Sul vaccino anticovid in ambiente di lavoro

Analisi della normativa, della giurisprudenza e della legislazione al fine di fornire interpretazioni
Appare utile, al fine di dare risposte circa gli obblighi vaccinali in ambienti di lavoro, analizzare aspetti normativi,
dogmatici e giurisprudenziali.

La normativa codicistica rilevante.
L’analisi in questione, ovviamente, non può prescindere dalla normativa codicistica.
“L’imprenditore è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di
lavoro” (articolo 2087 cod.civ.).
Questa norma rappresenta e ah rappresentato a lungo un caposaldo, anche sotto l’aspetto della sicurezza sul lavoro.
Questa norma, secondo anche un certo orientamento giurisprudenziale, è dunque fonte di responsabilità datoriale
e impone “di adottare non soltanto le misure tassativamente prescritte dalla legge in relazione al tipo di attività
esercitata, le quali rappresentano lo “standard” minimale fissato dal legislatore per la tutela della sicurezza del
lavoratore, ma anche le altre cautele richieste in concreto dalla specificità dle rischio […]” (C.f..r tra le tante:
Cass. Civ. Sez. Lavoro, 08 Maggio 2013, n. 10819)
La responsabilità, i canoni secondo cui il datore risponde sono quindi da commisurare con l’articolo 1218 cod.civ.,
quindi la prova liberatoria consiste nel “provare che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile” (C.f.r).
Occorre, cioè, non “una mera difficoltà”, ma “un impedimento obiettivo e assoluto che non possa essere rimosso” (Cass. Civ. Sez. II 15 novembre 2013, n. 25777) derivante anche da terzi (c.f.r sent.cit.).

Aspetti circa la prova liberatoria
Ci si deve dunque chiedere,sotto altro aspetto, quale ruolo assurga una condotta abnorme del lavoratore o, comunque un qualcosa, ascrivibile al lavoratore, che escluda i canoni di responsabilità datoriale summenzionati.
Sotto questo aspetto, pertanto, è stato stabilito che “in tema di responsabilità del datore di lavoro, derivante da
inosservanza di cautele antinfortunistiche, per rischio elettivo si intende una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell’attività lavorativa e prescindendo da
essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione e attività assicurata” (C.f.r Cass. Civ.
Sez. Lav. 05 Settembre 2014, n. 18786).
Parimenti, in materia di tutela dell’integrità fisica del lavoratore, il datore di lavoro, in caso di violazione della disciplina antinfortunistica, è esonerato da responsabilità “soltanto quando la condotta del dipendente abbia assunto i caratteri dell’abnormità, dell’imprevedibilità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento normativo ed alle direttive ricevute” (C.f.r Cass.Civ. Sez. Lavoro, 4 Dicembre 2015, n. 27127).
Sotto anche tale ultimo aspetto dell’abnormità, dunque, si avrebbero risposte circa le cautele da adottare per eventuali vaccinazioni anti contagio.
La normativa sulla sicurezza sul lavoro.
L’analisi, d’altro canto, può e deve essere completata anche con un sommario excursus sulla normativa in materia
di sicurezza sul lavoro.
I principali provvedimenti legislativi sono anche rappresentati dai decreti anni ’50 del secolo scorso, improntati al
principio della protezione oggettiva, contenenti cioè obblighi positivi, comandi ed obblighi negativi, o divieti, con
la finalità di tutelare il lavoratore da ogni singola macchina o attrezzatura impiegata nell’attività produttiva.
Lo stesso Statuto dei Lavoratori (L. 300/1070) conferisce ai lavoratori una potestas agendi affinchè venga tutelata
la loro salute durante il lavoro.
Le direttive anni ’80 della Comunità Europea, recepite poi con Dlgs 19 Settembre 1994, n. 626, segnarono il passaggio dal principio della massima sicurezza ragionevolmente fattibile a quella della massima sicurezza tecnologicamente fattibile.
Nel 1989 un secondo gruppo di direttive, comprendenti la Direttiva Quadro 89/391 e le sette direttive “figlie” ad
essa collegata, enuncia specifiche norme per determinati settori o aspetti della sicurezza.
Rispetto al primo gruppo di direttive, i cui obiettivi si fermavano al dovere di formazione – informazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, questo secondo gruppo introduce un livello di protezione più elevato attraverso la logica della partecipazione equilibrata.
Tali direttive verranno recepite con ritardo dal nostro ordinamento, ma l’importanza del Dlgs 626/1994 è notevole
perchè introduce e viene definita la responsabilità penale di tutti coloro che sono coinvolti a vario titolo nell’attività di impresa (C.f.r. Oleotti, D’Apote, Sicurezza sul Lavoro, ed. Simone pag. 6 ss.).
Considerazioni.
Da questa analisi, dunque, scaturiscono diverse considerazioni.
Da un punto di vista strettamente civilistico non si deve far riferimento a diritti individuali, laddove esistano in tal
senso, quanto, invero, al sinallagma, al contratto di lavoro, dove, da una parte c’è il datore di lavoro che deve garantire la sicurezza di tutti e dall’altra. lo stesso prestatore, che, ai sensi di quanto sopra esposto, anch’esso è un
soggetto responsabilizzato.
Non viene dunque in questione, direttamente, nessun diritto particolare e,semmai, lo stesso incontro delle volontà
e lo stesso diritto del lavoro impongono specifiche cautele che tutti sono tenuti ad adottare.
Se del caso, quindi, una mancata vaccinazione può, senz’altro, ad avviso di chi scrive, comportare conseguenze
come anche lo stesso licenziamento.
Sotto gli aspetti sopra elencati, infatti, trattasi di tutelare non solo l’incolumità del singolo, ma di tutti i lavoratori
dell’impresa e perciò, stante tutto quanto sopra esposto, richieste di vaccinazioni possono, sotto tali aspetti, ritenersi conformi al diritto vigente.
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