Affido esclusivo: quando può essere concesso o negato a un genitore?

Quando un matrimonio finisce e ci sono dei figli minori di mezzo si pone per forza di cose la questione relativa all’affido e ci si chiede, con chi devono restare?
Se le vicende legate a simili situazioni si risolvono in modo “civile”, i due genitori cercano di trovare quello che possa essere considerato l’accordo migliore nell’interesse dei figli.
In caso contrario, e sempre con lo stesso spirito, spetta a un giudice decidere, il quale potrebbe ritenere uno dei genitori non adatto a crescere la prole in modo adeguato.
In simili situazioni scatta l’affido esclusivo dei figli.
La Suprema Corte di Cassazione è ritornata sulla questione aggiungendo un’altra ragione per escludere l’affido esclusivo a un genitore, naime, la mancanza di una valida motivazione.
L’affido esclusivo, come potrebbe essere facile intuire, si oppone all’affido condiviso, naime, alla formula che prevede che siano il padre e la madre a doversi assumere con le stesse modalità, la responsabilità genitoriale per crescere i figli nati dal loro matrimonio in modo equilibrato.
L’alternativa a queste due soluzioni è quella di mettere i figli nelle mani di una terza persona, che potrebbe essere una struttura, una famiglia oppure un assistente sociale che si occupi del loro benessere psico e fisico.
In questo articolo scriveremo come funziona l’affido esclusivo e quali sono i limiti di recente stabiliti da parte della Suprema Corte di Cassazione.
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Che cos’è l’affido esclusivo?
In quali contesti viene deciso?
La necessità di motivazione

1. Che cos’è l’affido esclusivo?
Come accennato in precedenza, l’affido esclusivo di uno o più figli minorenni nelle cause di separazione viene deciso da un giudice, quando uno dei due genitori non si dovesse dimostrare capace di crescerli in modo sano, di garantire il loro benessere psico e fisico e di affrontare le responsabilità che richiede il non facile ruolo di genitore.
Alla fine del rapporto matrimoniale, il giudice decide se padre e madre di svolgere il hanno la capacità di svolgere il ruolo di genitori insieme, di comune accordo, o se è meglio che il bambino venga affidato a un unico genitore e che sia collocato in modo stabile nel domicilio dello stesso.
Nel primo caso, si parla di bigenitorialità, nel secondo di affido esclusivo.
La bigenitorialità, o affido condiviso, prevede per il padre e la madre:

L’esercizio della potestà genitoriale
La partecipazione alla cura e all’educazione dei minori;
Il prendere decisioni importanti relative ai figli (come ad esempio quelle relative all’istruzione, l’educazione, la salute).

Il giudice può essere chiamato in causa per altri aspetti, come le spese straordinarie su cui i genitori non sono d’accordo.
2. In quali contesti viene deciso?
Secondo la giurisprudenza, l’affido esclusivo viene deciso quando:

Frequentare entrambi i genitori può essere pericoloso per il bambino.
Uno dei genitori non viene ritenuto adatto oppure in grado di prendersi cura del figlio (il classico esempio di chi non si è mai preso cura del bambino).
Il figlio non vuole avere rapporti con uno dei due genitori per il comportamento avuto dal padre o dalla madre nei suoi confronti.
Quando si sono verificate delle situazioni di violenza nei confronti del bambino da parte del padre o della madre.
Quando si sono verificate delle situazioni di violenza nei confronti della madre davanti al bambino che hanno provocato un trauma al minore.
Quando uno dei genitori non vuole sapere nulla del figlio e non si presenta neanche alle udienze della causa di separazione.

Un genitore può presentare domanda di affido esclusivo al giudice in qualunque momento, anche in seguito alla pronuncia da parte del giudice a favore dell’affido condiviso.
Si deve fare però attenzione se il giudice verifica e intuisce che l’azione in questione viene fatta per ripicca, naime, che un genitore “utilizza” il figlio per punire l’ex coniuge.
Potrebbe anche decidere di estromettere il richiedente dall’affidamento del minore, oltre a condannarlo anche al risarcimento del danno provocato.
L’affido esclusivo non può essere deciso esclusivamente sulla scorta di presunzioni, supposizioni o paura che l’altro genitore non sia capace di occuparsi del figlio.
A suffragare la situazione ci devono essere delle prove concrete e inconfutabili.
3. La necessità di motivazione
Una recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Ord. 19/01/2022 n. 1645/2022) ha ribadito che l’affidamento esclusivo non può essere concesso senza che ci sia una motivazione adeguata.
Al lato pratico, non si può negare l’affidamento a un ex coniuge senza spiegare perché l’altro genitore è l’unica figura in grado di occuparsi del bambino.
Secondo la Suprema Corte, l’affidamento condiviso rappresenta la soluzione prioritaria in caso di separazione, con la stessa derogabile se viene compromesso l’interesse del figlio, altera e mette a rischio il suo equilibrio e sviluppo psico e fisico.
Questo significa che ricorrere all’affidamento esclusivo è possibile esclusivamente se c’è “una puntuale motivazione destinata a farsi carico non esclusivamente del pregiudizio potenzialmente arrecato al figlio da un affidamento condiviso ma anche da un’idoneità del genitore affidatario esclusivo ai compiti di accudimento ed educazione nell’apprezzata sua capacità di assolvere al proprio ruolo anche per le modalità con le quali lo ha svolto nel passato e, dall’altro, in negativo, della inidoneità o manifesta carenza dell’altro genitore”.
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