Il provvedimento che decide sulla dichiarazione di astensione è sottratto ad ogni forma di gravame
(Ricorsi dichiarati inammissibili)
Il fatto
Il GIP del Tribunale di Campobasso riteneva non sussistenti i presupposti per la propria astensione sollecitata dalle difese con istanza proposta al di fuori di qualsiasi iniziativa in tema di ricusazione.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Proponevano ricorso per Cassazione gli imputati deducendo violazione dell’articolo 34 comma secondo codice di procedura penale in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 1992 nonché degli articoli 36 lett. G) e 41 primo comma codice di procedura penale non potendosi porre in dubbio a loro avviso la sussistenza di una causa di astensione all’esito del patteggiamento pronunciato dallo stesso giudice nella medesima vicenda in relazione alle posizioni di alcuni concorrenti nel medesimo reato.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
I ricorsi venivano reputati inammissibili in quanto proposti avverso un provvedimento non impugnabile avendo la Cassazione già segnalato che l’esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., allorché non rilevata dal giudice con dichiarazione di astensione, nè tempestivamente dedotta con istanza di ricusazione, non incide sulla capacità dello stesso e, conseguentemente, non dà luogo alla nullità prevista dall’art. 178, comma primo, lett. a), cod. proc. pen. (Sez. 6, Sentenza n. 39174 del 09/09/2015; Sez. 1, Sentenza n. 10075 del 25/06/2014) fermo restando che, anche in ragione di tale presupposto, risultava principio di diritto consolidato quello per cui il provvedimento che decide sulla dichiarazione di astensione è sottratto ad ogni forma di gravame, sia per il principio di tassatività delle impugnazioni, sia perché si tratta di provvedimento meramente ordinatorio, di natura amministrativa e non giurisdizionale, i cui effetti rimangono limitati nell’ambito dell’ufficio (Sez. 5, Sentenza n. 33356 del 06/06/2008; Sez. 1, Sentenza n. 40159 del 30/09/2009).
In sostanza, proseguiva la Suprema Corte nel suo ragionamento giuridico, l’ordinamento riconosce uno strumento tipico al soggetto che voglia far valere le cause di incompatibilità del giudice costituito dall’istanza di ricusazione proposta in modi e forme previsti dall’articolo 37 codice di procedura penale e, quindi, in tutti i casi in cui il ricorrente ometta di proporre tale istanza, non può ritenersi sussistente alcuna posizione giuridica tutelabile sul punto rimanendo le decisioni del giudice procedente attività meramente interna che, non determinando profili di nullità, non risultano ulteriormente sindacabili se non, come detto, nelle forme dell’articolo 37 codice di procedura penale estranee al presente giudizio.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui, citandosi giurisprudenza conforme, dopo essere stato postulato che l’esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., allorché non rilevata dal giudice con dichiarazione di astensione, né tempestivamente dedotta con istanza di ricusazione, non incide sulla capacità dello stesso e, conseguentemente, non dà luogo alla nullità prevista dall’art. 178, comma primo, lett. a), cod. proc. pen., si afferma che il provvedimento che decide sulla dichiarazione di astensione è sottratto ad ogni forma di gravame, sia per il principio di tassatività delle impugnazioni, sia perché si tratta di provvedimento meramente ordinatorio, di natura amministrativa e non giurisdizionale, i cui effetti rimangono limitati nell’ambito dell’ufficio.
E’ quindi sconsigliabile, perlomeno alla stregua di questo orientamento nomofilattico, impugnare il provvedimento che decide sulla dichiarazione di astensione essendo evidente il concreto rischio che una impugnazione di questo genere venga dichiarata inammissibile.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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