Suprema Corte di Cassazione: all’ex moglie depressa spetta l’assegno divorzile
Si potrebbe verificare la circostanza che una donna i seguito a divorzio sia molto depressa e versi in un notevole stato d’ansia che le impedisca di riuscire a trovare un lavoro, fonte per sopravvivere.
L’ex moglie che si trova in una simile situazione ha diritto all’assegno divorzile.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con un’ordinanza depositata di recente (Cass. ordinanza n. 21140/2020 del 02/10/2020).
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In che cosa consiste l’assegno divorzile
L’assegno divorzile consiste nell’obbligo di uno dei coniugi di pagare all’altro coniuge un assegno oin un determinato periodo, quando lo stesso non abbia i mezzi adeguati o on se li può procurare per motivi di carattere oggettivo.
Secondo le disposizioni contenute nell’articolo 5 della legge sul divorzio (L. 898/1970) il tribunale, quando pronuncia sentenze di divorzio, deve stabilire anche la misura dell’assegno divorzile, considerando determinati fattori, tra i quali, il principale è il reddito dei due coniugi, in base ai motivi della decisione e alla durata del matrimonio.
Il pagamento dell’assegno può essere mensile oppure in un’unica soluzione.
In presenza di simili circostanze anche con assegnazione di un bene.
Si legga anche:”Assegno divorzile ed ex coniuge senza regolare contratto di lavoro”
La differenza tra assegno divorzile e di mantenimento
L’assegno divorzile è una delle principali conseguenze del divorzio relative al patrimonio, perché attraverso il divorzio il giudice stabilisce l’eventuale diritto di uno dei coniugi di percepirlo.
L’assegno divorzile deve essere distinto dall’assegno di mantenimento che, quando sono presenti le condizioni di legge, spetta prima del divorzio, vale a dire, in seguito alla separazione personale dei coniugi, in una fase del rapporto ancora transitoria.
A proposito, deve essere segnalata una sentenza rivoluzionaria della Suprema Corte di Cassazione che ha evidenziato in modo più marcato la distinzione tra l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile.
La sentenza n. 11504/2017 in relazione all’assegno di divorzio ha affermato che il metodo di liquidazione non può essere quello del mantenimento del tenore di vita, si verifica in seguito alla separazione personale, perché che risulterebbe essere in contrasto con la natura stessa del divorzio.
Nel dibattito in materia di quantificazione dell’assegno divorzile a favore dell’ex coniuge, la sopra menzionata sentenza ha smosso le acque.
Il Giudice di legittimità ha affermato che, in conseguenza del divorzio, “il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sul piano sia dello status personale dei coniugi, i quali si devono per questo motivo considerare da quel momento in poi come ‘persone singole’, sia dei loro rapporti economico-patrimoniali (art.191, co. 1, c.c.) e, in particolare, del reciproco dovere di assistenza morale e spirituale”.
La previsione normativa in relazione alla spettanza e quantificazione dell’assegno divorzile per l’ex coniuge, secondo i giudici della Prima Sezione, “evidenzia che la sua stessa ‘struttura’ prefigura un giudizio nitidamente e rigorosamente distinto in due fasi”, il quale oggetto è costituito in primo luogo dalla valutazione in relazione all’an debeatur e, “al buon esito di questa prima fase”, si dovrà procedere alla “determinazione quantitativa dell’assegno (fase del quantum debeatur)”.
Il giudizio sull’an debeautur deve essere effettuato stimando se il richiedente disponga di “mezzi adeguati”, o sia in grado di procurarseli, ma il legislatore non ha indicato quale sia il parametro di stima dell’adeguatezza dei mezzi, e il Giudice di legittimità ha ritenuto di individuarlo “nell’indipendenza o autosufficienza economica” dell’ex coniuge che chiede l’attribuzione dell’assegno divorzile.
In relazione al parametro del tenore di vita “analogo a quello avuto in costanza di matrimonio”, utilizzato dalla giurisprudenza per decenni per stimare l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge economicamente più debole, seguendo l’orientamento autorevolmente fatto proprio dalle Sezioni Unite, la Prima Sezione non ne ha negato la possibile valenza.
In quali circostanze spetta l’assegno divorzile
L’assegno divorzile è un diritto di credito imprescrittibile, irrinunciabile e indisponibile che un ex coniuge vanta nei confronti dell’altro coniuge, sino a quando il beneficiario stesso contragga altre nozze oppure l’obbligato muoia o fallisca.
Il diritto a percepire l’assegno divorzile, nelle circostanze nelle quali venga stabilito nella sentenza di divorzio, spetta sin dal momento nel quale la stessa passa in giudicato, ed è possibile richiedere al giudice di rideterminarlo in qualunque momento, se dovessero sopravvenire apprezzabili modifiche dei rispettivi redditi.
Si devono anche evidenziare le speciali forme di garanzia che l’ordinamento ha messo a tutela di questo particolare diritto di credito, soprattutto in seguito alle modifiche che sono state introdotte dalla novella del 1987, in aggiunta alle altre eventuali forme che il giudice potrebbe sempre disporre.
Ad esempio, iscrizione di ipoteca su un immobile dell’obbligato, pignoramento dei suoi beni, del suo stipendio o della sua pensione.
L’assegno divorzile, potrebbe essere pagato anche da terzi, come previsto per l’assegno di mantenimento in seguito a separazione personale.
Al beneficiario viene data anche la possibilità, senza ricorrere al giudice, di richiedere direttamente al datore di lavoro dell’obbligato sino alla metà di quello che gli spetta, attraverso un’azione esecutiva nei confronti del datore stesso, in caso d’inadempimento (art. 8 legge n. 898/1970).
Ritorniamo alla questione oggetto della recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione.
I fatti
Una coppia di coniugi divorzia, viene disposto che ogni mese l’ex marito debba versare all’ex moglie una determinata somma a titolo di assegno divorzile.
Dopo qualche tempo, l’uomo decide di proporre ricorso per cassazione, lamentando di non dovere essere tenuto al pagamento della somma in questione, perché l’ex moglie, secondo lui, si potrebbe mantenere in modo autonomo cercandosi un lavoro.
La Suprema Corte di Cassazione, procede a considerare sia le doglianze dell’ex marito sia la situazione dell’ex moglie.
Gli Ermellini decidono di respingere la richiesta dell’uomo, che pretendeva di revocare l’assegno erogato ogni mese all’ex moglie, perché la stessa è vittima di una forte sindrome depressiva.
La decisione della Suprema Corte di Cassazione
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, non risponde al vero affermare che lo stato ansioso non possa cambiare la situazione economica di una persona che, ha anche dimostrato una diminuzione del reddito percepito in seguito al divorzio.
Secondo i Supremi Giudici, la crisi depressiva può condizionare in modo pesante la ricerca di un lavoro, ed è in grado di impedire la possibilità che la donna procuri a sé stessa un reddito adeguato al suo sostentamento.
L’ordinanza si conclude con l’affermazione che l’ex marito è tenuto a garantire all’ex moglie l’assegno divorzile in presenza di una forte sindrome depressiva.
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