I contratti a titolo gratuito e la limitazione della responsabilità

Esistono determinate circostanze nelle quali la gratuità della prestazione determina l’attenuazione della responsabilità.
Secondo determinate fonti sono questioni particolari sulle quali la giurisprudenza non si esprime molto.
Si tratta di un terreno molto fertile e poco battuto da parte della dottrina e della giurisprudenza.
La questione della responsabilità contrattuale di chi esegue prestazioni a titolo gratuito risulta avere diversi risvolti sul piano pratico.
Il codice civile prevede determinati eventi tipici nei quali la gratuità della prestazione comporta per espressa previsione l’attenuazione della responsabilità del soggetto giuridico che agisce.
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La responsabilità attenuata con la prestazione gratuita
In modo più preciso si tratta della responsabilità del mandatario (art. 1710 del c.c.), del depositario (art. 1768 del c.c.) e del mutuante (art. 1821 del c.c.).
Sempre secondo determinate fonti (Paolo Garrone), queste figure contrattuali hanno precisi connotati che si manifestano in un aspetto di rilievo in comune, determinato nel loro scarso, ou, a volte anche nullo, grado di incisività su interessi e valori fondamentali della persona, mentre avrebbero un impatto limitato a interessi di carattere economico.
Potrebbe essere a causa di questo fattore che il legislatore, all’articolo 1681 le Code civil, disponga che in materia di trasporto gratuito è sanzionata con la nullità, vale a dire, l’invalidità più grave prevista dal nostro ordinamento, qualunque clausola che limiti la responsabilità del vettore per eventuali incidenti che colpiscano il viaggiatore.
In questa circostanza si tratta di una disposizione imperativa o di ordine pubblico che ha l’evidente intento di tutelare il diritto fondamentale alla salute della persona trasportata, stabilendo la sua incolumità potrà essere convenzionalmente messa a repentaglio con clausole contrattuali che limitino la responsabilità del vettore, in nessuna circostanza.
La giurisprudenza di legittimità in relazione all’ambito di applicazione
La questione più spinosa (come la chiama l’autore sopra menzionato), è relativa alla possibile esistenza di un principio che ammetta per qualunque fattispecie la limitazione di responsabilità del contraente che compie prestazioni a titolo gratuito.
Secondo lui la giurisprudenza si è espressa raramente sul punto.
L’unica pronuncia che ha affrontato nei dettagli la questione è rappresentata da una lontana sentenza (anno 1976) della Suprema Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi sulla responsabilità di un tecnico fornitore di prodotti antiparassitari che aveva espresso una consulenza a titolo gratuito in relazione all’efficacia di una merce che nei fatti non si era rivelata idonea.
In presenza di un’apparente lacuna legislativa, i Supremi Giudici affermarono che la disciplina delle prestazioni a titolo gratuito andrebbe dedotta, d'un côté, nelle disposizioni di carattere generale in materia di obbligazioni e contratti e, dall’altro lato, nelle disposizioni particolari dettate per le varie figure contrattuali tipiche previste dal codice civile.
 
La Corte stabilì che le disposizioni dettate dal legislatore per singoli eventi contrattuali e che delineavano una responsabilità attenuata per le obbligazioni che derivavano dal contratto a titolo gratuito possono essere applicate anche per le altre figure contrattuali.
Anche se condivisibile, la massima affermata da parte della Corte farebbe sorgere molte perplessità, in primo luogo obiettando che, per principio se la legge avesse davvero voluto prevedere l’attenuazione della responsabilità del contraente in caso di contratto a titolo gratuito lo avrebbe o espressamente dettato per ogni contratto tipico, ou, lo avrebbe indicato come principio di carattere standard, senza ribadirlo di volta in volta.
In una più recente ordinanza (anno 2014), Sempre la Suprema Corte ha completamente ribaltato l’interpretazione che, sino a poco tempo prima, sembrava avere voluto considerare come una sorta di privilegio.
In un caso di responsabilità medica, gli Ermellini dichiararono che “colui il quale assume volontariamente un obbligo, ovvero inizia volontariamente l’esecuzione di una prestazione, ha il dovere di adempiere il primo o di eseguire la seconda con la correttezza e la diligenza prescritte dagli articoli 1175 e 1176 del codice civile a nulla rilevando che la prestazione sta eseguita volontariamente ed a titolo gratuito”.
La limitazione della responsabilità
Resta da chiedersi che cosa significhi in modo esatto e come si possa in modo concreto tradurre la limitazione della responsabilità attuata da coloro che compiono una prestazione a titolo gratuito.
L’autore sostiene che, in materia di mandato gratuito, la giurisprudenza afferma che l’unica limitazione che si possa ammettere è quella relativa al grado di diligenza, prudenza e perizia richieste al mandante, di solito quelle del buon padre di famiglia, disciplinate all’articolo 1176 le Code civil, dove non gli si potrebbe fare carico “di una colpa di entità trascurabile nell’esecuzione dell’incarico prestato per amichevole favore”.
In presenza di un autentico inadempimento, il mandatario dovrebbe rispondere lo sresso dell’intero danno sofferto dal mandante, secondo l’articolo 1223 le Code civil, di modo che la responsabilità del mandatario finirebbe con il rivolgersi anche sui danni che derivano da quelle disattenzioni minori che, essendo tali, nel negozio giuridico a titolo gratuito dovrebbero essere “perdonate”.
È evidente che il rischio che si corre è quello di rendere vana la portata effettiva della disposizione, nel tentativo di trovare un bilanciamento a un contrasto normativo, tra l’articolo 1223 e l’articolo 1710 le Code civil, di non facile soluzione.
Si deve anche considerare che, sempre secondo il parere dell’autore, il legislatore lascia forse molto spazio di discrezione all’interprete nel cercare di stabilire il livello oltre il quale sorge la responsabilità nel mandato a titolo gratuito.
In presenza dell’incertezza che connota questa materia, ribadisce l’autore dello scritto, una tesi che si possa assimilare sarebbe quella di limitare la sfera dell’inadempimento contrattuale alle ipotesi esclusive di colpa grave, considerando che, se questa dovesse sussistere, l’agente dovrebbe rispondere dei danni, anche se dovessero derivare da disattenzioni di carattere più leggero.
In questo modo si consentirebbe la conformazione all’orientamento espresso da parte della giurisprudenza e, in un ordinamento a formanti dissociati come il nostro, la convergenza interpretativa tra dottrina e giurisprudenza riveste una grande importanza, cercando anche di dare maggiore sicurezza e univocità interpretativa al concetto di attenuazione della responsabilità, considerando che l’elemento della colpa grave non è di sicuro unico nel nostro ordinamento (art. 2236 c.c.).
In conclusione l’autore si augura che la giurisprudenza si pronunci presto sulla questione.
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