). A questa immagine i politologi europei hanno contrapposto la metafora della “policy community”, a metà tra la stabilità assoluta e la eterogeneità della rete ( Richardson e Jordan ), escludendo i settori che coinvolgono le associazioni degli imprenditori e dei lavoratori. Negli altri settori di policy prevale la “logica dell’accomodamento” dove vi è un progressivo esautoramento delle autorità, in un frazionamento decisionale e partecipativo nel coinvolgimento di ampie comunità.
Analizzando i processi di policy americani Van Horn, Baumer e Gormley, hanno individuato sei situazioni ricorrenti di combinazioni di attori e strutture di potere: Board – room politics, dove hanno sede le grandi imprese, per cui le decisioni delle elite economiche influenzano in forma determinante le politiche pubbliche; Bureaucratic politics, sottolinea la rilevanza dei burocrati che intervengono nell’individuazione dei problemi e nella definizione dell’agenda decisionale, superando l’idea della sola implementazione; Cloak – room politics, sono le politiche decise nelle apposite sedi istituzionali, con l’intervento dei politici, gruppi di interesse e burocrati; Chief executive politics, quelle politiche le quali hanno per iniziatori gli stessi leader politici eletti; Court – room politics, individua i processi decisionali dove i giudici con i loro interventi assumono un proprio ruolo nell’esecuzione delle politiche pubbliche; Living – roomo politics, quelle politiche pubbliche dove intervengono i mass – media, che pilotando l’opinione pubblica favoriscono, ostacolano o modificano l’attuazione delle policy.
All’interno degli studi di politiche pubbliche si è configurata una sottodisciplina denominata “policy analysis”, la quale si occupa dell’efficienza (rapporto tra quantità e qualità sia delle risorse immesse che dei risultati raggiunti), efficacia ( risultati effettivamente raggiunti ) ed equità ( distribuzione entro la comunità dei costi e dei benefici).
Secondo la configurazione di Dunn il “policy analyst” raccoglie informazioni e dati, mediante la tecnica del “problem structuring” fornisce indicazioni sul problema da affrontare, elenca le possibili alternative (forecasting), sottolinea le azioni più coerenti per conseguire efficacemente il programma ( recommendation), controlla i risultati ( monitoring) e fornisce le valutazioni finali (evaluation).
I progetti pubblici frutto delle politiche pubbliche hanno effetti sia sulla qualità che sulla quantità della vita umana, nonché dei forti impatti sull’ambiente, interviene in questo doversi districare tra varie possibili scelte e spinte il ricorso alla valutazione economica.
Affermare che un progetto è particolarmente importante senza fornire dei termini di valutazione rispetto ad altri progetti non è assolutamente sostenibile, in quanto le risorse dovranno pure essere sottratte da altri progetti.
La scala di valori su cui devono essere disposti i singoli progetti non può prescindere dall’aspetto economico, infatti per ciascun valore sociale vi sono varie possibilità di attuazione e l’efficacia di ciascuna decisione non può essere confusa con la determinazione del tutto politica delle priorità, dove i problemi distributivi sono insolubili se ridotti ai soli strumenti economici.
Restano comunque delle difficoltà nell’analisi economica di settori quali quello naturalistico e sanitario, in cui l’assegnare alle specie animali e vegetali dei valori economici è accettato con riserva considerando tutte le variabili che intervengono, da quelle della salute a quelle estetiche, fino alla conservazione per le future generazioni.
Altrettanto è nella sanità in cui il concentrare le risorse su un settore scopre altri settori, dove ad esempio l’allungare la vita aumenta i costi per la cura delle patologie, argomenti sgradevoli ma che purtroppo devono essere valutati in quanto limiti e problematiche le quali non possono essere ignorati nel bilancio, in un difficile equilibrio tra risorse finanziarie ed etica ( F. Nuti, La valutazione economica delle decisioni pubbliche. Dall’analisi costi-benefici alle valutazioni contingenti, valutare l’invalutabile: la vita umana e l’ambente, 454-484, Giappichelli ed., 2001).
Nel caso italiano, sebbene vi sia stato un forte incremento nella nascita di Autorità indipendenti (Cassese e Franchini), l’influenza del potere politico sull’amministrazione si è accresciuto con il passaggio a sistema dello “spoil system” delle riforme Bassanini. Il premiare il merito si è risolto spesso, in presenza di procedure e parametri non ben definiti, in arbitrio; la perdita della coesione gerarchica e la sua sostituzione con il concetto di flessibilità e adattabilità ha bisogno di “qualità”.
D’altronde l’informatica contiene in sé una necessaria e forte gerarchizzazione strutturale nella flessibilità operativa, si ha quindi una parcellizzazione funzionale nella ricerca di nuovi equilibri, strutture a macchia di leopardo sono emerse nell’apparato amministrativo dove viene meno quella netta distinzione tra governo, di parte, e Pubblica Amministrazione, fedele alla Costituzione dello Stato, propria del modello svedese, in cui la figura dell’ombudsman indipendente esercita la funzione di garante del buon funzionamento della P.A. e di tutela del cittadino da eventuali abusi dell’apparato.
La crisi dei primi anni novanta, con il venire meno dei due blocchi, ha fatto sì che si sciogliessero i tre pilastri su cui si incardinava l’amministrazione italiana, la “chiesa” democristiana e la “chiesa” comunista con il ponte, ora conflittuale ora collaborativo, dei partiti laici oltre al terzo puntello esterno della Nato-USA; la loro sostituzione con l’U.E. e l’ammodernamento informatico non hanno tuttavia sortito uguale forza come collante, né il bipolarismo si è consolidato, innescando ulteriori tensioni aggravate dalla crisi economica nel volgere del secolo e dalla perdita di competitività, in questo venendo meno un progetto culturale ed ideologico condiviso che il tecnicismo giuridico degli anni novanta sembrava prometter. (S. Cassese e C. Franchini – a cura di – i garanti delle regole, il Mulino 1996).
Bibliografia
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