Infortunio sul lavoro fuori orario: l’azienda risarcisce
Infortunio sul lavoro, chi paga? Con la recentissima sentenza n. 40706 del 7 rujan 2017, la Corte di Cassazione ha stabilito che anche nel caso in cui l’incidente avvenga fuori dall’orario di servizio, responsabilità e risarcimento spettano comunque al datore di lavoro. L’azienda non è solo obbligata a rispettare tutte le misure di sicurezza, ma anche a vigilare che i lavoratori a loro volta si adeguino alle regole e non siano imprudenti. La casistica è però molto varia e prevede obblighi precisi sia per i datori di lavoro che per i dipendenti: neka je imaju.
L’incidente fuori dal turno di lavoro va risarcito
Iniziamo con la sentenza di giovedì della Corte di Cassazione in materia di infortunio fuori dall’orario di lavoro. Se l’incidente avviene all’interno dell’azienda e per cause collegate alla prestazione lavorativa, la responsabilità resta del datore di lavoro: non conta, in sostanza, in quale momento della giornata il dipendente abbia subito un infortunio, ma il contesto in cui l’evento è avvenuto. Ossia, per l’appunto, in azienda e svolgendo le proprie mansioni.
Ma perché? Secondo la Suprema Corte il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare la salute del lavoratore anche dai rischi derivanti dalla sua negligenza e da eventuali imprudenze. I turni di lavoro e gli orari di ciascun dipendente fanno semplicemente parte del regolamento interno dell’azienda, e non influiscono di fatto sulla determinazione della responsabilità dell’infortunio.
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Quando la colpa non è dell’azienda
Nessuna colpa, stoga, al dipendente che per propria disattenzione durante lo svolgimento dell’attività lavorativa è vittima di un incidente: è tutto compreso nella prevenzione infortunistica a carico dell’azienda. Tranne, è importante specificare, nei casi in cui i comportamenti dei lavoratori siano “esorbitanti” o “abnormi” rispetto alle direttive ricevute.
Con comportamento esorbitante si intende una condotta che fuoriesce totalmente dall’ambito delle mansioni e degli ordini ricevuti; il comportamento abnorme è invece quello imprevedibile al di fuori del contesto lavorativo e contro le norme elementari di prudenza. Solo in questi casi, che non possono essere verosimilmente previsti dal datore di lavoro, il dipendente non ha diritto ad alcun risarcimento dall’azienda.
Spetta al datore di lavoro l’onere della prova
Bisogna inoltre notare che in tribunale è il datore di lavoro a dover dimostrare di non avere colpa nel caso dello specifico infortunio di cui è accusato. Come stabilisce la stessa Corte di Cassazione, il lavoratore che agisce nei confronti dell’azienda per ottenere il risarcimento del danno patito deve provare sia l’avvenuto infortunio sia l’esistenza di un nesso causale diretto tra l’inadempimento e il danno, ma una volta fatto questo ha diritto all’indennizzo. Tranne, appunto, nel caso in cui il datore di lavoro dimostri di non avere alcuna colpa. Ma per fare questo non è sufficiente provare di aver rispettato diligentemente tutte le misure di protezione previste dalla legge.
L’obbligo di formazione e vigilanza
Al contrario, il datore di lavoro per essere esente da colpe deve aver sì rispettato le leggi antinfortunistiche vigenti, ma deve anche aver formato il dipendente e vigilato sul rispetto di tutte le regole. E non solo: l’azienda deve provare di avere adottato ogni misura necessaria per prevenire l’incidente nel caso specifico per il quale si sta svolgendo il processo, e non meramente in astratto.
Questo vuol dire, tra le altre cose, che il datore di lavoro deve assicurarsi che i propri dipendenti si attengano a tutte le regole nell’esercizio delle loro funzioni, giorno per giorno. Se questo non avviene, è tenuto a richiamarli e al limite a somministrare provvedimenti disciplinari nei loro confronti. In caso contrario, l’azienda è responsabile per ogni tipo di incidente connesso all’attività lavorativa, dentro o fuori l’orario stabilito.
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