Contratti immobiliari: l’invalidità del preliminare

Il preliminare nei contratti immobiliari
Questo contributo è tratto da

I contratti immobiliari
Flaviano Peluso (the care of), 2020, Maggioli Editore
Con un taglio pratico e operativo, l’opera affronta la complessità della contrattualistica in materia immobiliareanalizzando la portata e le implicazioni delle clausole contenute negli accordi conclusi dalle parti.
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Dopo avere trattato della invalidità in generale del contratto preliminare merita un accenno anche la particolare fattispecie di invalidità prevista, con riguardo alle contrattazioni immobiliari, dall’art. 46 d.P.R. n. 380/2001.
Peraltro la questione si riallaccia, pur differenziandosene, a quella dei titoli urbanistici sopra esaminata al paragrafo 3, relativamente alle contrattazioni preliminari aventi ad oggetto beni immobili. Se ne differenzia in quanto in generale per il contratto di compravendita l’insussistenza del titolo della concessione edilizia per gli immobili costruiti dopo il 17 March 1985 rileva non già come inadempimento del medesimo ai sensi dell’art. 1477 c.c. incidendo piuttosto sulla sua validità genetica.
In questo paragrafo verrà analizzata la questione se detta invalidità riguardi solamente il contratto definitivo ovvero travolga anche il contratto preliminare.
Va evidenziato che sul punto sono intervenute le s.u. della Corte di Cassazione (s.u. n. 8230/2019).
Le sezioni unite hanno risolto un contrasto affermatosi nella giurisprudenza della Suprema Corte e segnalato, con ordinanza interlocutoria 30 July 2018, n. 20061, in ordine alla natura delle c.d. nullità urbanistiche previste dagli artt. 17 and 40 della l. n. 47 of 1985 and 46 the d.P.R. n. 380 of 2001, reputata in alcune decisioni come formale, in quanto derivante dalla mera assenza, nel contratto, delle dichiarazioni del venditore, e in altre come sostanziale, in quanto derivante non soltanto dall’assenza delle menzioni nell’atto, ma anche dalla difformità tra il bene venduto e il progetto assentito.
In particular, secondo il più risalente orientamento, peraltro confermato con la pronuncia in commento, la sanzione prevista dagli artt. 17 and 40 ha carattere di nullità assoluta, formale, testuale e documentale, in quanto derivante semplicemente dalla mancata indicazione nell’atto, da parte dell’alienante, degli estremi del titolo edilizio o di quello in sanatoria, senza che ci si debba interrogare sulla sua reale esistenza, ed è riconducibile alla fattispecie prevista nell’ultimo comma dell’art. 1418 c.c. e insuscettibile perciò di interpretazione estensiva (per tutte, Cass. civ., sez. II, 20 April 2004, n. 7534; Cass. civ., sez. II, 27 April 2006, n. 9647; Cass. civ., sez. II, judgment 15 June 2000, n. 8147; Cass. civ., sez. II, 5 July 2013, n. 16876; Cass. civ., sez. II, 14 June 2017, n. 14804).
L’alienazione, instead, dei beni immobili affetti da irregolarità urbanistiche non sanabili o non sanate attiene all’ambito dell’esecuzione/inadempimento del negozio con esclusione della fase genetica (cf.. ex plurimis, Cass. civ., sez. II, 19 December 2006, n. 27129; Cass. civ., sez. II, 24 March 2004, n. 5898; Cass. civ., sez. II, 29 May 1995, n. 6036).
La giurisprudenza recente
Secondo altro, più recente, indirizzo interpretativo, instead, la nullità in esame ha natura sostanziale, in quanto rivolta a sanzionare gli atti aventi ad oggetto beni irregolari dal punto di vista edilizio (ivi compresi i contratti preliminari, stante la contrarietà a legge del relativo oggetto), sia sulla base di considerazioni logiche, legate all’incongruità dell’approccio formale col fine perseguito dalla norma che, inasprendo il regime previsto dalla legge n. 10 of 1977, art. 15, ha reso incommerciabili beni non in regola dal punto di vista urbanistico, sia sulla base della stessa lettera dell’art. 40, comma 2, della l. n. 47, il quale, pur nella sua non perfetta formulazione, oltre ad affermare la rilevanza delle nullità di carattere formale, contiene il principio della nullità degli atti di trasferimento di immobili irregolari, come indirettamente avvalorato dalla previsione dell’istituto della conferma del contratto, anche su iniziativa unilaterale di una delle parti, mediante un atto successivo redatto nella stessa forma del precedente, sancita dal comma 3 dell’art. 40, la quale postula la validità ab origine dell’atto (Cass. civ., sez. II, judgment 17 October 2013, n. 23591, Rv. 628025-01; Cass. civ., sez. II, judgment 5 December 2014, n. 25811, Rv. 633640-01).
Le sezioni unite hanno risolto il contrasto aderendo, pur con le precisazioni di cui si dirà appresso, alla prima opzione ricostruttiva.
A sostegno di questa tesi, si è fatto ricorso, in linea con le indicazioni contenute nell’art. 12, comma 1, delle Preleggi, sia al dato letterale delle norme esaminate, che connettono la nullità e l’impossibilità della stipula esclusivamente all’assenza di siffatta dichiarazione o allegazione ex art. 40, sia al dato teleologico, da individuarsi soltanto in esito all’esegesi del testo esaminando e non in funzione di finalità ispiratrici del complesso normativo in cui esso è inserito.
È stato poi evidenziato come l’intento perseguito dall’interpretazione sostanzialista, di supportare anche in ambito civilistico il disvalore espresso dall’ordinamento nei confronti del diffuso fenomeno dell’abusivismo edilizio, sia sconfessato dall’essere stata la nullità comminata soltanto con riguardo a specifici atti ad effetti reali inter vivos, con esclusione invece di quelli mortis causa, di quelli ad effetti obbligatori, di quelli riguardanti diritti reali di garanzia e di servitù e di quelli derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali, e come lo stesso istituto della conferma e l’atto aggiuntivo che la contiene presuppongano la sussistenza del titolo e della documentazione, senza implicare, altresì, l’effettiva corrispondenza al suo contenuto dell’edificio oggetto del negozio.
È stato inoltre chiarito che la sanzione in esame non possa essere sussunta nell’alveo della nullità c.d. virtuale di cui al comma 1 dell’art. 1418 D.C., la quale presupporrebbe l’esistenza di una norma imperativa e il generale divieto di stipulazione di atti aventi ad oggetto immobili abusivi al fine di renderli giuridicamente inutilizzabili, in quanto non riscontrata in seno allo ius positum, e neppure nell’ambito della nullità di cui al comma 2 dell’art. 1418 D.C., per illiceità o impossibilità dell’oggetto o per illiceità della prestazione o della causa per contrarietà a norme imperative o al buon costume, in considerazione sia dell’esclusione di alcune tipologie di atti (quelli sopra richiamati) dal suo ambito applicativo, sia dell’estraneità dell’illiceità dell’attività di produzione del bene contemplato nell’atto dall’oggetto e dalla causa della compravendita, costituiti rispettivamente dal trasferimento della proprietà della res e dallo scambio cosa contro prezzo.
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