Il rapporto di colleganza tra i consulenti di parte avversa e di ufficio non li obbliga all’astensione
Per sussistere un vero e proprio onere di astensione deve essere dimostrata la sussistenza concreta di un rapporto di lavoro o professionale stabile con la presenza di interessi economici ovvero di un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del dovere di imparzialità.
È quanto stabilito dal Tar Lombardia –Brescia sez. I n.1021 depositata il 10/8/17.
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Alcune madri contestavano i lavori di ampliamento di un edificio comunale inizialmente destinato a scopi didattici ed ad ospitare la locale scuola materna frequentata dai loro figli ( piano interrato e due piani soprastanti). Il primo piano poi subiva una modificazione d’uso ed era adibito a biblioteca, sì che le ricorrenti impugnavano per una pluralità di motivi il certificato che attestava <<l’agibilità dei locali adibiti, al primo piano, a biblioteca comunale, ritenendo non sufficientemente approfondito il pericolo connesso al notevole incremento dei carichi determinato dai libri collocati sugli scaffali>> e temendo un crollo strutturale.
Il G.A. nominò un verificatore per controllare, anche con sopralluoghi ed alla luce della normativa vigente in materia, la sicurezza e la stabilità dell’edificio (anche dal punto di vista delle norme antisismiche e contro i rischi d’incendio) e quindi la fondatezza del ricorso, che è stato respinto perché infondato. Le ricorrenti però contestarono un conflitto d’interessi tra il CTU ed il CTP del comune, contestando la mancata astensione di uno dei due periti visto che avevano frequenti rapporti professionali.
Le linee guida del CDS sull’onere di astensione
Il G.A. ribadisce che l’art. 51 cpc, regolante i casi di astensione del giudice, si applica ad ogni campo del diritto amministrativo, ma riguardando solo pochi e tassativi casi previsti dalla legge è impossibile una loro esegesi estensiva in via analogica anche per preservare la certezza del diritto. Alla luce di ciò il CDS, tramite la propria prassi, ha stilato un codice di condotta circa l’amministrazione di alcuni settori, soprattutto quello dei concorsi pubblici che si può adattare anche al nostro caso.
Infatti chiarisce che <<soprattutto con riferimento ad ambiti universitari e del pubblico impiego, è stato costantemente escluso che la sussistenza tra commissario e candidato di rapporti accademici e/o di ufficio, di frequentazione di corsi tenuti da docenti-commissari, di pubblicazione congiunta di lavori scientifici, di condivisione di contributi scritti, di percezione di diritti d’autore, siano situazioni idonee a integrare gli estremi delle cause d’incompatibilità previste dall’art. 51 c.p.c.>> (CDS 3373/17 e 4015/13).
La colleganza non è causa ipso iure di astensione
Non comporta alcun onere di astensione ex art. 51 purchè non vi sia<<anche una comunanza di interessi, economici, di vita>> id est questo onere non sussiste, come sopra esplicato, <<in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità tale da dar luogo a un vero e proprio sodalizio professionale >> che può far sorgere il dubbio che il giudizio non sia improntato al rispetto del dovere d’imparzialità (Tar Trento 350/16 e CDS 1628/16).
Non era ravvisabile nella fattispecie essendo chiaro che c’era una mera reciproca conoscenza accademica e personale: uno era un professore associato ancora in attività, l’altro un professore emerito (era in pensione da 2 godine) ed avevano avuto rapporti professionali per collaborazioni didattiche, erano coautori di alcuni testi e membri di uno stesso gruppo di ricerca tecnica in qualità di professore ordinario e di ricercatore.
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