Se il condominio segnala un abuso edilizio all’interno della proprietà esclusiva di un condomino, il comune non può rimanere inerte ma deve attivarsi per la rimozione del manufatto edificato sine titulo
riferimenti normativi: art. 2 L. n. 241/90
precedenti giurisprudenziali: Cons. Stato, Sez. V, Sentenza n. 5087 del 09/11/2015
La vicenda
Due condomini sul terrazzo di proprietà esclusiva al primo piano nella porzione di facciata posta sopra l’ingresso, realizzavano un’ampia struttura in metallo con copertura fissa e chiusura su tutti i lati, così da formare un vero e proprio locale (il tutto amplificato dalla posa, ai lati, di due ampie pergotende). Tale opera, realizzata senza titolo edilizio, anche per i colori dei materiali utilizzati, alterava il decoro architettonico del caseggiato, suscitando la comprensibile reazione da parte dei condomini. Successivamente l’amministratore del condominio chiedeva all’Amministrazione Comunale di effettuare le opportune verifiche sull’opera sopra detta e di adottare le conseguenti misure sanzionatorie. Il Comune rimaneva inerte e, conseguentemente, il condominio si rivolgeva al Tar per ottenere l’accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto formatosi sulla segnalazione dell’abuso e il conseguente ordine al Comune di provvedere ad adottare le relative misure sanzionatorie. La richiesta del condominio veniva accolta e l’Autorità Comunale adottava, nei confronti dei responsabili, il provvedimento di ingiunzione della demolizione della struttura abusiva; tuttavia il Comune rimaneva poi nuovamente inerte, ricevendo ulteriore richiesta del condominio ad assumere gli atti consequenziali alla mancata ottemperanza alla diffida a demolire e, per l’effetto, a procedere all’adozione della necessaria demolizione d’ufficio; tuttavia – proseguendo il silenzio – i condomini procedevano ad una nuova chiamata del Comune dinanzi al Tar per l’accertamento dell’illegittimità dell’ulteriore silenzio serbato dal Comune e per la conseguente sua condanna a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni, anche con nomina di un commissario ad acta.
La questione
Se il condominio segnala un abuso edilizio all’interno della proprietà esclusiva di un condomino, il Comune deve attivarsi per la rimozione del manufatto edificato sine titulo?
La soluzione
Il Tar ha dato ragione al condominio.
In particolare il Collegio ha osservato che la perdurante presenza dell’abuso edilizio legittima certamente a pretendere l’adozione di adeguate misure chi si è già visto, a tal fine, riconoscere il titolo giuridico (cioè i condomini), in quanto soggetti nella cui sfera incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell’organo preposto; per quanto sopra il Tar ha dichiarato fondata la domanda giudiziale del condominio, non avendo il Comune dato riscontro alla motivata richiesta di prosecuzione dell’attività di repressione dell’abuso edilizio accertato in capo ai due condomini che non hanno ottemperato all’ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi. L’Autorità giudiziaria amministrativa ha così ordinato al Comune di attivarsi, nominando Commissario ad acta il Prefetto (che interverrà su richiesta del ricorrente solo dopo l’inutile decorso del termine assegnato all’Amministrazione comunale), condannando quest’ultima alle spese di giudizio.
Le riflessioni conclusive
È pacifica la legittimazione dell’amministratore condominiale ex art. 1130 c.c. a tutelare il bene comune pregiudicato da opere altrui; di conseguenza, l’obbligo di denunciare qualsiasi abuso edilizio, incidente sulle parti comuni, incombe sull’amministratore, a prescindere dalle decisioni dell’assemblea. L’amministratore, perciò, non dovrà attendere alcuna autorizzazione dei condomini e dovrà attivarsi non appena avrà avuto notizia dell’illecito. L’Autorità Comunale, però, dopo la segnalazione deve intervenire. A tale proposito, viene in rilievo sia la generale previsione dell’art. 2 della legge n. 241/1990, da applicare ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso (in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost.), sia lo specifico obbligo di provvedere sancito dall’art. 27 e ss. del d.P.R. n. 380/2001, azionabile ad istanza di chi vi sia legittimato in quanto proprietario di un’area nella cui sfera giuridica incide dannosamente l’abuso. Non può, quindi, essere messo in dubbio l’obbligo dell’Amministrazione comunale di provvedere sull’istanza di repressione degli abusi edilizi realizzati su area confinante, formulata dal relativo proprietario, il quale gode di una legittimazione differenziata rispetto alla collettività, subendo gli effetti nocivi immediati e diretti della commissione dell’eventuale illecito edilizio non represso nell’area limitrofa alla sua proprietà; di conseguenza egli è titolare di una posizione di interesse legittimo all’esercizio di tali poteri di vigilanza e, quindi, può proporre l’azione a seguito del silenzio ai sensi dell’art. 31 c.p.a. (Cons. Stato, Sez. VI, 07/06/2018 n. 3460).
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