Il rapporto tra concussione e corruzione

Concussione e corruzione a confronto
Questo contributo è tratto da

Reati contro la Pubblica Amministrazione
Valentino Battiloro, Antonio Di Tullio D’Elisiis, Gabriele Esposito, Domenico Giannelli, Alfonso Laudonia, 2021, Maggs Verlag
Con un taglio fortemente pratico, l’opera analizza le singole fattispecie penali previste dal codice sostanziale contro la pubblica amministrazione.
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Se l’elemento necessario che accomuna la concussione e la corruzione, “è l’esistenza di una indebita erogazione del privato al pubblico agente” (175) mentre l’elemento “eventualmente comune (e necessario solo nella corruzione propria) è un esercizio antigiuridico dei propri compiti da parte del pubblico agente” (176), l’“elemento discriminante della concussione rispetto alla corruzione è costituito dalla presenza, nella prima, di una volontà prevaricatrice del pubblico ufficiale, condizionante la volontà del privato (…), per effetto della quale quest’ultimo versa in stato di soggezione di fronte alla condotta del pubblico ufficiale, mentre nella corruzione i due soggetti vengono a trovarsi in posizione di sostanziale parità (…), accordandosi, con manifestazioni di volontà convergenti, sul pactum sceleris (…)“ (177); in altri termini, ai “fini della individuazione degli elementi differenziali tra i reati di corruzione e di concussione, occorre avere riguardo al rapporto tra le volontà dei soggetti, che nella corruzione è paritario ed implica la libera convergenza delle medesime verso la realizzazione di un comune obiettivo illecito, mentre nella concussione è caratterizzato dalla presenza di una volontà costrittiva (…) del pubblico ufficiale, condizionante la libera formazione di quella del privato, il quale si determina alla dazione, ovvero alla promessa, soggiacendo all’ingiusta pretesa del primo solo per evitare un pregiudizio maggiore” (178) atteso che la “struttura della concussione evoca una sorta di aggressione del pubblico ufficiale contro il privato; nella corruzione invece si versa in una situazione di accordo sinallagmatico tra le parti e si è al di fuori dello stato di soggezione del privato rispetto alla forza prevaricatrice del pubblico funzionario” (179).
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D’altronde, ai fini della configurabilità della concussione, come già visto in precedenza, “lo stato di soggezione del soggetto passivo può assumere configurazioni molteplici, non richiedendosi in capo al privato uno stato psicologico di timore siccome ingenerato dalla presenza di un pubblico ufficiale, ma è sufficiente che il privato si determini alla dazione (ovvero all’«accordo») non per timore, inteso in senso psicologico, del pubblico ufficiale, ma anche solo per evitare un maggior danno” (180) così come “l’eventuale insorgere di trattative tra il pubblico ufficiale ed il privato non comporta necessariamente il configurarsi del delitto di corruzione, quando la volontà del privato stesso sia coartata e non sia libera di determinarsi; né vale ad escludere la concussione il fatto che l’iniziativa sia stata presa dal privato e non dal pubblico ufficiale, allorché il primo abbia agito nel timore del danno minacciatogli dal secondo o per evitare maggiori danni e molestie” (181) mentre “non è di per sé decisivo l’eventuale vantaggio che deriva al privato dall’accettazione della illiceità proposta del pubblico ufficiale, essendo determinante soltanto la esistenza o meno di una situazione idonea a determinare uno stato di soggezione del privato nei confronti del pubblico ufficiale” (182).
La sottoposizione psicologica
In altre parole, il «metus» publicae potestatis, che rileva ai fini dell’integrazione del delitto di concussione, “non va inteso come effettivo intimorimento del privato (come è dimostrato dal fatto che il reato sussiste anche se il privato si determina alla prestazione indebita non per timore del pubblico ufficiale, ma esclusivamente per evitare ulteriori guai o noie), ma di generica sottoposizione psicologica del concusso rispetto al soggetto attivo” (183) in quanto ciò “che conta, in definitiva, è che il pubblico ufficiale, avvalendosi del proprio potere, determini la libera volontà del privato o attraverso un comportamento costringente (…) operando così una pressione psichica sul soggetto passivo” (184) la quale a sua volta “sussiste tutte le volte in cui al privato il pubblico ufficiale fa comprendere o attraverso un’esplicita specificazione o anche implicitamente attraverso comportamenti inequivoci, che nell’attività di ufficio esso pubblico ufficiale sarà determinato non dagli interessi generali della pubblica amministrazione, ma dal fattore che il privato si assoggetti all’illegittima pretesa di corrispondere l’utilità richiesta, per cui la minaccia di orientare la propria decisione esclusivamente in funzione di ottenere la predetta utilità pone il privato in condizione di soggezione, ne coarta la libera volontà e costituisce da un lato il presupposto del reato e dall’altro l’elemento scriminante del reato medesimo da quello di corruzione” (185).
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