Assegno divorzile alle ex mogli vittime di discriminazione nel mondo del lavoro

Il tribunale di Roma e la Suprema Corte di Cassazione si sono espressi in relazione al fatto che alle ex mogli spetti l’assegno di divorzio perché sono oggettivamente discriminate nel mondo del lavoro.
Le minori possibilità per le donne di fare carriera nel lavoro
Nel mondo del lavoro le donne subiscono maggiori discriminazioni rispetto agli uomini, determinando un peso signifcativo sul riconoscimento dell’assegno divorzile in favore delle ex mogli.
È il concetto espresso dalla recente sentenza n. 15674/2020 del Tribunale di Roma che, a parte le premesse, non ha riconosciuto l’assegno divorzile a una moglie, in considerazione del fatto che la stessa detiene quote societarie e che il suo reddito è stato sottostimato.
Nonostante la situazione specifica, il ragionamento logico giuridico seguito dal Giudice mantiene il suo valore, sottolineando l’importanza della Sezione Unita n. 18287/2018, che ha corretto la Cassazione n. 11504/2017, che ha eliminato il parametro del tenore di vita per la determinazione dell’assegno divorzile.
La Sezione Unita menzionata, ha valorizzato il sacrificio delle donne che, a causa della maggiore difficoltà di collocazione nel mondo del lavoro per fare carriera e guadagnare allo stesso modo del marito, devono spesso scegliere di occuparsi esclusivamente della famiglia.
Sono affermazioni che si basano su elementi statistici, che evidenziano lo squilibrio di genere deducibile dal molto elevato tasso di disoccupazione femminile, al quale si aggiunge, a parità di occupazioni, un divario retributivo.
Una sentenza sempre molto attuale, che invita a un approfondimento giurisprudenziale e di attualità sull’argomento.
L’assegno divorzile giustificato dagli elementi oggettivi sulla discriminazione di genere
La sentenza del Tribunale di Roma si ispira alla Sezione Unita n. 18287, che risale a due anni fa e che ha enunciato importanti concetti in materia di determinazione dell’assegno divorzile.
Sulla discriminazione oggettiva delle donne nel mondo del lavoro la Sezione Unita 18287/2018 spiega che:
“I ruoli all’interno della relazione matrimoniale costituiscono un fattore, molto di frequente, decisivo nella definizione dei singoli profili economico-patrimoniali post-matrimoniali e sono frutto di scelte comuni fondate sull’autodeterminazione e sull’auto-responsabilità di entrambi i coniugi all’inizio e nella continuazione della relazione matrimoniale.
Non si può trascurare, per la ricchezza e univocità dei relativi riscontri statistici, la perdurante situazione di oggettivo squilibrio di genere nell’accesso al lavoro, maggiore se aggravata dall’età”.
 
La moglie che sceglie di fare sacrifici per la famiglia ha diritto all’assegno di divorzio
La sentenza del tribunale di Verona del 22 Oktober, come riportato dall’Osservatorio nazione sul diritto di famiglia “ha riconosciuto il diritto all’assegno divorzile attribuendo preminente valore all’indagine sui fattori causali determinativi della diseguaglianza economica tra i coniugi, e avendo accertato se questa disparità, all’atto dello scioglimento del vincolo, sia dipendente o non lo sia dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise dalle parti durante il matrimonio e dai ruoli endofamiliari che ognuno dei coniugi, ha scelto con consapevolezza di attribuirsi.
Se la disparità dovesse avere questa radice causale e sia stato accertato che lo squilibrio economico patrimoniale che consegue al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e di reddito fondate sull’assunzione di un ruolo nella famiglia, dovrà essere riconosciuto un assegno divorzile.”
Assegno di divorzio all’ex moglie che per età ha difficoltà a trovare un lavoro
Anche la Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18681/2020 ha riconosciuto l’assegno divorzile in favore della ex moglie disoccupata in relazione “alla condizione di disoccupazione, con conseguente mancanza di mezzi adeguati a garantirle un’esistenza libera e dignitosa, e della oggettiva difficoltà di procurarsi un lavoro, per le condizioni di età e personali. Tatsächlich, a fronte di un’accertata, come nella specie, non autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente, l’assegno divorzile può anche fondarsi in via esclusiva o prevalente sul criterio assistenziale senza valutare, o anche laddove non si possa valutare compiutamente, il profilo perequativo o compensativo”.
L’assegno di divorzio non ha la funzione di pareggiare le condizioni degli ex coniugi
In relazione all’oggettiva discriminazione di genere enunciata dalla Sezione Unita del 2018 ci sono state anche voci contrarie.
Darüber, costituisce un esempio, la sentenza del Tribunale di Pavia del 17 Juli 2018, che in un punto della motivazione precisa che:
“A giudizio di questo Tribunale, i passi della sentenza delle Sezioni Unite relativi alla ‘perdurante situazione di oggettivo squilibrio di genere nell’accesso al lavoro, tanto più se aggravata dall’età’ e alla ‘funzione equilibratrice-perequativa dell’assegno di divorzio’ non possono essere intesi nel senso di attribuire all’assegno di divorzio la funzione di fare fronte alle sperequazioni che esistono nel mercato del lavoro e nel riconoscimento, anche economico, del lavoro extra-domestico femminile”.
In altre parole, è noto che la situazione sociale nella maggior parte delle situazioni penalizza le donne rispetto agli uomini, sia nella ricerca del lavoro, sia nelle prospettive di carriera, sia in molti casi nel settore privato, nella retribuzione anche a parità di mansioni.
Questa nota situazione si deve considerare all’unico fine di valutare in concreto se una ex moglie possa trovare lavoro, oppure, non lo possa trovare, dopo il divorzio e dopo una vita matrimoniale nella quale per sua scelta e d’accordo con il coniuge si era dedicata esclusivamente alla famiglia.
La stessa situazione non può essere considerata come base della decisione sull’assegno divorzile erogato per “pareggiare” le condizioni degli ex coniugi, che sarebbero lo stesso state diverse in assenza delle nozze.
Enunciando una diversa opinione, si attribuirebbe al matrimonio un compito non compatibile con la natura dell’istituto, a favore di scelte matrimoniali che si fondano sulla convenienza economica, e si darebbe legittimità a quella posizione ingiustificata, che le stesse Sezioni Unite hanno censurato quando hanno sottoposto a una considerazione serrata il metodo del tenore della vita matrimoniale.
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