La procedura giuridica per la modifica anagrafica del sesso

La procedura giuridica da seguire nel nostro ordinamento per la riattribuzzione chirurgica e anagrafica del sesso- sentenza del tribunale di paola n. 345/2021 pubbl. Il 17/05/2021-
Ognuno ha il diritto di veder riconosciuta formalmente e giuridicamente la propria identità di genere, lontano dalle discriminazioni che, purtroppo ancora oggi alle soglie del tremila permangono nella nostra società.
Il riconoscimento giuridico del genere di elezione comporta il diritto di ottenere documenti corrispondenti alla propria identità ed espressione di genere.
Identità di genere e disforia di genere
L’identità di genere si riferisce al sesso, femminile o maschile, che una persona sente proprio. Esistono persone nelle quali l’identità di genere e sesso biologico non corrispondono, pertanto si verifica una discrepanza.
Si parla allora di persone transessuali e/o transgender.
La persona transessuale avverte l’esigenza di modificare il proprio aspetto e/o la propria espressione di genere accordandoli alla propria interiorità, seguendo un percorso di transizione.
Transgender è invece un termine utilizzato con riferimento a coloro che si percepiscono come appartenenti a entrambi i generi o a un cosiddetto “terzo genere” neutro.
È comprensibile come dalla non coincidenza tra vissuto interiore e aspetto esteriore provoca una serie di conflitti interiori e di sofferenze e prende il nome didisforia di genere”, che può sfociare nell’individuo la decisione di intraprendere un percorso di transizione.
La normativa italiana
In Italia la possibilità di cambiare sesso con una conseguente riattribuzione chirurgica e anagrafica è regolata dalla legge n. 164 la 1982 e dal decreto legislativo n. 150 la 2011.
La rettificazione avviene con sentenza del tribunale che attribuisce ad una persona un sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita, a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali.
Il procedimento originario stabilito con la legge del 1982 prevedeva che la domanda per ottenere la rettificazione del sesso fosse introdotta nella forma del ricorso al Tribunale del luogo di residenza, ma prevedeva l’obbligatorietà dell’operazione chirurgica. Infatti bisognava fare due procedure in Tribunale:
Prima, ottenere l’autorizzazione all’intervento chirurgico di riassegnazione di genere.
Dopo l’operazione, ottenere l’autorizzazione a cambiare sesso e nome sui documenti.
Il decreto legislativo n. 15 la 2011 ha modificato la legge del 1982, rendendo cumulabili le domande: di autorizzazione al trattamento chirurgico demolitivo e di rettificazione degli atti di stato civile in cui recepire l’intervenuta riassegnazione del genere.
donc, nella legge del 1982 l’attenzione del legislatore e dei giudici era concentrata più sull’aspetto fisico del soggetto richiedente, che sulla condizione psicologica ed interiore.
La riforma del 2011 ha previsto che il Tribunale autorizzi l’intervento chirurgico di mutamento di sesso solo ove necessario, ammettendo quindi che l’accoglimento della domanda di rettificazione del genere prescinda dalla trasformazione fisica dell’individuo, e si fondi piuttosto sull’accertamento della condizione personale del richiedente, sulla serietà ed univocità del percorso di transizione e sulla compiutezza dell’esito.
Questo significa che, se la persona ha raggiunto una condizione di benessere psico-fisico e dimostra la propria immedesimazione nel genere percepito e vissuto come irreversibile in sede di colloquio con il giudice, non è obbligatorio che effettui l’intervento chirurgico e può ottenere il cambio del nome e del sesso anagrafico anche se decide di non operarsi.
La procedura per la rettificazione del sesso
La domanda giudiziale va proposta al Tribunale del luogo di residenza del richiedente e notificata ad eventuali coniuge e figli, ed al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale in cui viene istaurato il giudizio
Nel giudizio è possibile chiedere l’autorizzazione per l’intervento chirurgico di riattribuzione di sesso e la rettificazione del nome e del sesso, oppure solo quest’ultimo.
Ciò che va necessariamente provato, allegando documentazione specifica, è la disforia di genere della persona, nonché la irreversibile immedesimazione nel genere percepito e la eventuale trasformazione corporea avvenuta.
La domanda deve essere corredata da una documentazione psico-diagnostica e da una documentazione medica che attestino il percorso di affermazione di genere, la volontà irreversibile di rettificare il proprio sesso anagrafico, la immedesimazione definitiva e irreversibile nel genere vissuto e percepito come il proprio ed eventualmente la volontà di sottoporsi ad intervento chirurgico di riassegnazione del sesso. A tale documentazione va anche allegata una perizia endocrinologica, con prescrizione della cura ormonale avviata.
È disposta la audizione personale della parte e la disamina della documentazione medica.
Un aspetto importante è indubbiamente è il percorso psicologico che porta alla diagnosi di disforia di genere, che lo si può intraprendere presso una struttura pubblica o privata.
Entrambe, a percorso concluso, rilasciano una relazione da produrre necessariamente in Tribunale.
La comparizione personale del richiedente, con a corredo la documentazione attestante la cura ormonale in atto, può favorire il convincimento del giudice che si ritrova davanti una persona con un aspetto diverso dal genere attribuito sui documenti, senza eventualmente avvalersi della nomina di un CTU. Al termine del procedimento, il Tribunale con sentenza, determina il sesso della parte attrice e autorizza il trattamento di riassegnazione chirurgica del sesso, se richiesto, ordinando all’ufficiale di stato civile del Comune dove è stato compilato l’atto di nascita di effettuare la rettificazione nel relativo registro. Questo comporta altresì il cambiamento del nome e di tutti i documenti come il codice fiscale, la patente di guida, gli attestati scolastici, gli atti di proprietà, i contratti di lavoro, le utenze telefoniche ecc.
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