Evoluzione legislativa dei controlli nelle amministrazioni pubbliche

La lunga storia della legislazione italiana in materia di controlli interni alla Pubblica amministrazione può essere suddivisa in due grandi fasi: le riforme precedenti agli anni novanta e quelle introdotte a partire dal 1990 nell’ambito di un proficuo fermento normativo finalizzato alla trasformazione culturale della pubblica amministrazione non più orientata al compito ma al risultato.
Riforme precedenti agli anni novanta
La disciplina sui controlli interni trova le sue radici nell’ottocento con la legge di contabilità 22 Avril 1869 n. 5026 sull’amministrazione del patrimonio dello Stato e sulla contabilità generale; la Ragioneria generale dello Stato viene ad assumere un ruolo determinante per la dinamica della spesa del Regno. Il regio Decreto 18 novembre 1923 n. 2440 attribuisce al ministero del tesoro, oltre ai controlli di legittimità e contabile, anche il controllo sulla “proficuità” della spesa: si tratta in sostanza di un controllo di merito perché valuta la convenienza della spesa stessa. Questa norma è estremamente importante in quanto affianca alle tradizionali valutazioni di tipo formale, una di carattere innovativo che attiene ad una sana gestione delle risorse. La norma, di fatto non applicata dal ministero del tesoro, anticipa tuttavia quei principi che saranno introdotti soltanto un secolo dopo con le riforme degli anni novanta. La trascuratezza da parte del ministero del tesoro dimostrava che la pubblica amministrazione non era ancora pronta culturalmente ad agire nelle attività di controllo con un nuovo approccio. Ciò era determinato essenzialmente da due ragioni 1:

il controllo interno che si occupava di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione era del tutto inusuale nel contesto pubblico dove l’ amministrazione, agendo in maniera autoreferenziale ed autoritaria, non concepiva l’idea di mettere in discussione le proprie modalità operative consolidate nel tempo ;
l’azione amministrativa intesa come insieme di atti formali trascurava l’importanza di organizzare in maniera efficiente ed economica le risorse a disposizione al fine di raggiungere gli obiettivi che le pubbliche amministrazioni erano tenute a conseguire.

Dopo un lungo periodo di completa inattività legislativa in materia di controlli interni, si riprendeva il dibattito con l’avvio delle grandi riforme degli anni settanta che riguardavano il sistema sanitario con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale2 e la contabilità statale3 con la trasformazione del bilancio dello stato in un documento programmatico utile alle scelte di politica economica del paese al fine di contrastare l’esplosione del debito pubblico. Qualche anno prima con il DPR 748/1972, l’art. 19 conferiva alla dirigenza statale autonomi poteri negoziali e di spesa a cui corrispondevano specifiche responsabilità sui risultati dell’organizzazione del lavoro e dell’azione degli uffici cui i dirigenti stessi erano preposti. Questa norma anticipava alcuni contenuti del successivo Dlgs 29/93 sulla responsabilità dei dirigenti, che nell’intento di qualificare la dirigenza statale da struttura meramente esecutiva la eleva a soggetto responsabile, insieme agli organi di governo, nella gestione delle politiche pubbliche. La responsabilità dirigenziale enunciata nel DPR 748/72 rimaneva tuttavia sulla carta a causa della mancata introduzione di sistemi di controllo interni per il governo della gestione ed in particolare per:

l’assenza di parametri di riferimento atti a misurare il risultato dell’azione dirigenziale;
l’assenza di strumenti adeguati per la verifica e la valutazione dei risultati conseguiti dai

In conclusione la riforma non conseguì i risultati sperati per la mancanza di strumenti attuativi , strumenti che vennero poi introdotti in maniera più chiara con le riforme degli anni novanta.
Riforme degli anni novanta
All’inizio degli anni novanta una serie di riforme avvia un processo di rinnovamento che va a scardinare i principi e le prassi fino ad allora in vigore per giungere ad un approccio più aziendalistico nella gestione delle agenzie pubbliche. Le tappe fondamentali furono:
 

la Legge 241/1990 sul procedimento amministrativo, conosciuta come legge sulla trasparenza che obbliga le P.A. ad individuare il soggetto responsabile dei risultati da conseguire all’interno delle proprie strutture organizzative;
la Legge 142/1990 che riforma i poteri degli enti locali introducendo per la prima volta il principio della separazione fra potere di indirizzo politico in capo alla giunta e potere di esecuzione amministrativa in capo alla dirigenza . Il principio viene poi esteso a tutte le amministrazioni pubbliche con il D.Lgs 29/1993 e ribadito con il Dlgs 286/1999. Tale principio rappresenta uno dei cardini della riforma della pubblica amministrazione degli anni ’90;
il Dlgs 29/1993 sulla privatizzazione del pubblico impiego e sulla introduzione dei controlli interni per tutte le amministrazioni. Il controllo interno si pone come obiettivo non solo quello di valutare ma anche di indirizzare e correggere l’attività dei vari uffici che compongono l’organizzazione in relazione agli obiettivi a ciascuno assegnati e di cui ne risultano responsabili i rispettivi dirigenti. L’efficienza diventa un valore della pubblica amministrazione ed il mancato conseguimento degli obiettivi trova un suo preciso ed identificabile responsabile;
la L. 20/1994 che riforma i controlli della Corte dei Conti ed attua un potenziamento dei controlli interni ed esterni istituiti con il Dlgs 29/1993 in quanto prevede che questi tengano conto dei risultati, della coerenza e dell’adeguatezza dell’azione amministrativa rispetto ai programmi politici, dei costi, delle performance, della trasparenza e della soddisfazione degli utenti. La norma in sostanza vuole assicurare la corretta gestione delle risorse pubbliche come risposta all’esigenza dell’opinione pubblica di contrastare il grave e dilagante fenomeno della corruzione4 ;
il Dlgs 286/1999 in attuazione della legge Bassanini 15 che rielabora il sistema dei controlli interni identificando specifiche tipologie di controllo assegnate a specifici soggetti.

Il Decreti legislativi 29/1993 e 286/1999 e la riforma della Corte dei Conti sopra citata, costituiscono gli eventi più importanti nella riforma dei controlli nel quadro di una visione più aziendalistica nella struttura e nella gestione dell’amministrazione pubblica.
Decreto legislativo n. 29/1993
Il decreto rinnova il riassetto del controllo interno mediante l’introduzione all’interno della pubblica amministrazione del controllo di gestione inteso come un insieme coordinato di sistemi, condotte e prassi validi a realizzare specifici obiettivi:

svolgimento delle varie attività secondo i principi di efficienza, efficacia ed economicità;
produzione di servizi di qualità compatibili con le finalità dell’organizzazione;
uso ottimale delle risorse quindi attenzione agli sprechi, alle scorrettezze, alle irregolarità ed agli abusi;
conformità alle norme;
utilizzo di un idoneo ed affidabile sistema di dati finanziari che possano essere correttamente

Il controllo interno così come interpretato dalla norma viene quindi ad identificarsi con il controllo gestionale teso al miglioramento della funzionalità della Pubblica Amministrazione attraverso il coinvolgimento di soggetti interni, controllori esterni ma anche dell’organo di direzione politica che devono accertare l’efficienza, l’efficacia, l’economicità e l’equità secondo quei significati che a questi termini attribuiscono le scienze aziendalistiche. Nel nuovo assetto permangono comunque gli elementi essenziali di qualsiasi tipo di controllo ovvero l’oggetto, il parametro e la misura:

l’oggetto del controllo interno è rappresentato dall’insieme delle attività svolte e distingue tra controlli sugli atti e controlli sulla gestione ;
i parametri del controllo interno sono i criteri di efficienza, efficacia ed economicità nonché il canone di conformità normativa che permettono di misurare i risultati dell’attività amministrativa sotto il profilo della funzionalità organizzativa. Peraltro il controllo sugli atti verifica la leggittimita’ degli stessi
l’obiettivo del controllo interno è costituito dalla collaborazione per evidenziare devianze, disarticolazioni, disfunzioni della gestione nel suo insieme.

Il controllo quindi non è più in funzione solo di un giudizio, ma e’ in funzione anche di un auto-miglioramento. Il decreto legislativo n. 29/1993 introduce una nuova normativa per ciò che riguarda la responsabilità dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni: con l’introduzione di un controllo successivo sui risultati dell’azione amministrativa nel suo insieme, i dirigenti diventano direttamente responsabili delle conseguenze attribuibili alle loro competenze. In questo modo la norma tende a contrastare quel modo di agire tipico dei burocrati ottocenteschi interessati al rispetto della formalità e della legalità e quindi orientati al compito piuttosto che ai risultati nei confronti dei quali si sentono completamente deresponsabilizzati. La nuova normativa si propone di trasformare il dirigente burocrate in un “manager” che svolgendo una attività direzionale di gestione ed organizzazione di una azienda pubblica secondo logiche e tecniche mutuate dal settore privato, mira al conseguimento del miglior risultato possibile. Anche se l’obiettivo non è il massimo profitto come nelle imprese, la sopportabilità dei costi e la relazione risorsa/risultato non sono più elementi irrilevanti, ma anzi diventano canoni di riferimento essenziali. La nuova logica dirigenziale impone di utilizzare strumenti specifici come il diagramma di redditività parziale che rileva i costi fissi, i costi variabili i ricavi totali ed il punto di pareggio da ricercare nell’intento di gestire al meglio sia i costi fissi che quelli variabili laddove la P.A. non consegue di fatto ricavi dal mercato ma soltanto trasferimenti e stanziamenti di risorse6.
article 20 del decreto 29/1993 dichiara in maniera esplicita la responsabilità dei dirigenti riguardo al risultato dell’attività svolta dagli uffici ai quali sono preposti, dalla realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati in relazione agli obiettivi dei rendimenti e dei risultati della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa incluse le decisioni organizzative e di gestione del personale. All’inizio di ogni anno i dirigenti hanno l’obbligo di presentare al direttore generale una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente; l’inosservanza delle direttive del direttore generale ed i risultati negativi della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, possono comportare il sollevamento dall’incarico e la conseguente perdita del trattamento economico accessorio relativo alle funzioni dirigenziali. La responsabilità dei dirigenti si rileva dalla interpretazione coordinata degli articoli 3, 18 e 20 Décret Législatif 29/1993 ovvero dalla realizzazione degli obiettivi affidati dagli organi di vertice dell’amministrazione; dai risultati della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa valutati in base al rapporto costi e rendimenti ed alla correttezza della gestione delle risorse pubbliche. article 20 Décret Législatif 29/1993 istituisce presso ogni pubblica amministrazione specifici organismi di controllo interno che sono il nucleo di valutazione ed i servizi di controllo interno, composti da esperti in tecniche di valutazione e nel controllo di gestione con il compito di coadiuvare in maniera autonoma l’organo politico verificando la rispondenza dei risultati della gestione aziendale rispetto agli obiettivi prefissati.
La soluzione adottata è palesemente un compromesso tra l’intento di dare autonomia all’organo di controllo e al tempo stesso collegarlo alla direzione politica prefigurando una referenzialità diretta all’organo di vertice politico; di conseguenza la scelta normativa ha presentato alcune criticità che sono state in parte risolte con il successivo decreto legislativo 286/99: permane infatti la dipendenza dall’organo politico in quanto sono chiamati a comporre gli organi di controllo i dipendenti pubblici che devono la propria progressione di carriera allo stesso vertice politico. Inoltre, poiché trimestralmente gli organi riferiscono circa i risultati relativi ai controlli effettuati al management amministrativo ed informano il vertice sulle attività dei dirigenti rispetto agli obiettivi programmati, appare problematica la possibilità di agire in autonomia. Da una parte è possibile ipotizzare una considerevole resistenza da parte dei dirigenti valutati da soggetti di pari posizione e dall’altra è possibile che la gestione amministrativa sia orientata dall’organo politico; inoltre c’è da sottolineare che il testo normativo non ha individuato i criteri generali relativi alla procedura di scelta dei membri che compongono gli organi di controllo sia per quanto riguarda il livello professionale che per quanto riguarda il livello di retribuzione. Talvolta infatti sono stati nominati soggetti con specifica esperienza gestionale ma non esperti nelle tecniche e nei metodi del controllo e quindi senza una specifica preparazione professionale riguardo all’incarico assunto, probabilmente scelti per ricoprire una candidatura politica.
Questi elementi hanno sicuramente alterato l’operatività ed in alcuni casi anche la credibilità di tali organismi minando in generale gli effetti della funzione di controllo. L’attuazione dei sistemi di controllo interno definiti dal decreto legislativo 29/93 è risultata problematica a causa di imprecisioni e ridondanze del testo normativo che hanno determinato incertezze concettuali ed un appesantimento del sistema dei controlli già particolarmente complesso poiché composto da controlli gerarchici, interni, ispettivi dei revisori o dei sindaci e esterni sugli atti e sulla gestione da parte della Corte dei Conti. L’imperfezione principale è data dalla previsione di due diversi organi di controllo: servizi e nuclei di valutazione che avevano gli stessi compiti; da ciò ne è scaturito inizialmente un acceso dibattito per l’individuazione delle differenze. Il dibattito ha visto due fronti: uno a sostegno di un unico organo a cui demandare sia le funzioni di controllo interno che di valutazione dei dirigenti; l’altro a sostegno di due distinte strutture ciascuna con un suo specifico compito. Le imprecisioni sia lessicali che concettuali hanno infine determinato confusione sui parametri del controllo ovvero sull’esatto significato di efficacia della gestione, efficienza, economicità, rispondenza dei risultati con gli obiettivi e con gli indirizzi strategici. Dal canto loro i dirigenti hanno dimostrato una evidente diffidenza nei riguardi di un controllo inquisitore che ne esamina il comportamento che ora richiede un nuova cultura orientata al risultato più che alla norma.
Infine il controllo di gestione necessita di un adeguato utilizzo di tecnologie, di modalità logistiche, di personale professionalmente preparato che non sempre è stato facile attuare. Spesso è stato assegnato alle funzioni di controllo quel personale che non aveva trovato una migliore collocazione in altre strutture organizzative . Tutte le problematiche sin qui esposte hanno dimostrato la necessità di disciplinare in maniera più corretta il sistema dei controlli interni tanto che con legge delega 59/1997 il governo ha ricevuto delega all’emanazione di successivi decreti legislativi per il riordino dei meccanismi di monitoraggio e di valutazione dei risultati dell’attività svolta dalla pubbliche amministrazioni.
Per effetto di una legge delega il governo ha emanato il decreto legislativo 286/1999 che ha disciplinato in maniera più completa il nuovo sistema dei controlli delle P.A.; il decreto è stato però preceduto da un’altra importante riforma che ha interessato direttamente ed esclusivamente la Corte dei Conti.
La riforma della Corte dei Conti
Nel quadro normativo sui controlli, si inseriscono anche i controlli della Corte dei Conti riformati con la legge 20/1994 e conferisce un nuovo ruolo alla Corte dei Conti, collocandola al centro di una complessa rete di controlli di tipo gestionale attivati da ciascuna amministrazione e di verifiche procedimentali indirizzate a garantire il buon andamento dell’azione amministrativa. La Corte dei Conti viene ad assumere nuovi compiti:

per quanto riguarda i controlli preventivi di legittimità, questi sono limitati agli atti di governo di particolare rilevanza non aventi forza di legge: atti normativi, atti di programmazione che implicano spese o allocazione di risorse finanziarie, atti di indirizzo generale di amministrazione, atti attuativi di norme comunitarie. Con l’eliminazione del controllo preventivo di legittimità a tutti gli atti di gestione, la norma promuove il recupero dell’efficienza del processo amministrativo, anche grazie all’applicazione del principio del silenzio assenso, mediante il quale gli atti amministrativi non dichiarati non conformi dalla Corte dei Conti, diventano automaticamente efficaci trascorso il termine di trenta giorni ;

per quanto riguarda i controlli successivi la Corte assume un ampio potere di controllo che si esercita sull’intera gestione amministrativa patrimoniale finanziaria ed economica ed e’ un controllo sia preventivo che successivo: nei controlli preventivi di legittimità la verifica consiste nella conformità o difformità dell’atto alla norma giuridica, nel controllo successivo la finalità consiste nel verificare la rispondenza dei risultati dell’attività agli obiettivi stabiliti dalla legge; la valutazione comparativa in questa circostanza tiene conto di elementi quali costi, tempi, modalità di svolgimento delle azioni delle diverse amministrazioni esaminate;
infine la Corte, quale organo di controllo di secondo livello, assume la vigilanza sul funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione, assumendo in tal modo un ruolo di particolare rilevanza sul processo di evoluzione e sviluppo del sistema di controllo interno alle amministrazioni. Tale posizione potrebbe rappresentare la leva del

La Corte ulteriormente rinnovata nelle sue articolazioni regionali e periferiche soprattutto riguardo alle responsabilità giurisdizionali con la legge 19/1994, ha intrapreso un importante processo di riposizionamento sia sotto l’aspetto tecnico che culturale. Dal punto di vista tecnico l’innovazione principale è data dall’oggetto: la verifica dell’esistenza di un sistema di controllo interno all’amministrazione può essere considerato come un nuovo controllo di legittimità non dell’atto ma della gestione stessa. Dal punto di vista culturale la Corte oltre alle conoscenze giuridiche deve ora applicare anche conoscenze economiche e gestionali, rendendo necessario l’inserimento, nel sistema organizzativo, di nuovi profili professionali7.
Il Decreto legislativo 286/1999
Le problematiche sorte nell’attuazione del decreto legislativo 29/1993 hanno reso necessaria la puntualizzazione di alcuni aspetti rimasti lacunosi quali la definizione più precisa delle varie tipologie di controllo, i soggetti coinvolti, gli strumenti da utilizzare, le posizioni delle varie componenti dell’organizzazione. Necessità che è stata soddisfatta qualche anno più tardi con il decreto legislativo 286/1999 emanato a seguito di una legge delega8 conferita al governo per il riordino e il potenziamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle pubbliche amministrazioni. Con tale riforma il governo ha operato una completa revisione del sistema dei controlli interni dettando i principi generali e contestualmente individuandone le tipologie separando le funzioni che nell’articolo 20 Décret Législatif 29/1993 erano attribuite ai nuclei di controllo interno. Il principale riferimento normativo è dato dalle disposizioni dell’art. 97 virgule 1 la Constitution, il quale detta: i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Da una lettura aggiornata del testo costituzionale, si evincono riferimenti precisi ai vincoli di efficienza ed economicità che le amministrazioni devono perseguire nel raggiungimento dei fini loro assegnati. Nella nuova realtà le amministrazioni pubbliche sono tenute ad agire per programmi e risultati e questo richiede necessariamente un controllo continuo interno allo stesso processo di programmazione e di attuazione posto in essere da chi ne ha la responsabilità. Dal punto di vista giuridico il controllo interno si configura come un insieme di strumenti operativi e gestionali di cui il vertice non solo ne deve garantire la sua esistenza organizzata in strutture specifiche , ma anche la sua operatività.
Il controllo esterno invece deve giudicare l’affidabilità degli strumenti utilizzati dal sistema di controllo interno attraverso metodologie adeguate a ciascuna tipologia di controllo interno rilevando in ultima analisi l’adeguatezza in linea di principio e l’efficacia sotto l’aspetto della praticità. Ne deriva che il ruolo del sistema dei controlli interni è fondamentale nel verificare le capacità dell’organo esecutivo di determinare, attraverso la programmazione degli obiettivi della gestione, la scelta di metodi di acquisizione ed elaborazione dei dati e l’individuazione di criteri idonei di valutazione , di correggere sulla base delle informazioni di ritorno9 l’andamento della gestione in corso. Pertanto il decreto legislativo 286/1999 ha individuato le attività da assegnare alle diverse strutture di controllo interno ed ha fissato i criteri di incompatibilità delle funzioni evitando così confusione fra controlli di tipo collaborativo e di tipo repressivo assicurando così la distinzione fra le attività di supporto all’indirizzo politico e le attività finalizzate al miglioramento della gestione amministrativa ordinaria.
Il controllo interno che si classifica in base alle finalità del controllo stesso, si compone di quattro diverse tipologie :

il controllo di regolarità amministrativa e contabile diretto a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa;
il controllo di gestione inteso a verificare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità dell’azione amministrativa per consentire ai dirigenti di ottimizzare attraverso interventi tempestivi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;
la valutazione della dirigenza diretta alla valutazione delle prestazioni del personale con qualifica dirigenziale. Tenendo in considerazione i risultati dell’attività amministrativa e della gestione, si pone come scopo quello di attivare la responsabilità dirigenziale;
la valutazione ed il controllo strategico diretto a valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione di piani , programmi ed altri strumenti di indirizzo politico per apprezzare in termini di congruenza i risultati conseguiti con gli obiettivi prefissati. A differenza del controllo di gestione il suo parametro di riferimento è l’intera amministrazione e l’elemento centrale per la valutazione è il profilo dell’efficacia dell’azione

I nuovi sistemi sono obbligatori per le strutture statali, motivatamente derogabili da parte delle altre amministrazioni ed applicabili alle amministrazioni regionali ed agli enti locali, nell’ambito della loro autonomia legislativa e/o organizzativa. L’impatto organizzativo voluto dal decreto è decisamente molto forte , i principi che ne regolano l’attuazione possono essere sintetizzati in quattro tipi:

pertinenza delle strutture di controllo agli organi cui la loro attività è strumentale: il controllo di gestione deve essere svolto da strutture dipendenti dagli organi amministrativi di vertice11 , mentre il controllo strategico deve essere svolto da strutture collegate all’organo di indirizzo politico- amministrativo1;

le strutture preposte al controllo strategico valutano anche i dirigenti rafforzando quel principio già introdotto con il decreto legislativo 29/1993 sulla responsabilità dei dirigenti. La responsabilità non è solo enunciata ma valutata;
le strutture di controllo strategico e di gestione sono separate da quelle preposte al controllo di regolarità amministrativa e contabile al fine di individuare profili professionali diversi adeguati alle diverse attività di gestione, con un conseguente miglioramento del sistema organizzativo;
ciascuna struttura di controllo può riferire esclusivamente al proprio organo di vertice amministrativo di riferimento : così il controllo di gestione ed il controllo strategico all’organo di vertice politico–amministrativo, mentre gli addetti al controllo di regolarità amministrativo-contabile hanno anche l’obbligo di riferire alla Corte dei Conti i fatti di gestione che possono recare danno all’erario.

In nota viene riportata una scheda di sintesi delle diverse tipologie di controllo.1
Le forme di controllo sono diverse tra loro sia per il tipo di attività esercitata che per l’obbiettivo che si pongono di raggiungere, tuttavia nel rispetto del principio del buon funzionamento dell’amministrazione pubblica il decreto richiama in maniera esplicita al coordinamento dei vari sistemi di controllo e dei vari sistemi di rilevazione al fine di evitare che la base informativa sia diversa a seconda degli obiettivi del controllo. L’oggetto del controllo e quindi della misurazione sono l’organizzazione, le cifre, le informazioni sui fatti , i livelli di qualità delle attività, la professionalità del personale assegnato alle varie funzioni. Gli strumenti di misurazione sono diversi: dagli indicatori , alla contabilità analitica per centri di costo e centri di responsabilità, dalla contabilità economico-patrimoniale agli strumenti che rilevino non soltanto aspetti economici e finanziari ma anche aspetti qualitativi dell’azione amministrativa14 .
Il concetto di integrazione dei sistemi di controllo è un argomento piuttosto complesso che riguarda da una parte, l’esatta individuazione del rischio da presidiare, dato dalla probabilità che un determinato evento negativo si verifichi determinando un danno e dall’altra l’attivazione di un controllo per gestire tale rischio al fine di abbassare le probabilità che tale evento negativo si realizzi oppure per contenere il danno nel caso in cui l’evento si realizzasse. Mentre i rischi tendono a legarsi tra di loro in modo automatico agendo come una sorta di forza negativa, i controlli hanno solitamente difficoltà ad andare a sistema ovvero ad armonizzare e a fare squadra: rimangono una serie di azioni sommate che perdono gran parte della loro efficacia; per questo è opportuno considerare che un sistema di controlli non è dato dalla sommatoria dei vari controlli, ma dall’integrazione tra di essi. Come un gruppo di orchestrali che trova armonia interagendo e, sotto la guida di un direttore, crea musica, così le funzioni di controllo necessitano di integrazione e di una funzione manageriale che li coordini in un’unica direzione.
Il controllo di regolarità amministrativa e contabile
E’ volto a garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa: in sostanza l’obiettivo del controllo è la realizzazione di un sistema di monitoraggio interno in grado di fornire certezza dei processi di produzione dei dati contabili e delle procedure amministrative. Questo controllo è molto complesso e ciò è confermato dal fatto che viene affidato ad organi diversi per natura ed attività: organi di revisione esterni come il collegio dei sindaci ed uffici interni come le ragionerie. Il controllo di regolarità amministrativo-contabile nella disciplina economico aziendale viene definito internal auditing o financial internal auditing e consiste nell’attività interna.
A differenza delle aziende private che attuano attività di internal auditing per relazionarsi con i soggetti esterni, assicurandoli della corretta determinazione ed esposizione delle cifre di bilancio, le amministrazioni pubbliche attuano sistemi di controllo del sistema contabile essenzialmente per opportunità interne in quanto, disponendo di conoscenze ed informazioni attendibili, sono agevolate nelle decisioni da prendere . Sotto questa ottica la contabilità più che una validità ai fini di bilancio, agisce come controllo di gestione , come supporto alle scelte per il miglioramento del processo di governo.
Indipendenza del sistema di controllo: il responsabile e gli addetti al controllo devono essere indipendenti dalle attività oggetto della verifica. Tale indipendenza consente di formulare una imparziale ed obiettiva valutazione; si raggiunge tramite una adeguata collocazione organizzativa che eviti che il servizio possa essere visto e vissuto dai componenti l’organizzazione come un nuovo e mero strumento di potere. L’indipendenza si rafforza quando è il Vertice aziendale a designare o rimuovere il responsabile della funzione di internal autiding (standard n.100). L’indipendenza infine risulta più garantita quando il servizio sia affidato ad una struttura collegiale composta da membri interni e15 Caratteristiche e principi del controllo di regolarità amministrativa ispirato agli stadard dell’internal auditing

Imparzialità: le finalità, i poteri e le responsabilità della funzione di internal auditing devono essere definiti in una formale “dichiarazione di incarico” cui fa seguito la presentazione, da parte del responsabile incaricato, di un piano annuale di auditing che una volta approvato e reso noto all’interno dell’organizzazione diventa l’ambito di azione vincolata ; gli strumenti di rilevazione dovranno essere esplicitati nel piano e la standardizzazione degli strumenti di controllo (si veda il dettaglio al successivo punto 5) garantirà che venga sempre usato lo stesso metro di valutazione nella fase di rilevazione delle
– Contestualitàutilità: Peculiare dei controlli di regolarità contabile e amministrativa è il principio generale che non consente verifiche da effettuare in via preventiva se non nei casi previsti da espresse disposizioni di legge (v. il caso del controllo di regolarità contabile). La fase del controllo dovrà pertanto essere collocato in itinere alla gestione ma temporalmente il più vicino possibile alla adozione degli atti, affinché possa risultare utile e incisivo (assume particolare rilievo in questo contesto la funzione di segnalazione dei “casi di attenzione” che possono comportare la modifica dei provvedimenti assunti). Il responsabile dell’internal auditing deve dar seguito all’audit per assicurarsi se adeguate azioni correttive siano state intraprese nei confronti dei rilievi
Procedure di controllo selezionate e indipendenti: non essendo realisticamente possibile sottoporre a controllo tutti i provvedimenti adottati dall’organizzazione, occorre far ricorso alla individuazione di un campione significativo (che tenga conto delle priorità indicate dal vertice aziendale ), selezionato con formule statistiche che consentano l’estrazione automatica degli atti da controllare. Tale elemento di casualità fa si che le verifiche non siano riconducibili a logiche di potere, né di gestione e consente di controllare meno atti ma con metodi significativi .
Standardizzazione degli strumenti di controllo: gli standards predefiniti di riferimento, rispetto ai quali si verifica la rispondenza di un atto o di un procedimento (che possono risultare più o meno corretti), nel caso nella pubblica amministrazione sono costituiti dalle leggi, regolamenti, procedure le direttive interne e gli indirizzi di governo. Si tratta in pratica di costruire delle “griglie di riferimento” dove per le varie tipologie degli atti da sottoporre a controllo siano riportati gli elementi indispensabili costitutivi del provvedimento nonché gli adempimenti procedurali .
Trasparenza e coinvolgimento dei responsabili nell’organizzazione: l’adozione del piano annuale di auditing deve essere reso noto e discusso con tutti i soggetti dell’organizzazione i cui atti saranno potenzialmente oggetto dei controlli; questo evita che la funzione di auditing venga confusa con i tradizionali controlli preventivi (peraltro ampiamente superati sia nelle norme che nella effettiva utilità) o controlli di carattere ispettivo; tale coinvolgimento inoltre è l’occasione per evidenziare la funzione di assistenza ai membri dell’organizzazione, (propria della funzione di internal auditing) e promuovere la crescita della cultura della legalità.
Cardine del nuovo sistema del controllo interno, introdotto dal D.Lgs.286/99, è la separazione tra le strutture addette al controllo di regolarità amministrativa contabile, d'un côté, ed il controllo di gestione, il controllo strategico e la valutazione della dirigenza, de l'autre. Questo divieto per i soggetti titolari di queste ultime tipologie di controllo di assumere responsabilità dirette nel controllo di regolarità amministrativa va tuttavia letto nell’ambito del principio generale che prevede tutte le tipologie di controllo articolate in un unico sistema integrato nel quale le varie funzioni interagiscono. La valutazione del risultato complessivo dell’azione della P.A. ha infatti bisogno di essere strutturata in un sistema nel quale i controlli di regolarità amministrativa e contabile costituiscono elementi di garanzia per l’organizzazione e per il I principi di legittimità e di imparzialità sono infatti principi inderogabili del diritto amministrativo.

Cosciente delle conseguenti difficoltà, il legislatore ha permesso alle amministrazioni pubbliche di reperire all’interno i profili professionali in grado di rispondere alle nuove esigenze ed alle nuove aspettative. E’ ammessa altresì la possibilità di ricorrere a supporti professionali esterni specializzati nella certificazione dei bilanci. de plus, il susseguirsi in questi anni di notizie su scandali e déblace dei controlli16, il trasformarsi di dati della contabilità in arena di lotta politica per l’incertezza degli stessi e la perdita di autorevolezza degli organi deputati al controllo pongono alcuni interrogativi.
E’ di qualche poco tempo fa17 la notizia che è stata depositata presso la Procura di Milano denuncia per truffa ai sensi dello art. 640, c. 2, n. 1, C.P., relativamente all’operazione sui derivati del Comune di Milano del 2005, chiedendo al contempo la confisca dei beni di quattro banche internazionali 18 per un importo pari all’ingiusto profitto realizzato, questo anche con riferimento alla sentenza del 27/3/2008 SS. UU. della Cassazione con cui si stabilisce la confiscabilità dei profitti derivanti da queste operazioni. Nel frattempo nella comunità europea scoppiavano gli scandali relativi alle frodi sui fondi comunitari e negli Stati Uniti si procedeva ad arresti spettacolari di centinaia di persone per la crisi sui “mutui maligni”.
La stessa polemica sul bilancio del Comune di Roma porta all’intervento di società di revisione contabile e si scoprono problemi, si manifesta in forma spettacolare ciò che si diceva nei corridoi e parallelamente si apre la strada agli interventi suppletivi della magistratura penale, ormai l’unica in grado secondo un giudizio comune di interventi incisivi riducendosi il resto a vuota retorica per convegni e articoli, come del resto è indirettamente sottolineato dalle polemiche in corso. L’intervento della magistratura penale è un segno di debolezza del sistema in quanto estrema ratio a cui si ricorre una volta che il danno si è manifestato, la stessa richiesta di un suo intervento manifesta, come in più occasioni si è scritto, la fragilità del sistema di controllo e la sua permeabilità.
L’introduzione della nuova contabilità e dei nuovi strumenti finanziari, le riforme amministrative che si sono succedute a singhiozzo divenendo oggetto di lotta politica e di spartizioni lobbistiche, la necessità di ridurre la spesa complessiva mentre i gruppi di interesse maggiori cercavano di scaricare i costi sulla collettività, hanno favorito lo sfaldamento della vecchia struttura territoriale della Ragioneria non sostituita da nuovi strumenti validi se non in termini formali ma non sostanziali. Ne è stato individuato un ruolo preciso, sia nelle modalità che nelle funzioni, a cui il nuovo controllo dovrebbe tendere, anche i limiti culturali si sono evidenziati non solo sull’aspetto tecnico bensì anche su quello relazionale tra istituti ed enti. Il controllo di fatto non può avere una valenza esclusivamente tecnica, ma diventa politico nel preciso momento in cui incide sui servizi offerti alla collettività mediante il trasferimento, recupero ed allocazione delle risorse finanziarie ed umane, circostanza di cui non si può ignorare i riflessi pratici e la teoria dei giochi che innesca tra le parti politiche e tra controllori e controllati, in cui ciascuno tenta di massimizzare il guadagno in termini immediati elettorali o di prestigio da trasformarsi successivamente in potere e quindi economicamente valutabile. Dobbiamo considerare che per non essere espulso dal mercato, nel momento che si crea un comportamento prevalente devi accettare tale comportamento e quale è la volontà del banco ed il resistere alle offerte quanto costa? Occorre quindi che la competizione sia pulita, in situazione di equilibrio e che i costi della rottura siano maggiori dei benefici, il rispetto delle regole non deve essere uno svantaggio20. de plus, non esterna a questo tipo di riflessione, e’ la distinzione tra controlli obbligatori e controlli facoltativi; da questo punto di vista, tutti i sistemi di controllo interno nella P.A. sono fatti perche’ obbligatori per legge, mentre nel privato, esiste il controllo obbligatorio contabile solo nelle societa’ di capitale che abbiano superato una certa soglia dimensionale. Ora il paradosso e’ il seguente: i controlli facoltativi sono quasi sempre funzionanti perche’ sono tesi a monitorare il ritorno dei capitali investiti e’ quindi interesse della proprieta’ che essi funzionino , come ad esempio il controllo di gestione, mentre quelli obbligatori per legge non lo sono quasi mai! Perche’ cio’ accade?
Quando il controllo e’ obbligatorio per legge, si determina sempre una connivenza tra controllato controllore. Paradigmatico da questo punto di vista e’ stato il Caso Parmalat dove i revisori , obbligatori per legge, non si erano accorti della falsificazione contabile di documenti che avrebbero attestato depositi bancari inesistenti! Perche’ si sviluppa questa connivenza tra controllati e controllori: perche’ i controllori, sindaci revisori, sono nominati dai controllati, assemblea dei soci, per cui non si sviluppa contrapposizione di interessi, ma convergenza tra interessi: il revisore assume un profilo basso per essere riconfermato! Per onesta’ intellettuale va tuttavia ricordato che negli EELL questa problematica e’ stata superata posto che i revisori sono nominati a sorteggio da un elenco tenuto dalle prefetture; sarebbe quindi auspicabile che una cosa simile avvenisse anche nelle SPA dove i revisori dovrebbero esser nominati a rotazione da una autorita’ indipendente. Cependant, l’Ordine dei Commercialisti, a cui lo scrivente e’ iscritto, nelle sue struttute apicali non si fara’ mai promotore di questo cambiamento perche’ proprio i soggetti che stanno nei vertici degli ordini locali e nazionali sono, di norma, incaricati in moltissime societa’!
Il controllo di gestione
Il secondo tipo di controllo introdotto dal decreto legislativo 286/1999 è il controllo di gestione inteso come attività atta a verificare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità dell’azione amministrativa al fine di ottimizzare anche mediante tempestivi interventi correttivi il rapporto tra costi e risultati. Più che di un controllo, il legislatore intende il governo della gestione ovvero di tutto il processo e di tutte le fasi gestionali, controllo compreso. Il processo è rappresentato dal ciclo gestionale nel corso del quale il responsabile di una struttura governa la propria organizzazione agendo per il miglioramento continuo21: dunque il suo svolgimento è possibile soltanto se all’interno di ciascuna amministrazione sono presenti una serie di elementi e un personale qualificato. Il controllo di gestione disegnato dall’art. 4 prevede:

la presenza di un ufficio o più uffici responsabili del controllo sia per quanto riguarda la sua progettazione che il suo esercizio;
la disponibilità di una mappa dei prodotti e delle finalità dell’azione amministrativa, riferita all’intera amministrazione o alle singole unità organizzative;
la determinazione degli obiettivi gestionali e dei soggetti responsabili;
le modalità di rilevazione e di ripartizione dei costi tra le singole unità organizzative e le modalità di individuazione degli obiettivi per cui i costi sono stati sostenuti;
la individuazione di indicatori per misurare i livelli di efficienza, efficacia ed economicità;
la frequenza di rilevazioni per acquisire informazioni

Sulla base del principio di integrazione, il controllo di gestione alimenta il controllo strategico fornendo informazioni per misurare l’effettivo raggiungimento degli obiettivi fissati da parte di ciascuna organizzazione e dell’amministrazione nel suo complesso; misurando i risultati delle unità organizzative, alimenta altresì il sistema di valutazione dei dirigenti responsabili. Infine il controllo di gestione può misurare la qualità dei servizi22 erogati da una unità organizzativa, costituendo un supporto indispensabile per la verifica della carta dei servizi. Il governo della gestione progettato dal decreto prevede preliminarmente l’analisi della struttura organizzativa e quindi del contesto nel quale inserire il controllo di gestione, al fine di individuare i centri di responsabilità.
Per centro di responsabilità si intende una unità organizzativa che svolge attività omogenea e che dipende da un unico responsabile: all’unità organizzativa afferiscono costi e ricavi23 o entrate e uscite 24 che permettono di misurare il livello di contributo dell’unità organizzativa alla operatività dell’intera amministrazione pubblica. Il contributo può essere dato non soltanto da una vera e propria unità organizzativa individuabile nell’organigramma aziendale, ma può essere reso anche da un processo o da una attività, da un prodotto o da un servizio, da una unità virtuale che coinvolge trasversalmente più strutture organizzative o da una missione data da più attività o progetti o servizi . Tecnicamente i centri di responsabilità si possono individuare secondo sei diversi criteri o drivers:

driver dell’organizzazione esistente che si adatta alla struttura organizzativa già impostata, mantenendo i rapporti di potere, ma non si adegua alla novità dell’orientamento al risultato quale grande innovazione nel processo di rinnovamento della P.A. attuato negli anni novanta;

 

driver della nuova organizzazione che consente senza l’introduzione di una norma di migliorare l’assetto organizzativo esistente;
driver della possibilità contabile che si base sulle opportunità che offre il sistema di rilevazione contabile esistente, rinunciando tuttavia ad una struttura più idonea alle esigenze dell’ente’;
driver della disponibilità del pacchetto informatico che affida alle software house l’individuazione e la suddivisione dei centri di responsabilità nella determinazione del pacchetto applicativo. Soluzione senz’altro conveniente se si considerano tempi, costi e programmazione, ma che potrebbe non essere perfettamente adeguato alle esigenze dell’ente;
driver della norma che lascia al legislatore il compito di individuare i centri di responsabilità;
driver dei nuovi obiettivi quando nel passaggio dalla cultura del compito alla cultura del risultato, le pubbliche amministrazioni orientano le proprie attività alla qualità dei servizi, all’integrazione con le altre amministrazioni alla possibilità di finanziarsi sul

I concetti di efficienza, efficacia ed economicità , sono concetti sicuramente validi per ogni tipo di amministrazione anche se ciascuna di queste può scegliere gli strumenti che ritiene più idonei a misurarli; è importante peraltro che gli indicatori siano contestualizzati all’interno delle singole amministrazioni e dei singoli centri di responsabilità, al fine di mantenere la consapevolezza sull’obiettivo del controllo attuato. Agli indicatori di efficienza, efficacia ed economicità si possono aggiungere quelli di qualità o di sicurezza lasciando a ciascuna unità organizzativa l’opportunità di individuare quelli che ritiene più idonei. Questa modalità di negoziazione nella scelta degli indicatori favorisce senz’altro lo sviluppo di una cultura operativa orientata al raffronto ed alla valutazione ma soprattutto consente al soggetto che sarà valutato per le sue capacità nel raggiungimento degli obiettivi esplicitati, di comprenderli in maniera chiara ed inequivocabile. Per favorire il criterio di efficienza è opportuno evitare la proliferazione di indicatori o l’individuazione di matrici troppo estese che non permettono sintesi e raffronti (cfr a) ; altro rischio è quello dell’autoreferenzialità ovvero che ciascun responsabile individui indicatori a lui favorevoli, ma anche questo rischio può essere superato con la negoziazione. In ultima analisi gli indicatori devono essere individuati non in relazione al controllo ma per governare, gestire e migliorarsi25.
Nel quadro della riforma della pubblica amministrazione attuata negli anni novanta tra riferimenti normativi di carattere generale, i concetti di efficacia, di efficienza ed economicità, costituiscono condizioni necessarie per qualificare una gestione come sana e corretta. La gestione di determinate risorse può essere considerata economica se gli sprechi risultano contenuti al minimo ottenendo in tal modo il massimo dei beni e servizi (output) dalle risorse disponibili (input)30. L’efficienza sta invece ad indicare la produzione della massima quantità di beni e servizi in rapporto ad una determinata quantità di risorse o al contrario la produzione di una data quantità di beni e servizi con la minima quantità di risorse31. L’efficienza tecnica può essere considerata in relazione ai carichi di lavoro, ai costi e alla produttività e comunque risponde alla domanda: quante risorse produttive utilizzo per erogare il servizio?32
L’efficacia implica invece il raffronto tra i risultati programmati ed i risultati raggiunti: di solito si distingue una efficacia intermedia che si misura in termini di attività intraprese per il conseguimento di risultati finali ed efficacia finale che si misura invece in termini di traguardi conclusivi; la prima è rilevante dal punto di vista della pubblica amministrazione, la seconda è rilevante dal punto di vista della collettività.
Può accadere che pur in presenza di elevati livelli di efficienza, non si consegua il giusto livello di efficacia: ciò avviene quando i mezzi impiegati non sono adeguati agli obiettivi programmati e quando le risorse anche se utilizzate in maniera razionale non siano sufficienti a raggiungere gli obiettivi dell’ente. Da ciò consegue che l’introduzione di una gestione per obiettivi, che agisca in funzione del risultato, ha bisogno, non soltanto di un responsabile dell’obiettivo, ma anche di risorse finanziarie, di personale e beni strumentali da collegare allo stesso. In tale contesto lo strumento della programmazione riveste particolare importanza e può essere realizzato attraverso la metodologia che compara costi/benefici : la decisione dell’operatore pubblico si basa sugli effetti che l’investimento produce nei confronti della collettività.
Affinché il processo di controllo interno di gestione possa funzionare efficacemente è necessario che siano definiti dapprima obiettivi di lungo periodo e poi da questi individuare quelli di medio e breve periodo: gli obiettivi di breve periodo devono essere opportunamente quantificati attraverso lo strumento del budget che, se ben costruito, diventa anche strumento di responsabilizzazione e di orientamento comportamentale. La metodica del budget33 consente infatti di rappresentare in modo dinamico il livello di risorse che ciascun settore dell’amministrazione ritiene necessario per il raggiungimento dei propri obiettivi, permettendo in ultima analisi di contenere la spesa; in particolare con il budget operativo che ha contenuto generale, vengono indicate le risorse necessarie per il raggiungimento degli obiettivi tipici istituzionali dell’ente e a conoscere le conseguenze della gestione in termini di reddito prodotto nel periodo considerato; con il budget degli investimenti si stabiliscono gli investimenti duraturi di capitale fisso ed infine con il budget finanziario (cfr nota 33) si verifica la fattibilità finanziaria del budget operativo e del budget degli investimenti.
Il processo di pianificazione programmazione e controllo necessita comunque di ulteriori strumenti operativi che consentono il ritorno delle informazioni ( CD. feedback); questi strumenti sono34:

il bilancio economico da affiancare al bilancio finanziario;
la contabilità generale che registra i valori per natura;
la contabilità analitica in grado di rilevare le operazioni secondo la provenienza o la destinazione dei fattori35;
gli strumenti di monitoraggio atti a verificare, in itinere, lo stato di avanzamento dei progetti. L’attività di report è una attività di comunicazione indirizzata al responsabile dell’utilizzo di determinate risorse;
un sistema informativo tempestivo, affidabile e flessibile inteso come flusso di conoscenza e di informazioni che sia in grado di selezionare le informazioni utili ed economicamente convenienti;
il piano di localizzazione dei costi che permetta di definire i criteri di collegamento con le procedure di alimentazione del sistema centrale, le modalità di valorizzazione del fattore produttivo, il criterio di imputazione del costo al singolo centro di costo. La contabilità dei costi è molto importante perché attraverso di essa si arriva alla misurazione dei fattori utilizzati nei processi di produzione e di erogazione del servizio al fine di controllare le modalità di utilizzo delle risorse. 36

La valutazione della dirigenza
Questa forma di controllo già prevista nell’art. 20 Décret Législatif 29/1993 costituisce la terza componente del nuovo sistema dei controlli interni ed ha un collegamento diretto con il controllo di gestione poiché procede a verificare se il risultato riscontrato sia imputabile ed in quale misura ai singoli dirigenti dell’unità organizzativa controllata. Questo tipo di controllo necessita della diretta conoscenza dell’attività del dirigente da parte di chi valuta in prima istanza, dell’approvazione della valutazione espressa da chi valuta in seconda istanza, nonché della partecipazione al procedimento del soggetto valutato. Il procedimento di valutazione avviene con periodicità annuale ed in caso di esito negativo costituisce un presupposto per l’applicazione delle misure sanzionatorie in materia di responsabilità dirigenziale.
Gli elementi della valutazione sono suscettibili di una qualche forma di misurazione o quantificazione sulla base di parametri indicatori definiti dall’amministrazione e concordati in sede di contrattazione collettiva o individuale.
Il sistema di valutazione scelto dal legislatore tiene conto non solo dei risultati che vengono prodotti dal dirigente, ma anche dei comportamenti da questi adottati nel perseguimento degli obiettivi assegnati; pertanto oggetto del controllo è la performance composta da due elementi: il risultato come conseguenza della prestazione e la prestazione stessa come comportamento organizzativo apprezzabile mediante metodologie che lo collegano alla qualità dei risultati ottenuti.
Dal momento che le strutture che effettuano il controllo di gestione, il controllo strategico e la valutazione della dirigenza riferiscono sui risultati dell’attività svolta esclusivamente ai rispettivi organi di vertice dell’amministrazione ed escludendo i casi di obbligo di denuncia alla Procura generale presso la Corte dei Conti di fatti rilevanti dai quali possano derivare anche ipotesi di danno erariale, si configurano due tipi di valutazione: una per la responsabilità amministrativo-contabile ed una per la responsabilità in caso di mancato raggiungimento dei risultati. La prima valutazione di tipo punitivo si basa su specifici elementi soggettivi quali il dolo o la colpa grave ed in tale circostanza si applica il principio del risarcimento secondo le forme tradizionali dell’attività giurisdizionale; la seconda valutazione considera il mancato raggiungimento degli obiettivi come fatto oggettivo quindi prescinde dalla considerazione di questo come violazione produttrice di danno e pertanto le conseguenze sono di tipo amministrativo. L’inidoneità del dirigente alla funzione è attestata mediante atto amministrativo di revoca.
La separazione tra il controllo di gestione e la valutazione della dirigenza implica problemi organizzativi non di facile soluzione in quanto ciascuna amministrazione è tenuta obbligatoriamente a predisporre due strutture separate di cui una assume elementi necessari alla valutazione e l’altra formalizza la valutazione medesima.
Il controllo di gestione fornisce le informazioni che consentono la valutazione del dirigente secondo un procedimento obbligato le cui fasi possono essere distinte in: verifica degli scostamenti; costruzione del quadro di sintesi; analisi delle cause; valutazione; comunicazione; apprendimento. Ogni fase è di fondamentale importanza per la buona conclusione del processo . La valutazione dei dirigenti è senza dubbio una attività complessa e le prime esperienze in questo senso hanno subito dimostrato una enorme difficoltà non solo ad individuare e descrivere gli obiettivi annuali, ma anche ad utilizzare metriche di misurazione precise e trasparenti capaci di offrire una base oggettiva per il giudizio conclusivo che è fondamentale per il sistema premiante di una organizzazione.
Troppo spesso la pianificazione strategica viene confusa con il programma politico nel senso che di solito è un processo che ha una proiezione futura ampia ma che si basa su una formulazione molto generica talvolta vaga; non c’è un collegamento logico tra obiettivi strategici di medio e lungo termine e obiettivi annuali tanto da creare una frattura tra la dimensione strategica e quella operativa. Spesso l’insieme degli obiettivi presenti nei documenti programmatici strategici e operativi non soddisfa criteri metodologici di base: non sono definiti, misurabili, raggiungibili in un determinato arco temporale, non sono comunicati in maniera chiara ed inequivocabile.
Infine elemento non affatto trascurabile è l’assenza di una reale negoziazione degli obiettivi che risulterebbe estremamente importante per creare motivazione, impegno, coinvolgimento nella consapevolezza dell’utilità di una determinata azione finalizzata al raggiungimento di obiettivi strategici per l’ente. Laddove la programmazione viene vissuta come adempimento e non come opportunità il rischio di un generale appiattimento del sistema di valutazione della dirigenza ha evidenziato delle criticità che la recente riforma Brunetta37 ha affrontato ridisegnando il sistema di programmazione degli obiettivi e di valutazione dei risultati mediante:

l’introduzione di un sistema definito ciclo di gestione delle performance38;
la disposizione di specifiche caratteristiche degli obiettivi39;
l’individuazione delle modalità di misurazione e valutazione40 ;
definizione di strumenti di pianificazione strategica41.

La valutazione della dirigenza non riguarda la figura del dirigente in senso stretto , ma quella del responsabile di servizio che normalmente è inquadrato nella categoria D ed è titolare di una posizione organizzativa ed alla quale è attribuito un elevato grado di responsabilità, di prodotto e di risultato. Anche in questo caso la valutazione intende verificare il raggiungimento dei risultati assegnati al fine del mantenimento della posizione organizzativa e della erogazione della retribuzione di risultato.
Nella prassi operativa i criteri di valutazione sono determinati dal Nucleo di Valutazione e sono recepiti dall’amministrazione mediante atto deliberativo. Da esperienze maturate concretamente i parametri di valutazione utilizzati sono generalmente di sei tipi : in alcuni prevale l’elemento oggettivo dato dal valore risultante dagli indicatori , in altri prevale l’elemento soggettivo dato dal giudizio del nucleo di valutazione interno all’amministrazione .42 Quanto detto e’ schematizzato nella figura di cui sotto.
Valutazione e controllo strategico
La valutazione ed il controllo strategico rappresentano uno degli aspetti più innovativi del decreto legislativo 286/99 in quanto non solo è orientato alla verifica dei risultati conseguiti sulla base di scelte operative e di impiego di risorse materiali, umane e finanziarie, ma è di fondamentale supporto per l’indirizzo politico nella definizione degli obiettivi da perseguire. Il controllo in questo caso si proietta in una dimensione non più soltanto amministrativa, ma anche alla misurazione dei risultati della gestione, rilevando le cause ed i fattori determinanti dell’azione stessa ed il suo impatto con il tessuto socio-economico esterno: ne consegue che le caratteristiche del controllo strategico sono proprie della valutazione delle politiche pubbliche, che in Italia comincia a delinearsi soltanto a partire dagli anni novanta con la legge 142/90 e con il successivo decreto legislativo 29/93 che attuano attraverso la separazione tra sfera politica e amministrativa, un principio fondamentale dell’ordinamento italiano; dunque il controllo strategico e’ teso proprio alla valutazione dell’operato della sfera politica corrispondente a quello che Mintzeberg43 chiama Vertice Strategico.
Tale principio trova fondamento nelle moderne democrazie nel ruolo dei cittadini elettori ed utenti che esigono, dal politico eletto, la responsabilità di controllare che la pubblica amministrazione, nella sua attività di attuazione delle politiche pubbliche, agisca nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità e legalità: in tal modo si vuole evitare, nelle fasi di attuazione, l’effetto negativo dell’ingerenza della politica e dei gruppi di interesse.
Non meno importante appare il bisogno di mettere in discussione le tradizionali forme di gestione del settore pubblico per applicare ad esse principi e tecniche del management privato al fine di migliorare la competitività del settore pubblico. Nel nuovo assetto socio economico dominato da una grave crisi finanziaria e dall’insostenibilità del debito pubblico, le amministrazioni hanno il dovere di agire da un lato in maniera imprenditoriale controllando la spesa, ottimizzando le risorse e guardando al risultato, dall’altro come attori protagonisti all’interno di una complessa rete di soggetti pubblici e privati, responsabili del compito di governo del sistema, di una indispensabile quanto mai strategica attività di coordinamento tra interessi, azioni e soggetti.
Dal punto di vista pratico la divisione tra politica ed amministrazione conduce alla formazione di un assetto organizzativo in due livelli dove sono distinti oltre ai ruoli anche i compiti: l’organo politico è legittimato dal voto elettorale ad interpretare i problemi e le esigenze della collettività con la scelta di adeguate politiche, gli organi amministrativi invece, sono legittimati, in base alle loro capacità professionali, a garantire l’efficacia delle politiche pubbliche. In questa ottica le regole di convivenza tra le due sfere si basano su una definizione di funzioni e risorse per il vertice politico che consistono nella individuazione di problemi, nella assegnazione di attività alle unità organizzative . Il collegamento tra i due ambiti è garantito dall’organo di vertice dell’apparato amministrativo.
In questo quadro si inserisce il dettato normativo del decreto 286/99 con l’introduzione della valutazione e del controllo strategico come componente essenziale del nuovo sistema dei controlli interni: questa forma di controllo costituisce una risorsa fondamentale in due casi : per recepire domande e bisogni da tradurre in politiche e trovare delle forme di soluzione ai problemi collettivi; per assicurare il controllo democratico sugli apparati amministrativi affinché l’attività amministrativa sia coerente con le missioni degli organi politici e con i risultati attesi dalle politiche pubbliche. Nel primo caso tecniche di benchmarking44 offrono occasione per migliorare i processi attraverso il confronto sulle modalità di gestione dei processi aziendali: il confronto può avvenire internamente con altre unità operative della stessa organizzazione, con altre organizzazioni esterne o con i competitor al fine di individuare quali fattori tra processi, funzioni o strategie determinano il vantaggio competitivo. Nel secondo caso il compito consiste nel considerare la funzione di valutazione e controllo strategico come uno strumento per strutturare una riflessione sull’andamento dell’attività con riferimento sia agli aspetti di contenuto che strumentali.
Fondamentale infine è il compito di disegnare i meccanismi di coordinamento e di interfaccia tra organi gestionali ed organi politici dove ad ogni soggetto sono imputate precise responsabilità45 . In sintesi il controllo strategico delinea la funzione di valutazione e controllo attraverso le seguenti specifiche fasi:

la promozione di meccanismi di interazione tra vertice strategico e linee intermedie;
lo sviluppo di forme di interpretazione dei problemi sociali;
l’articolazione delle missioni e delle politiche in relazione alle strutture organizzative;
la definizione di priorità di azione;
l’istituzionalizzazione delle innovazioni importanti;
la copertura dei problemi di

In sostanza lo strumento principale per la realizzazione di un controllo strategico è l’indicazione puntuale, chiara e precisa di obiettivi quantificabili e misurabili per consentire un controllo efficace sui fatti.
Come nel caso della valutazione della dirigenza, non esiste una normativa di dettaglio che specifichi le modalità di attuazione del controllo strategico né è individuata la documentazione utile a supporto, pertanto nelle prassi operative il NDV o OIV si focalizza sul principale strumento di programmazione che è l’atto aziendale.
Il controllo della qualità e la carta dei servizi
La riforma della pubblica amministrazione in linea con le strategie internazionali ed europee pone l’accento sulla necessità di migliorare la qualità dei servizi pubblici promuovendo una gestione orientata al miglioramento delle performance tramite l’adozione di standard e la misurazione della soddisfazione degli utenti. La qualità può essere definita come la globalità degli aspetti e delle caratteristiche di un servizio da cui dipendono le sue capacità di soddisfare completamente un dato bisogno. La soddisfazione dei cittadini richiede che le pubbliche amministrazioni pongano attenzione a due diversi aspetti della qualità:

la qualità effettiva dato dall’efficacia del servizio pubblico riconducibile agli effetti prodotti dal processo di erogazione sulla prestazione offerta ai beneficiari finali;
la qualità percepita dal cittadino con le sue percezioni e le sue valutazioni sul servizio ricevuto, il suo grado di soddisfazione a livello globale e di ogni fattore di qualità o singolo elemento del sistema di erogazione47.

Le décret législatif 286/99 affronta appunto il tema della qualità dei servizi affermando nell’art. 11 que : “I servizi pubblici nazionali e locali sono erogati con modalità che promuovono il miglioramento della qualità e assicurano la tutela dei cittadini e degli utenti e la loro partecipazione, nelle forme, anche associative, riconosciute dalla legge, alle inerenti procedure di valutazione e definizione degli standard qualitativi”. Da ciò deriva che le amministrazioni pubbliche nel loro orientamento al risultato si devono dotare di strumenti di controllo di qualità sui prodotti/servizi erogati.
Lo strumento è quello della Carta dei servizi introdotta con la direttiva del P.C.M. la
 
Un censimento condotto dal Dipartimento della Funzione Pubblica ha rilevato effetti positivi essendo stati avviati processi interni di riflessione sulla qualità dei servizi da numerose amministrazioni pubbliche . I cambiamenti in atto nel settore pubblico stanno dando effetti diversi:
la liberalizzazione dei servizi pubblici e l’istituzione di autorità indipendenti di regolazione hanno portato sia a forme di garanzia minima che a forme di competizione sulla qualità nei settori liberalizzati;

con il decentramento delle funzioni pubbliche, lo Stato centrale resta garante delle regole minime di qualità, mentre a livello territoriale la qualità dei servizi subisce differenziazioni in ragione delle capacità di autofinanziamento delle amministrazioni locali e delle scelte politiche locali;
con l’aziendalizzazione delle strutture pubbliche, l’erogazione dei servizi può essere venduto direttamente dall’ente oppure reso da organizzazioni sulla base di accordi dove l’amministrazione acquista il servizio per conto degli utenti. In tale situazione risulta evidente come l’aspetto qualitativo del servizio è determinante sia nella definizione dell’output sia nella definizione del

Con il Dlgs 150/2009 i principi del Customer Satisfaction Management, inteso come capacità delle Pubbliche Amministrazioni di gestire e realizzare in modo attivo e partecipato i diversi interventi che mirano ad assicurare nel tempo la soddisfazione di utenti, cittadini ed altri stakeholder, entrano nel contesto italiano in maniera estremamente chiara. Il decreto dà centralità ai sistemi di gestione delle performance nelle P.A. attraverso la definizione del ciclo di gestione delle performance. Nell’art. 8 virgule 1 vengono individuate tutte le dimensioni di performance organizzativa che le pubbliche amministrazioni devono poter misurare valutare e quindi migliorare. Tra queste:

la rilevazione del grado di soddisfazione dei destinatari dei servizi e delle attività anche attraverso modalità interattive ;
lo sviluppo qualitativo e quantitativo delle relazioni con i cittadini, gli utenti, i soggetti interessati;
lo sviluppo di forme di partecipazione e

Sulla base di questo concetto il Dipartimento della Funzione Pubblica, al fine di promuovere la customer satisfaction nella Pubblica Amministrazione, ha avviato diverse iniziative sia per quanto riguarda la qualità effettiva sia dal punto di vista del miglioramento della qualità percepita. Sul primo fronte il barometro della qualità dei servizi pubblici misura la qualità effettiva attraverso un’applicazione informatica che permette anche la comparazione tra diverse organizzazioni, mentre la Valutazione Civica è una iniziativa condotta con le associazioni dei cittadini per assumere il loro punto di vista in tutte le fasi del ciclo di valutazione finalizzata al miglioramento della qualità del servizio. Sul secondo fronte tre sono le iniziative messe in campo:

la customer satisfaction in profondità utilizza un modello multicanale di rilevazione che individua specifiche dimensioni ritenute rappresentative dei livelli di soddisfazione di un servizio come accessibilità, adeguatezza delle informazioni, capacità di risposta , design del sito, gestione e miglioramento del contatto con l’utente, sicurezza. Il modello è disponibile per le amministrazioni quale strumento operativo capace di integrare e supportare nella pianificazione di azioni di miglioramento;
mettiamoci la faccia è una iniziativa che consente all’utente di esprimere il suo giudizio semplicemente scegliendo una delle tre opzioni possibili del grado di soddisfazione.

Da quanto detto, ne consegue che la qualità dei servizi è uno degli elementi essenziali da considerare nella formulazione di politiche pubbliche centrali e locali di sviluppo economico e sociale. 48
Considerazioni finali
Le décret législatif 286/99 oltre a dettare la nuova disciplina del sistema dei controlli interni, intende perfezionare l’organizzazione delle varie forme di controllo interno prevedendo specifici obblighi a carico delle amministrazioni:

adozione di un sistema informativo alimentato da rilevazioni periodiche di costi, prodotti, attività quale supporto al controllo di gestione;
individuazione di indicatori di efficienza, efficacia ed economicità;
individuazione di standard qualitativi dei servizi al pubblico e l’attribuzione agli utenti cittadini di diritti soggettivi relativamente ai servizi resi;
coinvolgimento degli utenti nella valutazione dell’attività amministrativa e dei servizi pubblici erogati;
valutazioni comparative dei costi dei rendimenti e dei risultati fra unità operative all’interno di ciascuna amministrazione e fra amministrazioni diverse;
invio dei risultati delle attività di controllo alla banca dati accessibile al pubblico e allestita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dove è operante il Comitato Tecnico Scientifico che, in qualità di organo di supporto, fornisce indicazioni e suggerimenti per l’aggiornamento e la standardizzazione dei sistemi di controllo

Il tentativo del Dlgs 286/99 di ridisegnare un nuovo sistema di controlli interni nella

individuando nella determinazione degli obiettivi una fase importante del processo di pianificazione e controllo ha dimostrato a distanza di un decennio molteplici carenze :

la pianificazione strategica è stata interpretata come una “lista di desideri” quindi ha assunto connotati generici e vaghi e non arriva a identificare linee di azioni specifiche;
i documenti programmatici hanno un taglio operativo e sono scarsamente comprensibili soprattutto non sono riconducibili ad uno scopo comune;
non sempre si attuano collegamenti logici tra obiettivi strategici di medio e lungo periodo con gli obiettivi annuali :
spesso gli obiettivi presenti nei documenti programmatici sono privi di criteri metodologici essenziali per la loro esatta rilevazione, misurazione, comunicazione;
l’esclusione dalla determinazione degli obiettivi del soggetto interessato non permette a questo di cogliere l’utilità del proprio impegno quindi danneggia a priori il risultato finale;
sono vissuti come adempimento e non come strumento di Talvolta i piani strategici vengono approvati con eccessivo ritardo e non permettono quindi di eseguire il controllo per correggere la gestione.

Decreto legislativo 150/2009
Prendendo atto di queste criticità il Dlgs 150/200949 ha ridisegnato nuovamente il sistema di programmazione degli obiettivi e di valutazione dei risultati, introducendo quello che è stato definito ciclo di gestione delle performance. Il Dlgs n. 150 la 2009 si prefigge specifici obiettivi:

migliorare l’organizzazione del lavoro pubblico;
consentire elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni e dei servizi;
incentivare una prestazione di qualità;
garantire selettività delle capacità valutate sulla base dei risultati conseguiti dal personale;
rafforzare l’autonomia dei dirigenti;
garantire la massima trasparenza dell’operato delle amministrazioni

Per quanto concerne lo specifico tema dei controlli , la riforma Brunetta si muove in due direzioni :

in primo luogo affida ad un organo centrale costituito a livello ministeriale il compito di individuare criteri e metodologie di valutazione delle amministrazioni locali e contemporaneamente impone alle amministrazioni locali di garantire sistemi di controllo trasparenti attraverso la pubblicazione, sui siti internet di ciascun ente, di tutte le informazioni relative all’organizzazione ed alla gestione. Di fatto la normativa limita l’autonomia degli enti locali ;
in secondo luogo introduce alcune modifiche rispetto al preesistente quadro dei controlli previsto dal decreto legislativo 286/99, peraltro in controtendenza tanto da generare alcuni dubbi interpretativi. I dubbi sorgono in relazione al riparto e alla definizione delle competenze tra il controllo strategico, il controllo di gestione e la valutazione della dirigenza. La novella, abrogando il comma 6 dell’art. 1 del decreto Dlgs 286/99, modifica di fatto la natura dei controlli da consultivi e manageriali a repressivi a causa della frattura relazionale tra controllore e

L’intento della riforma Brunetta è quello di favorire strumenti diffusi di controllo per il rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità della gestione pubblica garantiti soprattutto attraverso un esteso sistema di pubblicizzazione delle informazioni nel rispetto di un altro principio fondamentale che è quello della trasparenza.
Altro principio cardine della riforma Brunetta riguarda le performance, ossia quel controllo diretto a verificare l’attività amministrativa in relazione ai risultati conseguiti ; per eseguire questo tipo di controllo sono stati introdotti dei misuratori di tecnica aziendale ma anche di qualità per interpretare in maniera più completa le capacità dell’azienda nel suo insieme, delle unità operative che la compongono e dei singoli dipendenti che ne fanno parte.
Gli elementi fondamentali della riforma Brunetta sono dunque:

il monitoraggio delle performance che si basano sul controllo di gestione;
l’individuazione delle performance organizzative e individuali che sostituisce la valutazione della dirigenza e si estende al personale;
la misurazione e la valutazione esercitata dall’organismo indipendente di valutazione delle performance (OIV);
l’indicazione delle metodologie utilizzate al fine di analizzare scostamenti e cause, obiettivi e risultati, portafoglio delle attività e servizi resi dall’ente;
l’indicazione delle diverse fasi di monitoraggio e tempi di

L’organismo indipendente di valutazione delle performance (OIV) va a sostituire il nucleo di valutazione ; l’OIV51 e’ un organo collegiale o monocratico dotato di professionalità e di competenza che provvede a verificare il funzionamento del sistema complessivo di valutazione garantendo la correttezza del processo di misurazione e valutazione; a livello centrale agisce la Commissione per la valutazione , la trasparenza e l’integrità morale delle amministrazioni pubbliche .
La legge 15 la 2009 manifesta un orientamento verso il controllo concomitante che va esercitato durante lo svolgimento della gestione per dare l’opportunità di intervenire non in funzione sanzionatoria ma correttiva . L’intento è quello di riparare ad un danno erariale prima che il passare del tempo generi il rischio di non poter più intervenire; in realtà non si tratta di una novità in quanto la legge 20/1994 già prevedeva la possibilità per la Corte dei Conti di intervenire in corso di esercizio sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche qualora si verifichino gravi irregolarità o deviazioni dagli obiettivi oppure in caso di insistenti ritardi nell’attuazione dei piani e dei programmi .
Gli OIV si avvalgono di indicatori di efficienza, efficacia ed economicità e di alcuni organi di supporto: tra i primi il controllo di gestione assume un ruolo determinante. La pubblicità sui siti Web consente ai cittadini di prendere visione di tutte le informazioni che ritengono interessanti, i dati raccolti e le relative performance permettono di stabilire le retribuzioni di risultato delle posizioni organizzative e dei dirigenti. Gli enti di grandi dimensioni dispongono di un organo di controllo di gestione inserito nell’organizzazione interna con un suo responsabile. L’autorità indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche ha emanato nel 2013 le linee guida per gli adempimenti di monitoraggio degli OIV e per la relazione degli OIV sul funzionamento complessivo del Sistema di valutazione, trasparenza e integrità dei controlli interni di cui all’art. 14 virgule 4 lettera a del Dlgs n. 150/2009. Premesso che il monitoraggio sistematico e costante può favorire le azioni correttive, le linee guida mirano ad una più efficace organizzazione dei compiti previsti dalla normativa e in tal senso la CIVIT ha predisposto una serie di allegati per la raccolta strutturata delle informazioni da parte degli OIV.
Il processo di monitoraggio dell’OIV si snoda cronologicamente nelle fasi di :

verifica dell’avvio del ciclo della performance e stesura del piano della performance da parte dell’ organo di indirizzo strategico;
redazione della relazione annuale sul funzionamento complessivo del sistema di valutazione trasparenza e integrità dei controlli interni con riferimento al ciclo della performance precedente. La relazione è un documento snello, chiaro e di facile intelligibilità supportato da elementi informativi, nella quale l’OIV mette in evidenza aspetti positivi e negativi del sistema , nell’intento di evidenziare criticità e punti di forza e conseguentemente presentare proposte di sviluppo e integrazione. La relazione redatta secondo principi trasparenza, attendibilità, ragionevolezza e verificabilità dei contenuti focalizza l’attenzione sulla performance organizzativa52, sulla performance individuale
monitoraggio sull’assegnazione degli obiettivi organizzativi e individuali, mediante valutazione di adeguatezza e coerenza dello svolgimento del processo;
validazione della relazione sulla performance da parte dell’OIV mediante atto che attribuisce efficacia alla relazione predisposta dall’organo di indirizzo politico;
monitoraggio sull’applicazione degli strumenti di valutazione della performance individuale.

 
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