Errori, incertezze interpretative e difficoltà di controllo dell’ennesimo DPCM COVID19
Sergio Bedessi
Comandante polizia municipale Pistoia
Dopo varie annunciazioni, in data 4 November 2020 è stato pubblicato in gazzetta ufficiale l’ennesimo D.P.C.M., datato 3 November, da vari giorni in giro in versione provvisoria.
Va osservato come stia continuando la sagra degli errori testuali di tipo giuridico, come quello contenuto all’art. 6 “Art. 6 Limitazioni agli spostamenti da e per l’estero ….. “g) ingresso nel territorio nazionale da parte di familiari delle persone fisiche”. Esisterebbero forse i familiari delle persone giuridiche (s.p.a., s.r.l. ecc.) che devono essere distinti da quelli delle persone fisiche???
Insomma viene davvero da meravigliarsi che l’estensore del decreto, l’esimio Giuseppe Conte, possa essere professore ordinario di diritto privato presso l’Università degli Studi di Firenze, ma forse il decreto non lo ha neanche letto, altrimenti un docente universitario dovrebbe pur accorgersi degli strafalcioni giuridici il cui risultato è da una parte quello di creare smarrimento in chi le norme le deve rispettare, dall’altra di mettere in seria difficoltà chi queste norme le deve far rispettare, come gli organi di polizia.
Il DPCM è costituito da centinaia di pagine, organizzate in quattordici articoli e ventisette allegati, alcuni multipli, comprensivi anche di volantini autoelogiativi (cf.. allegato 25, che parla di “preparedness”, dove si usa l’inglese a sproposito, evidentemente non conoscendo l’italiano!).
Un giudizio complessivo sul provvedimento non può che evidenziare la scarsissima capacità previsionale del governo in merito all’emergenza, e di conseguenza l’incapacità nell’approntare misure che proteggano la salute pubblica, contemporaneamente salvaguardando il tessuto sociale e l’economia, come invece sta avvenendo; a questo si aggiunge l’incapacità tecnica dal punto di vista della redazione degli atti giuridici, che porta a difficoltà interpretative, con un diffuso disagio prima di tutto dei cittadini e poi degli organi di controllo.
Entrando nel merito come detto si tratta di quattordici articoli:
art. 1 – Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale;
art. 2 – Ulteriori misure di contenimento del contagio su alcune aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto;
art. 3 – Ulteriori misure di contenimento del contagio su alcune aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto;
art. 4 – Misure di contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali;
art. 5 – Misure di informazione e prevenzione sull’intero territorio nazionale;
art. 6 – Limitazioni agli spostamenti da e per l’estero;
art. 7 – Obblighi di dichiarazione in occasione dell’ingresso nel territorio nazionale dall’estero;
art. 8 – Sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario e obblighi di sottoporsi a test molecolare o antigenico a seguito dell’ingresso nel territorio nazionale dall’estero;
art. 9 – Obblighi dei vettori e degli armatori;
art. 10 – Disposizioni in materia di navi da crociera e navi di bandiera estera;
art. 11 – Misure in materia di trasporto pubblico di linea;
art. 12 – Ulteriori disposizioni specifiche per la disabilità;
art. 13 – Esecuzione e monitoraggio delle misure;
art. 14 – Disposizioni finali.
Quelli che maggiormente interessano gli organi di polizia sono i primi quattro articoli e i correlati allegati.
La differenza con i precedenti DPCM è che anziché adottare misure generali uguali per tutto il territorio nazionale, lasciando poi ai presidenti di Regione o ai Sindaci (autorità sanitaria) l’adozione di specifiche misure locali, nell’ambito delle rispettive prerogative e territori, cosa che sarebbe stata ragionevole, corretta e anche più efficiente per il principio di sussidiarietà, si è preferito dividere l’Italia in tre tipologie di zone, in funzione del rischio epidemiologico, stabilendo poi con ordinanza del Ministro della salute (4 November 2020) a quale categoria di zona fare afferire la singola regione.
Gli organi di informazione e prima di tutto il governo hanno parlato di zona gialla, arancione e rossa, colori che però non fanno parte del provvedimento; l’ordinanza di classificazione si basa su ventun parametri, fra i quali il numero dei casi sintomatici, i ricoveri, i casi nelle residenze sociali assistite, la percentuale di tamponi positivi, il tempo medio tra sintomi e diagnosi, il numero di nuovi focolai, l’occupazione dei posti letto sulla base dell’effettiva disponibilità e parla di caratterizzazioni di gravità crescente.
In summary.
Su tutto il territorio nazionale, quindi nelle zone che non sono caratterizzate (art. 1 DPCM) da “scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto” (art. 2 del DPCM) o da uno “scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto” (art. 3 DPCM), e quindi ai sensi dell’ordinanza ministeriale del 4 novembre le regioni Liguria, Trentino Aldo Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Lazio, Molise, Campania, Basilicata, Sardegna, sono previsti:
divieto di spostamento dalle ore 22 at 5 del mattino (art. 1 c. 3), ad esclusione degli spostamenti dovuti al lavoro o necessità;
mantenimento della distanza fra persone di almeno un metro (art. 1 c. 2)
chiusura degli esercizi di somministrazione, gelaterie e pasticcerie dalle ore 18 e apertura non prima delle ore 5 del mattino (derogata la ristorazione delle strutture ricettive a servizio dei propri clienti), con massimo quattro persone al tavolo (derogabile se sono conviventi), possibilità di asporto fino alle ore 22 e consegna a domicilio in qualsiasi orario;
nelle attività commerciali al dettaglio si deve rispettare la distanza di un metro e gli ingressi devono avvenire in modo dilazionato, impedendo di sostare all’interno più del tempo necessario;
chiusura degli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati, a eccezione di farmacie, parafarmaci, generi alimentari, tabacchi ed edicole (art. 1, comma 9, lettera ff – misura non chiara che porterà a discrasie fra il singolo esercizio e quello della grande distribuzione alimentare che vende anche altri generi);
chiusura di teatri, cinema, musei, palestre, piscine, sale giochi e scommesse, con l’aggiunta che queste ultime attività non potranno essere esercitate neanche in tabaccherie e bar, centri sociali, centri culturali e centri ricreativi;
sospensione di attività sportive dilettantistiche di base, scuole e attività formative di avviamento e qualsiasi attività relativa a sport di contatto (meglio avrebbero fatto a fornire un elenco degli sport vietati);
sospensione di attività di discoteche, sale da ballo e altri locali simili, all’aperto o al chiuso;
vietate feste di tutti i tipi, anche conseguenti a cerimonie religiose, sia al chiuso che all’aperto, convegni e congressi;
chiusura degli impianti dei comprensori sciistici;
i mezzi pubblici del trasporto locale e del trasporto ferroviario regionale dovranno viaggiare al 50% della capacità, ad esclusione dei trasporti scolastici;
didattica a distanza per tutte le scuole ad eccezione delle scuole dell’infanzia, le scuole elementari e le scuole medie.
A quanto sopra, nelle zone caratterizzate da uno “scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto” (art. 2 del DPCM – regioni Puglia e Sicilia, come elencato dall’ordinanza ministeriale) si aggiunge:
divieto di spostamento dal territorio regionale, salvo spostamenti per lavoro, necessità o salute, o rientro al domicilio, abitazione o residenza, consentito il transito se necessario;
divieto di spostamento, con mezzi pubblici o privati, da un Comune ad un altro;
chiusura degli esercizi di somministrazione, comunque on possibilità di asporto fino alle ore 22 e consegna a domicilio in qualsiasi orario;
In aggiunta, finally, a tutto quanto precedentemente detto, per le zone caratterizzate da uno “scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto” (art. 3 del DPCM – Calabria, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, come elencate dall’allegato 2 dell’ordinanza ministeriale) si prevede:
divieto di qualsiasi spostamento in qualsiasi orario, anche solo all’interno del Comune di residenza o di domicilio, ad eccezione degli spostamenti motivati da lavoro, necessità e salute;
chiusura degli esercizi di somministrazione (anche qui, sempre sbagliando come nei precedenti DPCM si parla di “attività dei servizi di ristorazione”), con la sola possibilità di asporto fino alle ore 22 e con la possibilità di consegna a domicilio in qualsiasi orario;
chiusura dei negozi, eccezion fatta per chi vende alimentari e generi di prima necessità. Da notare che per discernere chi può stare aperto da chi deve chiudere si è scelta la strada, anziché dei codici ATECO come la volta precedente, di rimandare ad una serie di allegati, in particolare specificando nell’allegato 23 quali merci si possano vendere e di conseguenza quali negozi possano stare aperti. In questo modo però si creano problemi di interpretazione con il rischio di privilegiare i negozi monogenere nei centri commerciali, (esempio “Commercio al dettaglio di biancheria personale”), penalizzando i negozi che non si trovano all’interno dei centri commerciali, che più difficilmente sono monogenere, e che si troveranno nell’imbarazzo di chiudere o rimanere aperti sezionando le merci che possono mettere in vendita rispetto alle altre. In pratica si è cercato di rimediare alle corbellerie dei precedenti DPCM, quando al supermercato si potevano acquistare i cetrioli (generi alimentari, prima necessità), ma non le mutande (che per il governo non erano generi di prima necessità), creando però una nuova ambiguità;
sospese tutte le attività inerenti servizi alla persona, ad eccezione di lavanderia, servizi funebri, barbieri e parrucchieri (esenzioni in allegato 24) e attivita` connesse.
didattica a distanza per tutte le scuole ad eccezione delle scuole dell’infanzia, le scuole elementari e la prima classe della scuola media.
Vi sono poi una serie di regole che devono essere rispettate, indipendentemente dalla zona nella quale ci si trova, e che sono:
obbligo di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie (mascherina – possono essere anche autoprodotte) e di indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto, con le esclusioni già previste in passato;
rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro e divieto di assembramento;
sospensione delle prove preselettive e scritte di concorsi e di abilitazione all’esercizio di professioni sospese, a meno che non si svolgano su base curriculare o telematica;
accesso a luoghi di culto con rispetto delle distanze e partecipazione alle funzioni religiose con rispetto dei protocolli sottoscritti;
obbligo per locali pubblici e aperti al pubblico, nonché per esercizi commerciali, di esposizione di un cartello con il numero massimo delle persone ammesse in contemporanea nel locale, in funzione dei protocolli e linee guida vigenti;
possibilità (evidentemente per i sindaci) di adottare la chiusura al pubblico di strade o piazze dei centri urbani, per evitare assembramenti (anche qui il legislatore si scorda che la dizione corretta sarebbe divieto di transito – anche se pedonale), lasciando peraltro l’accesso a esercizi commerciali (se possono stare aperti) e abitazioni private (art. 1 c. 4)
Da ricordare che saranno sempre funzionanti edicole, farmacie e parafarmacie, così come saranno garantiti servizi bancari, finanziari, assicurativi, attività settore agricolo e agro alimentare.
Egualmente consentite le attività ricettive.
Vanno fatte alcune considerazioni.
Grazie al fatto che le dizioni non sono chiare sorgono problemi interpretativi in considerazione che oggigiorno gli esercizi sono abbastanza promiscui; per esempio se è chiaro che le attività dei circoli culturali e ricreativi debbano cessare che cosa ne è degli esercizi di somministrazione (spesso pizzerie) a questi annesse, con tanto di autorizzazione/SCIA e magari gestite da soggetti diversi?
Ad avviso di chi scrive, purché non vi sia promiscuità, possono ben stare aperti, ovviamente rispettando le regole specifiche per quella che il decreto chiama “ristorazione”, anche se alcune interpretazioni (cf.. ANCI Toscana) si esprimono in senso negativo.
Viene da chiedersi poi perché si colpisce così duramente lo sport diffuso, ma si consente invece di proseguire le attività per gli sport “di professione”; la risposta è abbastanza ovvia: perché dietro a quel tipo di sport c’è un giro di denaro enorme ed evidentemente il governo non ha avuto la forza, prima di tutto morale, di imporre alle lobbies dello sport le stesse regole che deve rispettare il comune cittadino. In questo senso continua a consentire eventi e competizione “riconosciuti di interesse nazionale”, con il principio che una partita di calcio è un business da non interrompere, e non c’è salute pubblica che tenga.
Consentite le manifestazioni pubbliche ma solo in “forma statica”; anche qui il confine è labile e difficile sarà il controllo.
Riguardo lo stato di necessità si riaprirà la sagra delle autocertificazioni; andrebbe ricordato un principio generale a tutti coloro che controllano, che l’autocertificazione, la dichiarazione, è qualcosa che si fa di fronte all’organo pubblico e non è necessario viaggiare con un modulo in tasca precompilato, modulo che invece mi dovrebbe fornire chi mi controlla.
Lo “stato di necessità” rischia di risolversi in una clausola valvola valevole per tutto: recarsi in chiesa a pregare può costituire uno stato di necessità?
Insomma il provvedimento è tutto meno che ben congegnato e fa sorgere dubbi e incertezze che si rifletteranno sul controllo, il cui unico deterrente, alla fine, una sanzione da 400 euro che se pagata entro 5 giorni diventa di 280 euro, magari con qualche sanzione accessoria nel caso di persone giuridiche (quelle che possono spostarsi!), ma che certo non è sufficiente a regimare alcuni comportamenti.
Per questo forse il governo si è lasciato andare, anziché alle norme giuridiche di precetto presidiate da norme sanzionatorie effettivamente calibrate alla gravità del fatto, a ridicole “raccomandazioni”, come quella che recita “è fortemente raccomandato l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie anche all’interno delle abitazioni private in presenza di persone non conviventi.” che certo lascia il tempo che trova.
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