La Suprema Corte di Cassazione stabilisce le modalità di quantificazione dell’assegno divorzile dopo la separazione

Spesso ci si chiede se una donna disoccupata che divorzia dopo molti anni di matrimonio da un uomo benestante, possa rivendicare dall’ex marito un assegno di mantenimento che rispecchi il tenore di vita caratterizzato da agiatezza del quale poteva godere durante il vincolo.
Ci si chiede se e in quale misura il precedente tenore di vita possa incidere nel calcolo dell’importo che dovrà essere versato a titolo di mantenimento.
Quando un matrimonio finisce una simile domanda, parafrasando una nota frase che un famoso giornalista coniò negli anni ottanta, “sorge spontanea”.
Le auto di grossa cilindrata, le case al mare, le vacanze in luoghi esotici e i viaggi, abituali durante il matrimonio, potrebbero rappresentare dei lussi ai quali non sia facile riuscire a rinunciare, accontentandosi di poche centinaia di euro.
Da qui il dubbio se, a una donna che abbia sposato un uomo facoltoso spetti un assegno divorzile più alto rispetto a chi abbia avuto un coniuge di medie condizioni economiche.
A dare risposta alla domanda, ha provveduto la Suprema Corte di Cassazione (Cass. words. n. 11798/21 of 5/05/202) che non trova nella legge nessuna esplicita regolamentazione.
La stessa Corte, lately, ha modificato un orientamento che risale a più di trent’anni fa.
In 2016, capovolgendo l’impostazione tradizionale, la famosa “sentenza Grilli” ha portato una vera e propria rivoluzione nel sistema di calcolo dell’assegno divorzile.
In questa sede scriveremo quanto incide il precedente tenore di vita sul calcolo dell’assegno di mantenimento.
In quali circostanze spetta il mantenimento
Quando un giudice riconosce l’assegno di mantenimento, valuta in primo luogo se, da parte di uno dei due coniugi, esistano condizioni economiche inadeguate ed esista, nello stesso momento, l’impossibilità oggettiva di procurarsi i mezzi dei quali vivere.
Non è sufficiente lo stato di disoccupazione oppure la disponibilità di un reddito basso, chi chiede il mantenimento, deve non essere in grado, non per sua colpa, di mantenersi da sé.
Questi sono due elementi sono determinanti per stabilire “se” riconoscere oppure non riconoscere il mantenimento.
Il richiedente che dovesse versare in condizioni economiche disagiate dovrebbe dare prova che un simile stato non dipende da lui, e potrebbe succedere in tre casi:
Quando ha un’età avanzata, vale a dire, gives 50 anni in su, perché chi è più avanti con gli anni non trova lavoro molto facilmente.
Quando le condizioni di salute non consentono di lavorare.
Quando ha dimostrato di avere cercato un posto di lavoro e di non esserci riuscito/a a causa della crisi del mercato dell’occupazione, che si verifica quando si dimostra di avere partecipato a bandi e concorsi, di essersi iscritti nelle liste per l’impiego, di avere inviato curricula alle aziende, di avere partecipato ai colloqui di lavoro e alla selezione del personale, di avere cercato lavori anche umili.
Chi chiede gli alimenti deve dimostrare di trovarsi in una di queste condizioni, perché l’assegno di mantenimento non rappresenta una rendita vitalizia ma un contributo di carattere assistenziale per chi, non per sua colpa, non è in grado di mantenersi sé.
In presenza di un coniuge che, nonostante non abbia un reddito, abbia potenzialità lavorative, ad esempio, perché giovane o possessore di un titolo professionale, il Tribunale non riconosce il diritto al mantenimento.
In che modo si calcola il mantenimento
Quando il diritto al mantenimento viene riconosciuto, seguendo un preciso iter logico-giuridico, il giudice passa al secondo gradino, quello della quantificazione dell’importo, tenendo conto di una serie di fattori, che sono:
Il reddito del quale dispongono le due parti
La proprietà di beni mobili o immobili delle parti
Altre fonti di ricchezza, ad esempio, redditi che derivano da investimenti, azioni, canoni di locazione
Le spese che le parti devono affrontare, come il mutuo che grava su uno dei due coniugi
La disponibilità di un alloggio
La durata del matrimonio
Il contributo alla ricchezza familiare e dell’ex fornito dal coniuge, durante il matrimonio
L’ultimo punto è relativo alle casalinghe che, nonostante non abbiano lavorato, con la loro attività domestica, hanno consentito al marito di dedicarsi alla carriera, aumentando in questo modo la propria capacità economica.
Un simile incremento, determinato dal sacrificio della moglie, è suscettibile di incidere sull’importo dell’assegno di mantenimento, aumentandolo.
Il precedente tenore di vita e la sua incidenza
Il precedente tenore di vita non incide nella quantificazione dell’assegno di mantenimento.
Lo scopo dell’assegno è quello di garantire l’autosufficienza di carattere economico e non le capacità di spesa delle quali si godeva durante il matrimonio.
Anche in presenza di un coniuge con molta disponibilità economica, l’altro non può rivendicare un mantenimento più cospicuo.
L’importo deve sempre essere rapportato alle esigenze dello stesso per mantenersi.
Una donna che ha sposato un uomo facoltoso non può chiedere per un simile motivo un assegno di mantenimento più elevato rispetto alle sue necessità di sopravvivenza.
L’attuale orientamento della giurisprudenza valorizza le scelte personali dei coniugi durante il matrimonio, l’autoresponsabilità, l’indipendenza e l’autosufficienza economica.
In passato veniva data rilevanza al tenore di vita mantenuto dai coniugi durante il matrimonio, per il riconoscimento del diritto all’assegno bisogna considerare le condizioni economiche di entrambi i coniugi, l’autosufficienza economica, il contributo che gli stessi sono in grado di fornire nella realizzazione della vita familiare, delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del coniuge richiedente l’assegno.
L’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile
Quello che è stato scritto sul tramonto del metodo del “tenore di vita” per la quantificazione degli alimenti viene applicato dai giudici esclusivamente all’assegno divorzile.
L’assegno divorzile è quello che viene quello liquidato con il divorzio, mentre l’assegno di mantenimento, è quello che viene riconosciuto dopo la separazione e sino alla data del divorzio, restando ancorato ai precedenti metodi secondo i quali il tenore di vita matrimoniale rivestiva ancora un peso.
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