La Bigamia nell’ordinamento Italiano, la recente sentenza del Tribunale di Torino

La bigamia (dal latino bisdue voltee dal greco γάμοςnozze”) è una forma di poligamia in cui un soggetto è sposato contemporaneamente con altri due.
Dal punto di vista storico, la bigamia è stata identificata come reato dal codex iuris canonici il quale considerava le persone che contraevano un secondo matrimonio come degli infames (conseguentemente passibili di scomunica in caso di reiterazione dell’unione illecita).
Tale figura di reato è stata embrionalmente disciplinata dal Codice Zanardelli: in particolar modo l’art 359, secondo una interpretazione maggioritaria, riteneva la bigamia come un delitto contro l’istituto familiare, il quale si realizza nel momento in cui il matrimonio viene contratto. Requisiti fondamentali affinché si configuri il reato di bigamia, così come previsto dal Zanardelli, sono la costanza e validità del primo matrimonio: in caso di invalidità del precedente vincolo matrimoniale vi è l’esclusione del reato.
Attualmente tale figura è disciplinata dall’art 556 Kazneni zakon, za koji: ‘’chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili’’.
Il secondo comma della disposizione in questione prevede l’estinzione del reato in caso di nullità del precedente matrimonio o in caso di annullamento del secondo matrimonio.
Frequente in dottrina è la distinzione tra bigamia propria ed impropria: la prima si realizza nel momento in cui un soggetto già legato da matrimonio con effetti civili contrae un altro matrimonio; la seconda si caratterizza per lo stato libero del soggetto attivo.
Così come stabilito nella sentenza n. 331/2009 della Cassazione, la bigamia costituisce dunque un reato bilaterale: la sua realizzazione è subordinata all’attività di due persone, i quali vengono identificati come autori materiali; ciò però non toglie che un soggetto possa risultare non imputabile o non punibile per cause soggettive, le quali non influiscono sulla punibilità dell’altro.
Di notevole rilevanza ed impatto è la recente Sentenza del Tribunale di Torino in cui i giudici hanno assolto un bigamo per particolare tenuità del fatto in virtù dei motivi culturali del soggetto (nella decisione del giudice, Andrea Natale, potrebbe avere pesato anche il fatto che nessuna delle due mogli si sia costituita parte civile).
Nel settembre del 2015 il Marocchino Ahmed, di religione islamica, sposa nel suo paese d’origine una donna di nome Fatima; nel novembre dello stesso anno il soggetto in questione convola a nozze con un’Italiana di nome Loredana.
Nonostante la richiesta del PM Paola Bellone di una condanna ad 8 mesi di reclusione, l’avvocato difensore di Ahmed ha eccepito la non sussistenza del reato in virtù dello scioglimento del precedente vincolo matrimoniale sulla «base della legge islamica, che prevede una semplice dichiarazione di ripudio del marito».
La decisione del Tribunale di Torino sembra sottolineare il forte rapporto tra fattore culturale e diritto penale: l’esistenza di motivi religiosi funge da esimente nella commissione del reato, giustificando addirittura la non punibilità del caso di specie.
Tale sentenza costituisce un’innovazione per quanto riguarda il reato di bigamia, ma già in passato alcuni giudici italiani sulla scia della cultural defense (di matrice statunitense) hanno riconosciuto la rilevanza del motivo religioso-culturale quale esimente del reato: naročito, nei più frequenti casi di specie si trattava di procedimenti a carico di genitori che avevano sottoposto le figlie ad infibulazione; i magistrati concludevano i giudizi con pronunce di non colpevolezza o di riduzione della pena prevista per il reato ex art 582 cp (lesione personale), assumendo il fattore culturale e religioso quale esimente del reato.
Nella dottrina prevalente non sembra affatto convincente l’applicazione discrezionale da parte del giudice delle esimenti culturali: il singolo magistrato, per una corretta applicazione delle stesse dovrebbe avere una conoscenza approfondita di usanze e obblighi derivanti dagli ordinamenti religiosi che, per natura, sono in realtà estranei alla propria sfera di competenza; correndo, di conseguenza, il rischio di poter violare i principi di legalità e laicità dell’ordinamento penale italiano.
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Bibliografia
Barbara Randazzo, Diversi ed eguali: le confessioni religiose davanti alla legge, Giuffrè Editore, Milano, 2006.
La Repubblica di Torino, Torino, marocchino sposa due donne: assolto dall’accusa di bigamia pertenuità del fatto”.
Treccani, Definizione e storia della Bigamia.
Fabio Basile, il reato di “pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili” alla prova della giurisprudenza, in Stato, Chiese e Pluralismo Confessionale.
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