Genitori separati, no al trasferimento in un’altra città

La madre o il padre separati che vivono assieme ai figli non possono trasferirsi in una città lontana, evitando così di fatto tutti i contatti della famiglia con l’altro genitore. Questo è almeno quanto deciso da un’interessante ordinanza del Tribunale di Ancona, la numero 3358 del 21 lipanj 2017, che ha anche stabilito che in caso di mancato rispetto del principio di bigenitorialità da parte della madre i figli possono essere ricollocati presso il padre.
Vediamo allora nel dettaglio in che modo si può tutelare il proprio diritto a essere presenti nella vita dei figli.
 
Il genitore separato non può allontanare i figli dall’ex compagno
Secondo il Tribunale di Ancona, stoga, il genitore che ha ottenuto in sede di separazione il diritto a vivere assieme ai figli non può trasferirsi con loro in una città lontana per motivi di lavoro. Questo perché, soprattutto in assenza di assoluta urgenza, deve prevalere l’interesse dei minori a mantenere costante il rapporto con l’altro genitore –in questo caso il padre.
L’ordinanza del Tribunale di Ancona è destinata sicuramente a far molto discutere, ma in realtà il principio alla base della decisione è molto chiaro e garantito dalla legge: il minore per crescere in maniera sana ed equilibrata ha bisogno della presenza di entrambi i genitori, e non –come nel caso di specie– solo di quella della madre. Il cosiddetto principio di bigenitorialità è dunque a tutti gli effetti un diritto dei figli e un dovere da parte di entrambi i genitori.
 
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La madre tenta di allontanarsi? L’affido può passare al padre
Ma non solo. Il Tribunale di Ancona ha esplicitamente dichiarato che nel caso in cui la madre insista nel proprio tentativo di allontanare fisicamente i figli dall’ex compagno dovrà essere valutata la possibilità di ricollocare i minori permanentemente nella casa del padre.
La donna si era rivolta al giudice per chiedere il trasferimento in una città a 300 chilometri di distanza dal Comune dove vive anche il padre, adducendo motivi lavorativi. In realtà il giudice, pur ammettendo che la donna può legittimamente inseguire la sua realizzazione personale, ha sottolineato come la ricorrente avesse ultimato la sua attività lavorativa solo poco tempo prima e avrebbe quindi potuto trovare opportunità lavorative ugualmente appetibili anche nella città di residenza.
A meno che, ed è questo il punto principale del problema, l’obiettivo della donna non fosse quello di escludere il padre dalla crescita dei figli.
Conta la qualità più che la quantità del tempo
Trasferirsi in un’altra città a molti chilometri di distanza, dichiarando di voler trovare un altro lavoro ma senza avere la necessità di cercare impiego al di fuori della propria residenza, può voler dire nella pratica allontanare i figli dal padre in un momento importante per la loro crescita.
Tanto più che, come specificato dal Tribunale, l’ex compagno della donna si era reso conto dell’importanza della sua presenza per la crescita dei figli al punto di arrivare a pagare il canone di locazione della casa dove la donna e i minori abitavano. U tom pogledu, la madre aveva sostenuto che l’ex compagno non si dimostrava in realtà un buon padre perché gli impegni di lavoro gli impedivano di passare molto tempo con i figli. Il Tribunale è stato però di diverso avviso, ricordando che la qualità del tempo dedicato ai figli è più importante della quantità e del numero di ore settimanali nelle quali si è effettivamente presenti.
Non così si può dire, in questa circostanza, della madre, che sarebbe stata pronta a privare i minori della presenza del padre per inseguire proprie esigenze personali.
Affidamento condiviso e collocazione presso un genitore
Proprio il principio di bigenitorialità è alla base dell’affidamento condiviso, che è stato introdotto nel sistema giuridico con la Legge n. 54/2006 e che dovrebbe regolare tutti i casi di affido nei quali non ci siano motivi gravi e particolari che impongano l’allontanamento di uno dei genitori. Con l’affidamento condiviso entrambi i genitori esercitano congiuntamente la responsabilità verso i figli, e dunque entrambi devono partecipare a tutte le decisioni più importanti.
Ma, nella pratica, con chi deve vivere il minore? Nella maggior parte dei casi, per questioni pratiche, i figli prendono la residenza della madre: anche quando –per l’appunto– si ricorra all’affidamento condiviso. Ma, come sottolineato dall’ordinanza del Tribunale di Ancona, la presenza del padre resta fondamentale e la madre che non si comporti secondo le regole può essere costretta a rinunciare alla convivenza con i figli.
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