In materia di esecuzione penale, è di norma necessaria la richiesta del pubblico ministero, dell’interessato o del difensore
(Annullamento senza rinvio)
(Riferimento normativo: C.p.p., art. 666)
Il fatto
La Corte di appello di Torino, quale giudice dell’esecuzione, confermava ai sensi dell’art. 578-bis c.p.p. la confisca di beni mobili ed immobili disposta con la pronuncia emessa dal locale Tribunale il 26/3/2014, riformata – per intervenuta prescrizione del reato contestato (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5) – dalla stessa Corte di merito e divenuta definitiva.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il condannato, per mezzo del suo difensore, deducendo le seguenti censure: a) inosservanza o erronea applicazione del combinato disposto dell’art. 322-ter c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, art. 25 Cost., comma 2, art. 7 CEDU in quanto, premessa la natura pacificamente sanzionatoria della confisca per equivalente, se ne sosteneva l’irretroattività tale da impedirne l’applicazione a condotte antecedenti alla L. n. 190 del 2012 con la quale era stato inserito nell’art. 322-ter c.p. (a sua volta richiamato dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143) il riferimento al profitto del reato; in particolare, la Corte di appello, applicando l’istituto a condotte antecedenti al (…), avrebbe quindi violato le norme sopra riportate attribuendo alla confisca per equivalente un’inammissibile efficacia retroattiva;
b) la medesima censura, di seguito, era mossa con riguardo anche all’art. 27 Cost. e art. 578-bis c.p.p. atteso che tale norma da ultimo menzionata avrebbe potuto esser applicata alla confisca per equivalente soltanto con riferimento a condotte successive all’entrata in vigore della L. n. 3 del 2019, con la quale nella stessa disposizione è stato inserito il riferimento all’art. 322-ter c.p.; ciò sul presupposto che l’art. 578-bis in esame amplierebbe l’ambito di applicazione della confisca per equivalente, a carattere sanzionatorio, non esaurendo dunque i propri effetti in ambito processuale ma incidendo anche sulle norma di diritto sostanziale; c) analoga censura, ancora, era proposta sulla stessa norma sotto un diverso profilo affermandosi, in particolare, che la Corte di appello – avvalendosi della previsione in oggetto – avrebbe potuto confermare con una sentenza di condanna meramente sostanziale (ossia, limitandosi a richiamare quanto sostenuto dal Tribunale) soltanto la confisca diretta disposta in primo grado, non anche quella per equivalente, che – per il citato carattere afflittivo – avrebbe imposto il rispetto di tutte le garanzie proprie del processo penale, con una pronuncia di condanna di natura sostanziale e rilevandosi al contempo che le Sezioni unite (n. 3167/2015), peraltro, avrebbero affermato che, a fronte di un reato estinto per prescrizione, il Giudice di appello potrebbe disporre la sola confisca diretta, non quella per equivalente, con indirizzo che dovrebbe esser ribadito pur a fronte dell’art. 578-bis c.p.p. che, per vero, sembrerebbe riferirsi anche a quella indiretta qui in esame; orbene, tanto premesso, nel caso di specie, la Corte di merito, secondo il ricorrente, si sarebbe limitata a condividere gli argomenti spesi dal Tribunale senza svolgere alcuna considerazione circa la sussistenza degli elementi costitutivi del reato ascritto, dunque senza alcuna condanna formale; c) il vizio motivazionale, da ultimo, veniva lamentato con riguardo all’intero provvedimento impugnato che non avrebbe risposto alle censure mosse in punto di applicabilità della confisca per equivalente e dell’art. 578-bis c.p.p. al caso di specie, nè si sarebbe pronunciato sull’eccezione di costituzionalità sollevata nel corso dell’incidente di esecuzione.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
L’ordinanza impugnata veniva annullata senza rinvio.
Si osservava prima di tutto come la vicenda processuale in esame si fosse sviluppata con carattere del tutto anomalo nei seguenti termini: 1) il Tribunale di Torino aveva dichiarato l’odierno ricorrente colpevole del delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5 irrogando allo stesso, oltre alla pena, la misura di sicurezza della confisca per equivalente, sino alla concorrenza di 77.468,53 Euro; 2) con sentenza predibattimentale, ed in parziale riforma della precedente, la Corte di appello di Torino aveva dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato ascrittogli perché estinto per prescrizione nonchè revocato le pene accessorie confermando “nel resto la sentenza appellata” e dunque anche in punto di confisca.
Questa pronuncia, a sua volta, non era stata impugnata, divenendo quindi irrevocabile.
Dal canto suo, instaurando motu proprio un incidente di esecuzione, la stessa Corte di appello aveva poi inteso applicare in quella sede l’art. 578-bis c.p.p., norma propria della fase della cognizione, ed aveva così emesso un’ordinanza – qui impugnata – con la quale aveva confermato la confisca già disposta a carico del condannato sino alla concorrenza della somma indicata.
Ciò posto, ricostruita la vicenda in questione in siffatti termini, gli Ermellini affermavano come la Corte di merito non avrebbe potuto disporre un incidente di esecuzione di propria iniziativa, a ciò occorrendo – ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 1, e salvo che per l’applicazione dell’amnistia o dell’indulto – la “richiesta del pubblico ministero, dell’interessato o del difensore”; con conseguente vizio di nullità insanabile del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. b), (Sez. 3, n. 10108 del 21/1/2016, proprio in tema di confisca; tra le altre, Sez. 1, n. 2939 del 17/10/2013; Sez. 1 n. 29203 del 23/5/2013; Sez. 1, n. 11766 del 28/2/2012) rilevandosi al contempo (Sez. 1, n. 29203/2013, cit.) che un isolato precedente difforme (Sez. 3, n. 6901 del 18/11/2008) – nel quale si era affermato che la mancata richiesta del pubblico ministero per l’avvio del procedimento di esecuzione, non comportava nullità, non equivalendo all’iniziativa relativa all’esercizio dell’azione penale di cui all’art. 178 c.p.p., lett. b) – non poteva, secondo la Suprema Corte, essere condiviso “in quanto la regola generale della domanda e il correlato divieto “ne procedat judex ex officio” rappresentano un principio generale dell’ordinamento giuridico in coerenza con il 2 disposto del novellato art. 111 Cost. in tema di giusto processo e di terzietà del giudice, requisito che esclude la possibilità della iniziativa officiosa del giudicante nella promozione del procedimento sul quale deliberi”.
L’ordinanza della Corte di appello, pertanto, veniva annullata senza rinvio.
Conclusioni
La decisione in questione è assai interessante nella parte in cui è postulato, citandosi una giurisprudenza maggioritaria, che il giudice non può disporre un incidente di esecuzione di propria iniziativa ciò occorrendo – ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 1, e salvo che per l’applicazione dell’amnistia o dell’indulto – la “richiesta del pubblico ministero, dell’interessato o del difensore”.
Ove invece l’autorità giudicante dovesse procedere in tal senso, sempre secondo quanto dedotto in siffatta pronuncia, un provvedimento di questo genere sarebbe affetto da nullità insanabile ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. b).
Questa sentenza, dunque, deve essere presa nella dovuta considerazione ove si verifichi una situazione procedurale di questo genere fermo restando che, essendoci un precedente, seppur isolato, comunque difforme, sarebbe comunque opportuno che su tale questione intervenissero le Sezioni Unite.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale decisione, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica procedurale, non può che essere positivo.
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