Coppie di fatto e separazione, diritti e doveri dei genitori

Quando nasce un figlio, sia fuori sia dentro il matrimonio, sorgono in capo ad entrambi i genitori una serie di diritti e doveri che non vengono meno neppure quando la coppia sia separata o non conviva più insieme.
I diritti e i doveri dei genitori iniziano dal momento della nascita del figlio restano in essere anche se un genitore non convive con il minore, perché i diritti e i doveri dei genitori non scaturiscono dal matrimonio o dalla convivenza ma dal rapporto di filiazione. I genitori hanno anche il dovere di fare crescere il bambino in famiglia e di mantenere con lui rapporti significativi.
I figli, da parte loro, hanno sempre il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere da ciascuno di loro attenzione, educazione e istruzione e di conservare rapporti significativi con i nonni e con i parenti di ogni ramo genitoriale. Questo è il cosiddetto principio di “bigenitorialità” che non va inteso nel senso che il figlio debba trascorrere tempi paritari con entrambi i genitori, ma comporta una partecipazione attiva nel progetto educativo di crescita e di assistenza del minore sia della madre sia del padre. Il genitore che non convive con il figlio deve essere lo stesso presente e non mancare di frequentarlo con costanza, partecipando agli appuntamenti più importanti della sua vita.
Separazione e affidamento dei figli
Anche in regime di separazione o non convivenza, la regola è che i genitori vivano il loro rapporto con il figlio in un regime di affido condiviso; entrambi i genitori hanno pari diritti e doveri sui figli, pari responsabilità, stesse prerogative nelle scelte più importanti relative alla crescita dei minori e il dovere di consultarsi su decisioni di straordinaria amministrazione, come quelle relative all’istruzione, all’educazione, alla salute, mentre le scelte di ordinaria amministrazione spettano al genitore che trascorre di volta in volta il tempo con il figlio.
L’affidamento non deve essere confuso con la collocazione che è relativa al luogo nel quale i figli abitano in modo stabile. L’orientamento dei giudici è quello di affidare i figli alla madre quando sono in età scolare, fatto salvo il pernottamento con il padre, se non risulti meno pregiudizievole per loro vivere con il padre, ad esempio se la madre, a differenza del padre, svolge un lavoro che non le consente di stare ma con i figli e la obbliga ad affidarli sempre a terze persone. È possibile che il giudice stabilisca che i figli vivano a turno presso ognuno dei genitori o, in caso di coppia che abbia convissuto, un’alternanza dei genitori nella casa familiare dove vivono i figli.
Obbligo di mantenimento
Questi sono doveri per così dire “morali”, insieme ai quali esistono anche i doveri materiali, relativi al mantenimento dei figli.
L’obbligo di provvedere alle spese necessarie alla crescita, istruzione, salute, sport, comunicazione, tempo libero e svago dei figli, spettano ad entrambi i genitori, coniugati o conviventi, in proporzione alle rispettive capacità economiche. Spetta al giudice, salvo diverso accordo dei genitori, stabilire che il genitore che non vive stabilmente con il figlio debba partecipare alle spese per la sua crescita, versando un assegno mensile, detto assegno di mantenimento. Il genitore che non adempie a quest’obbligo può incorrere nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Sulle spese straordinarie, quelle imprevedibili od eccezionali, il giudice stabilisce, sempre fatti salvi diversi accordi, che i genitori provvedano ognuno a metà.
Accordi per mantenimento e diritto di visita
Ai doveri dei genitori, da compiersi sempre nell’interesse del figlio, corrispondono i diritti del genitore, specie quello che non vive stabilmente coi figli, di vedersi assicurata la possibilità di frequentare il minore, non esclusivamente per conservare e rafforzare i rapporti affettivi con il figlio ma anche per contribuire in modo adeguato alla sua educazione e al mantenimento economico.
La situazione ideale è che i genitori si rivolgano al giudice per regolamentare il mantenimento e il diritto di vedere il figlio in un regime di affido condiviso. Questa scelta non rappresenta un obbligo di legge ma si rende opportuna nell’interesse ognuno. Se non lasciata all’accordo privato delle parti, offrirà delle maggiori tutele a ciascuno se il provvedimento del giudice non fosse rispettato, sia in relazione al mantenimento sia alle frequentazioni del figlio, perché esisterà un titolo giudiziario del quale ogni genitore potrà chiedere il rispetto.
Sull’istanza di regolamentazione di affidamento e mantenimento, se non sussiste l’accordo dei genitori, deciderà il giudice, sia sugli aspetti economici sia sulla disciplina dell’affidamento.
Gli accordi volti a regolamentare gli incontri e il mantenimento del minore, sono di fondamentale importanza, più sono dettagliati e rispettosi delle esigenze concrete dei soggetti coinvolti, più è facile che questi vengano approvati dal giudice, il quale prende atto di quanto concordato dai genitori se ritiene che corrisponda agli interessi del figlio. Lo scritto sulla carta costituisce sempre una base, perché le situazioni sui figli richiedono sempre grande elasticità e capacità di adattarsi alle esigenze concrete e in continua evoluzione del minore.
Se è sempre possibile chiedere la modifica di questi accordi al mutare delle circostanze, questo non può di sicuro avvenire per le piccole cose.
In casi dove siano presenti molti conflitti, il genitore che vive con il figlio tende a ostacolare un rapporto costante tra il bambino e l’altro genitore. Così facendo, oltre a porsi in contrasto con il principio di legge che vuole garantita la bigenitorialità, arreca anche un danno al figlio stesso, che ha diritto a costruire, mantenere e preservare un rapporto continuativo con ogni genitore e con i suoi parenti.
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