Scadenza del termine per l’emanazione del decreto di esproprio
La scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e il possesso del terreno occupato dalla P.A. è da considerarsi illecito
Con la seguente sentenza, la Seconda Sezione del T.A.R. Campania- Salerno ha accolto un ricorso tendente a ottenere sentenza dichiarativa di sopravvenuta inefficacia di dichiarazione di pubblica utilità e del conseguente diritto del proprietario alla restituzione dell’area già occupata dall’amministrazione procedente in virtù di decreto di occupazione di urgenza.
La decisione segnalata, nel richiamare precedenti giurisprudenziali in materia, afferma che , ai sensi dell’art.13 del D.P.R. n.327/2001, la scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e ,quindi, la trasformazione, in illecito, del possesso del terreno a suo tempo occupato in esecuzione della ordinanza di occupazione d’urgenza.
È, infatti, illegittima l’occupazione di un’area privata ove l’ente pubblico non abbia debitamente concluso il procedimento ablativo finalizzato alla realizzazione dell’opera pubblica nel termine quinquennale di validità della dichiarazione di pubblica utilità, decorrente dalla data di approvazione del progetto ai sensi degli artt. 12 e 13 del D. P. R. n. 327 / 2001 , con l’adozione del decreto di esproprio o altro atto equiparato concernente l’immobile occupato, nonostante l’intervenuta trasformazione e utilizzazione a scopi di pubblico interesse.
In tale comportamento dell’Amministrazione sono riscontrabili tutti gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana per danno ingiusto, ravvisando sia il compimento di un atto illecito, derivante da un’occupazione sine titulo ,assistita, solo inizialmente e mediatamente, dalla dichiarazione di pubblica utilità , sia l’elemento psicologico della colpa, per la negligenza dimostrata nella mancata conclusione della procedura espropriativa, sia il nesso causale tra l’azione appropriativa e il danno patito per effetto della sottrazione del bene e la trasformazione dei luoghi.
L’Amministrazione , nel caso di specie,al fine di evitare la trasformazione del possesso del bene in illecito, avrebbe dovuto esercitare il potere di proroga , concesso in astratto dall’art. 13, comma 5, del D. P. R. 327/2001, prima della scadenza del termine di validità della dichiarazione di pubblica utilità e per un periodo di tempo massimo di due anni.
Tribunale Amministrativo Regionale della Campania- Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda);Presidente Maria Abbruzzese; Estensore Cons. Paolo Severini.
Sentenza n°1482 del 16 ottobre 2017
sul ricorso, proposto da:
****rappresentato e difeso dall’Avv. ****;
contro
Comune di Taurano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. ****;
nei confronti di
Impresa ****, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per la declaratoria
della sopravvenuta inefficacia, se del caso da pronunciarsi anche in via incidentale, della dichiarazione di pubblica utilità, resa con deliberazione di G. C. del Comune di Taurano, n. 36 del 4 maggio 2011;
e, per l’effetto, per la declaratoria di nullità o per l’annullamento
1) della deliberazione, n. 67 del 10 agosto 2016, notificata al sig. *** in data 13 novembre 2016, con la quale la Giunta Comunale del Comune di Taurano ha disposto la proroga di anni due del termine per la definitiva espropriazione dei suoli, occorrenti per la esecuzione dei lavori di sistemazione della strada rurale in località Maddalena – Ciglio, nonché, per tutta la durata dell’occupazione, della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere;
2) ove e per quanto necessario, della nota, prot. n. 3020 dell’11 novembre 2016, mediante la quale il Responsabile dell’U. T. C. del Comune di Taurano ha notificato al sig. *** il provvedimento sub 1);
3) d’ogni ulteriore atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale a quelli espressamente impugnati, ivi compresi, ove e per quanto possa occorrere, la deliberazione di G. C. del Comune di Taurano, n. 36 del 4 maggio 2011, della determinazione, prot. n. 72 del 13 luglio 2011, del Responsabile del Settore dell’Area Tecnico – Manutentiva del Comune di Taurano, del decreto, prot. n. 2217 del 19 agosto 2011, del Responsabile del Settore U. T. C. del Comune di Taurano, nonché del verbale di presa di possesso e stato di consistenza dei luoghi, del 16 novembre 2011,
nonché per la condanna
del Comune di Taurano al risarcimento in forma specifica, mediante restituzione del fondo di proprietà dell’odierno ricorrente, oggetto della contestata procedura ablatoria;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Taurano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 27 settembre 2017, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
Il ricorrente, premesso che:
– con deliberazione n. 36 del 4 maggio 2011 la G. C. di Taurano disponeva l’approvazione del progetto definitivo – esecutivo dei lavori di realizzazione di una strada rurale, in località Maddalena – Ciglio, contestualmente dichiarando la pubblica utilità dell’opera, nonché approvando il piano particellare delle aree, soggette ad esproprio, tra le quali veniva indicato anche un terreno di sua proprietà, in catasto al fol. 6, mappale 98, con destinazione a noccioleto, esteso are 60,50, da espropriarsi per complessivi mq. 195;
– secondo le previsioni progettuali, la strada in questione dovrebbe percorrere l’intera estensione del fondo di proprietà del ricorrente, nella sostanza spezzando il cespite in due porzioni di consistenza più che rilevante;
– con determinazione n. 72 del 13 luglio 2011, il Responsabile dell’Area Tecnico – Manutentiva del Comune di Taurano determinava, d’urgenza e in via provvisoria, l’indennità d’espropriazione degli immobili, interessati dalla procedura ablatoria in oggetto;
– con successivo decreto, n. 2217 del 19 agosto 2011, il Responsabile dell’U. T. C. di Taurano decretava l’occupazione d’urgenza degli immobili da espropriare e, all’esito delle notifiche di legge, in data 16 novembre 2011 redigeva processo verbale di presa di possesso e d’accertamento dello stato di consistenza dei luoghi, relativamente al terreno di sua proprietà;
– in data 25 luglio 2012, il Comune di Taurano procedeva alla consegna dell’area occupata all’impresa edile ***, incaricata della esecuzione dei lavori;
– con provvedimento, prot. n. 1264 del 28 febbraio 2013, la Comunità Montana Partenio – Vallo di Lauro, sentito il parere rilasciato dallo STAPF di Avellino, con nota del 21 gennaio 2013, rilasciava autorizzazione, con prescrizioni, alla realizzazione della strada in questione, precisando che detta autorizzazione restava subordinata all’acquisizione del parere della Commissione regionale VIA per il “SIC Pietra Maula”, in mancanza del quale i lavori sarebbero stati irrealizzabili;
– con decreto dirigenziale n. 68 del 26 giugno 2014, veniva rilasciato il parere relativo alla predetta zona SIC, con la precisazione che tale provvedimento favorevole aveva validità di 24 mesi dal rilascio, in conformità alla validità dell’autorizzazione, rilasciata dalla Comunità Montana;
– era, dunque, chiaro che sino alla data di rilascio di tali provvedimenti, ad onta della occupazione d’urgenza delle aree da espropriare e della relativa consegna all’impresa esecutrice, i lavori non potevano giuridicamente essere avviati, difettando i presupposti titoli amministrativi, di cui sopra;
– con nota, prot. n. 2151 del 20 luglio 2015, il R. U. P. gli comunicava quanto segue: “(…) In data 27/07/2015 riprenderanno i lavori della strada Maddalena – Ciglio, che erano stati sospesi il giorno 30/07/2012”;
– nonostante il conseguimento dell’autorizzazione della Comunità Montana e del favorevole parere regionale, il Comune di Taurano, per il tramite dell’impresa appaltatrice, non aveva tuttavia mai dato inizio ai lavori, per la realizzazione della strada in parola;
– in data 13 novembre 2016, quindi, aveva ricevuto la notificazione della deliberazione n. 67 del 10 agosto 2016, pubblicata in data 7 novembre 2016, mediante la quale la G. C. di Taurano, riferendosi ad “oggettive difficoltà che hanno impedito un regolare corso dei lavori, in particolare con riferimento alle conseguenze connesse ad incendi boschivi ed a fenomeni meteorologici di particolare intensità”, ha rappresentato l’esigenza di “procedere improrogabilmente all’urgente completamento dei lavori, attesa la necessità di rendere funzionale l’opera pubblica interessata dall’esproprio, così da consentire un rapido e pronto accesso alle alture boschive, interessate da frequenti e significativi incendi”, altresì evidenziando che “l’urgenza di cui innanzi è altresì connessa al rischio di contenzioso con la ditta appaltatrice per i ritardi nell’esecuzione dell’opera”; su tali presupposti, dunque, l’organo giuntale ha deliberato: 1) “di prorogare per i motivi espressi in narrativa di anni 2 (due) il termine per la definitiva espropriazione dei suoli occorrenti per la sistemazione dell’opera, meglio specificata in premessa, ai sensi dell’art. 13 d. P. R. n. 327/2001 e ss. mm. ii.”; 2) “di prorogare per tutta la durata dell’occupazione la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibili ed urgenza delle opere”;
– dalla deliberazione giuntale di che trattasi nulla si ricavava in ordine al tardivo conseguimento dell’autorizzazione della Comunità Montana e del previo parere SIC, necessari per la realizzazione della strada in parola;
tanto premesso, in via di fatto, il ricorrente articolava, avverso i provvedimenti, specificati in epigrafe, le seguenti censure in diritto:
I) VIOLAZIONE ARTICOLI 3, 42 E 97 DELLA COSTITUZIONE – VIOLAZIONE ARTICOLI 2, 8, 12 E 13, D.P.R. 8 GIUGNO 2001, N. 327 – NULLITÀ PER CARENZA IN ASSOLUTO DEL POTERE ESPROPRIATIVO OVVERO, IN SUBORDINE, ECCESSO DI POTERE PER CATTIVO USO DEL POTERE ESPROPRIATIVO – INVALIDITÀ DERIVATA: il Comune di Taurano, dopo avere approvato con precedente deliberazione di Giunta Comunale n. 102 del 23 ottobre 2006 il progetto definitivo –esecutivo dei lavori di realizzazione di una strada rurale in località Maddalena – Ciglio, con successiva deliberazione di Giunta Comunale, n. 36 del 4 maggio 2011, pubblicata in data 25 maggio 2011, riapprovava il progetto definitivo – esecutivo di tale opera, dichiarando la pubblica utilità dell’opera medesima, nonché dichiarando il deliberato giuntale immediatamente eseguibile, ai sensi dell’art. 134, comma 4, D. Lgs. n. 267/2000, stante l’urgenza di provvedere; la deliberazione giuntale, ancorché recante la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera per cui vi è causa, non stabiliva il termine entro il quale andava emanato il decreto di esproprio, come reso facoltativo dall’art. 13, comma 3, d. P. R. n. 327/2001 , di conseguenza si rendeva applicabile la previsione del successivo comma 4 del citato art. 13, d. P. R. n. 327/2001, a tenore del quale “Se manca l’espressa determinazione del termine di cui al comma 3, il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera”; considerato, quindi, che la dichiarazione di pubblica utilità era stata disposta mediante la richiamata deliberazione di G. C., n. 36 del 4 maggio 2011, in pari data dichiarata esecutiva ai sensi dell’art. 134, comma 4, D. Lgs. n. 267/2000, la dichiarazione in parola restava efficace sino a tutto il 4 maggio 2016, termine entro il quale il Comune di Taurano avrebbe dovuto provvedere all’emanazione del decreto d’esproprio; ma il Comune di Taurano, pur avendo avviato il procedimento ablatorio di che trattasi, non lo ha poi completato, adottando il decreto d’esproprio avente ad oggetto l’immobile di proprietà del ricorrente; del resto, secondo quanto precisato dall’art. 13, co. 6, d. P. R. n. 327/2001: “La scadenza del temine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità”. Sicché, stante la mancata adozione del decreto di esproprio, la scadenza del termine d’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità ha certamente eliso il potere ablatorio, atteso che: “L’esistenza di un’efficace dichiarazione di pubblica utilità, esplicita o implicita, costituisce presupposto indefettibile del decreto d’espropriazione, tanto che l’art. 8, d. P. R. n. 327 del 2001 individua nella d. p. u. un presupposto d’emanazione del decreto di espropriazione. Del resto, l’art. 23, d. P. R. n. 327 citato consente l’adozione del decreto di espropriazione solo entro il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità” (T.A.R. Lombardia, sez. III, 8 aprile 2013, n. 854; in termini, T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 13 aprile 2011, n. 583). Considerato, quindi, che, entro il termine di validità della dichiarazione di pubblica utilità, il Comune di Taurano s’era limitato a decretare l’occupazione di urgenza del fondo di proprietà del ricorrente, senza, peraltro, adottare il conclusivo decreto d’esproprio, l’Amministrazione comunale non era più titolare del potere ablatorio, strumentale alla realizzazione dell’opera pubblica progettata, da ciò derivando l’impossibilità giuridica di pervenire alla definitiva espropriazione del fondo di proprietà del ricorrente; tali conclusioni non potevano, per il ricorrente, essere superate in conseguenza dell’adozione del provvedimento di proroga, disposto a mezzo della censurata deliberazione di G. C. n. 67 del 10 agosto 2016; come stabilito dall’art. 13, comma 5, d. P. R. n. 327/2001: “L’autorità che ha dichiarato la pubblica utilità dell’opera può disporre la proroga dei termini previsti dai commi 3 e 4 per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni. La proroga può essere disposta, anche d’ufficio, prima della scadenza del termine e per un periodo di tempo che non supera i due anni”. Il termine entro il quale può essere disposta la proroga del termine per l’emanazione del decreto d’esproprio non può che corrispondere a quello d’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, stante il rapporto di presupposizione e correlazione che, secondo quanto prescritto dal già richiamato comma 6 dell’art. 13, d. P. R. n. 327/2001, intercorre tra la dichiarazione di pubblica utilità ed il decreto d’esproprio. La proroga in questione, quindi, andava disposta entro il 4 maggio 2016, termine trascorso il quale la dichiarazione di pubblica utilità ha perso la sua efficacia, con consequenziale impossibilità giuridica di disporne la proroga, come erroneamente disposto dal Comune di Taurano, a mezzo della deliberazione giuntale n. 67 del 10 agosto 2016 (era citata giurisprudenza a sostegno); ne discendeva che il prefato provvedimento di proroga del termine d’efficacia della dichiarazione di p. u. era “radicalmente nullo, siccome disposto con assoluta carenza del potere espropriativo, restando così confermata la definitiva perdita di efficacia ablatoria della deliberazione di G. C. n. 36 del 4 maggio 2011”. Del resto, il termine d’adozione del decreto d’esproprio è perentorio e la mancata conclusione del procedimento entro tale perentorio termine finale comporta l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e quindi determina una fattispecie di cattivo uso del potere con la conseguente illegittimità del decreto d’esproprio, nonché degli atti emanati nel corso della procedura; in sintesi, l’annullamento degli atti impositivi del vincolo preordinato all’esproprio elimina, dal mondo giuridico, l’intera procedura ablatoria, rendendo impossibile il recupero della fattispecie, che si conclude con una materiale apprensione del bene: ne discendeva che gli atti ablatori censurati, correlati alla procedura espropriativa dedotta in giudizio, andavano “dichiarati nulli ovvero annullati siccome illegittimi, ab origine ovvero per vizio derivante dalla sopravvenuta inefficacia degli atti presupposti (atto impositivo del vincolo, vincolo preordinato all’esproprio e correlata dichiarazione di pubblica utilità)”;
II) IN SUBORDINE, VIOLAZIONE ARTICOLI 3, 42 E 97 DELLA COSTITUZIONE – VIOLAZIONE ART. 13, D.P.R. 8 GIUGNO 2001, N. 327, IN RELAZIONE ALLA VIOLAZIONE DELL’ART. 3, L. 7 AGOSTO 1990, N. 241 – ECCESSO DI POTERE PER FALSITÀ DELLA MOTIVAZIONE – ILLOGICITÀ ED IRRAZIONALITÀ MANIFESTE – TRAVISAMENTO – INGIUSTIZIA MANIFESTA: ferme le assorbenti censure di cui sopra, in subordine il ricorrente deduceva l’illegittimità per vizi propri della proroga, disposta mediante la deliberazione di G. C. n. 67 del 10 agosto 2016; premesso che l’art. 13, comma 5, d. P. R. n. 327/2001, stabilisce che la proroga dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità può essere disposta “per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni”, e che il Comune di Taurano ha motivato il contestato provvedimento di proroga in ragione di quanto segue: 1) “in data 30/07/2012, come da verbale in atto a firma del D.L. Geom. ***, “si evince che veniva vietato l’accesso al fondo” da parte delle persone ivi indicate, per cui è sorta controversia giudiziaria in merito, come da documentazione in atti”; 2) “nel corso della procedura sono altresì emerse oggettive difficoltà che hanno impedito un regolare corso dei lavori, in particolare con riferimento alle conseguenze connesse ad incendi boschivi ed a fenomeni meteorologici di particolare intensità”; 3) “ad oggi si deve procedere improrogabilmente all’urgente completamento dei lavori, attesa la necessità di rendere funzionale l’opera pubblica interessata dall’esproprio, così da consentire un rapido e pronto accesso alle alture boschive, interessate da frequenti e significativi incendi”; 4) “l’urgenza di cui innanzi è altresì connessa al rischio di contenzioso con la ditta appaltatrice per i ritardi nell’esecuzione dell’opera”; il ricorrente, in disparte la genericità degli elementi indicati per giustificare la proroga, come si ricavava dalla relazione tecnica a firma di un agronomo (che si allegava al ricorso), redatta a seguito di sopralluogo sui luoghi di causa del 10 dicembre 2016, evidenziava che, a quella data: “a) non risultava nella proprietà sia del sig. *** né in quella precedente capisaldi indicanti la zona oggetto di occupazione; b) non risultava eseguito nessun tipo di lavoro e/o predisposizione di cantieri che facessero presupporre l’esistenza di un procedimento espropriativo; c) il terreno risultava interessato solo da una coltivazione di nocciole e si trovava nello stato originario così come risulta dal raffronto con la parte alta e quella bassa dello stesso appezzamento; d) veniva eseguito rilievo fotografico a corredo di quanto riportato nei punti precedenti foto allegate”; era dunque, certo che, nonostante l’occupazione disposta in data 16 novembre 2011 e la consegna dei lavori, avvenuta in data 25 luglio 2012, la materiale esecuzione delle opere non era mai stata avviata; di là “delle pretestuose motivazioni invocate dal Comune di Taurano nel censurato atto di proroga”, il mancato inizio dei lavori si spiegava, dunque, in ragione del fatto che solo in data 26 giugno 2014 l’ente aveva conseguito il parere regionale positivo, ma con prescrizioni, per l’esecuzione dei lavori nel “SIC Pietra Maula”, ad integrazione dell’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 23, L. R. n. 11/1996 dalla Comunità Montana Partenio – Vallo di Lauro, in data 28 febbraio 2013, sempre con prescrizioni, facendo seguito alla richiesta inoltrata dal Comune di Taurano con nota, prot. n. 8661 del 13 dicembre 2012 (quindi, in epoca successiva alla data di consegna delle aree per l’esecuzione dei lavori); sicché, prima del 26 giugno 2014, i lavori non potevano essere avviati, difettando gli atti abilitativi necessari per consentire legittimamente la realizzazione della strada rurale; inoltre tanto il parere regionale, quanto l’autorizzazione della Comunità Montana, presentavano validità di 24 mesi dalla data del rilascio; in mancanza, quindi, d’avvio e completamento dei lavori entro il 26 giugno 2016, tali titoli avevano comunque perso efficacia, con la conseguenza che l’inizio dei lavori restava condizionato dal rinnovo dei provvedimenti favorevoli, ancorché con prescrizioni, di cui sopra; ancora, sempre dall’allegata relazione tecnica dell’agronomo, emergeva che l’inizio (ed il completamento) dei lavori necessitavano del rilascio dell’autorizzazione dell’Autorità di Bacino della Campania Centrale, atteso che il tracciato viario da ripristinare e realizzare (quest’ultimo progettato sul terreno di proprietà del ricorrente) ricade in zona P3 (pericolosità elevata); era “dunque evidente che la necessità di prorogare l’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità nasceva dal fatto che l’opera non era cantierabile, difettando gli atti amministrativi presupposti per consentire lecitamente l’inizio dei lavori, dovendosi finanche dubitare del fatto che, in relazione al disposto di cui all’art. 24, comma 3, d. P. R. n. 207/2010, il progetto definitivo potesse essere posto a base di gara, come invece era stato fatto da parte del Comune di Taurano”; le circostanze da ultimo evidenziate, quindi, comprovavano “la sostanziale falsità della motivazione della proroga, atteso che l’impossibilità di rispettare i termini per il completamento della procedura espropriativa non è derivata da oggettive difficoltà, comunque non dipendenti dalla volontà dell’Ente espropriante, ma è dipesa da carenze procedimentali imputabili esclusivamente al Comune di Taurano, siccome rilevabili già durante le fasi di progettazione dell’opera pubblica”; poiché, quindi, tali circostanze non denotavano un corretto esercizio del potere ablatorio, anzi dissimulavano “evidenti errori e/o omissioni dell’Amministrazione tali da compendiare la violazione di tutti i canoni dell’azione amministrativa, siccome prescritti dall’art. 97 della Costituzione”, le stesse non potevano legittimare la proroga in questione, il cui carattere eccezionale, d’altronde, era pacificamente riconosciuto in giurisprudenza;
III) ANCORA IN SUBORDINE, VIOLAZIONE ARTICOLI 3, 42 E 97 DELLA COSTITUZIONE – VIOLAZIONE ART. 13, D.P.R. 8 GIUGNO 2001, N. 327, IN RELAZIONE ALLA VIOLAZIONE DELL’ART. 10-BIS, L. 7 AGOSTO 1990, N. 241 – ECCESSO DI POTERE PER VIZIO DEL PROCEDIMENTO: ancora in subordine, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza amministrativa, la richiesta, da parte dell’Amministrazione espropriante, della proroga del termine d’efficacia della dichiarazione di p. u. innesta, nell’ambito del procedimento espropriativo, un sub-procedimento autonomo, avente la funzione di verificare se effettivamente sussistano, o meno, gli estremi per disporre tale proroga: poiché da questa ultima consegue l’assoggettamento del bene al potere ablatorio per un più lungo periodo di tempo, la decisione che accorda la proroga del termine d’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità ha una capacità lesiva autonoma, dal che conseguiva l’obbligo, ex art. 7, l. 7 agosto 1990, n. 241, di comunicare al privato l’avvio del relativo procedimento (era citata giurisprudenza a sostegno); l’esigenza della comunicazione d’avvio del procedimento di proroga in questione si basava, infatti, sul rilievo che si tratta di un provvedimento discrezionale, rispetto al quale la partecipazione del privato non è inutile e può servire ad evidenziare la (in)sussistenza degli eccezionali presupposti per l’adozione del provvedimento; nella specie, sulla scorta di quanto evidenziato con il precedente motivo di censura, la motivazione del provvedimento di proroga si rivelava “assolutamente generica e, soprattutto, oblitera completamente la reale causa della mancata conclusione del procedimento espropriativo, consistente nella mancanza delle autorizzazioni amministrative necessarie per avviare i lavori di realizzazione dell’opera pubblica” (circostanze che il ricorrente avrebbe potuto rappresentare, ove avvertito, in sede procedimentale);
IV) SULLA RICHIESTA DI CONDANNA DEL COMUNE DI TAURANO ALLA RESTITUZIONE DEL FONDO DI PROPRIETÀ DEL RICORRENTE E SULL’INTERESSE SOTTESO AL PRESENTE RICORSO: all’esito della declaratoria di sopravvenuta decadenza e inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, quindi in ragione del venir meno del potere ablatorio, l’apprensione del bene di proprietà del ricorrente da parte del Comune di Taurano si connotava, pertanto, come comportamento materiale di natura illecita, non sussistendo alcun valido titolo giuridico, legittimante il potere, esercitato dall’Amministrazione sull’immobile per cui vi è causa; infatti, a seguito della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, l’Amministrazione ha l’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione sine titulo e d’adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, restituendo l’immobile al legittimo titolare, se del caso dopo aver demolito quanto ivi realizzato, atteso che il trasferimento della proprietà sull’immobile può dipendere solo da un formale atto di acquisizione, adottato dall’Amministrazione espropriante; considerato, quindi, che nella specie l’Amministrazione non aveva adottato il decreto d’esproprio avente ad oggetto l’immobile di proprietà del ricorrente e il potere ablatorio era definitivamente perento, il Comune di Taurano, siccome possessore illecito e sine titulo, andava condannato al rilascio del cespite per cui vi è causa in favore del ricorrente, e ciò tanto più in considerazione del fatto che l’immobile, sebbene occupato dall’Amministrazione, non era stato fatto oggetto di alcuna trasformazione fisica, onde nulla s’opponeva al risarcimento in forma specifica, mediante restituzione del bene.
Si costituiva in giudizio il Comune di Taurano, indi depositando memoria difensiva in cui riepilogava i fatti riguardanti la procedura espropriativa in oggetto, segnalando che, al fine d’incentivare l’attività agricola, principale fonte di reddito della popolazione locale, il Comune di Taurano aveva approvato il progetto (delibera di Giunta Comunale n. 36/11) sui lavori di sistemazione della strada rurale Maddalena – Ciglio, per consentire un migliore accesso ai fondi della già esistente strada Taurano – Monteforte, oltre che per creare un collegamento con la rete di sentieri che portano verso il Ciglio Marotti; i lavori di interesse, finanziati con fondi pubblici, riguardavano la sistemazione sia del tratto di strada Taurano–Monteforte (già di proprietà comunale), sia del successivo tratto di strada in terra battuta, che arrivava fino al Ciglio Marotti, attraversando fondi agricoli di proprietà privata, tra cui quello del ricorrente (fg. n. 6, part.lla n.98), interessato dall’occupazione per soli mq 195; tenuto conto che “(…) la strada consente un facile accesso all’area del Costone Pietra Maula costantemente oggetto di incendio” ed al fine di “agevolare i proprietari e conduttori dei fondi agricoli, nella raccolta dell’imminente annata agraria fonte di maggior reddito dei suddetti …”, con decreto n. 2217 del 19/8/11 il Comune di Taurano aveva disposto l’occupazione d’urgenza delle aree interessate e, con determina n. 72/11, determinato anche l’indennità di espropriazione; entrambe le determinazioni erano state regolarmente notificate al ricorrente in data 22/08/11; in pari data gli era stata notificata anche la nota, prot n. 2218 del 19/08/11, di comunicazione della data d’inizio delle operazioni per l’immissione in possesso (che si sarebbero tenute il giorno 14/09/11, poi, rinviate al 16/11/11); in data 16/11/11 il Comune di Taurano aveva, dunque, proceduto all’immissione in possesso ed all’accertamento dello stato di consistenza dei beni, di proprietà del ricorrente; consegnati i lavori, in data 30/7/12 la ditta affidataria, unitamente al Direttore dei Lavori, si erano recati sui luoghi di causa per procedere alle estirpazioni ed al taglio delle colture, ma la sorella e la madre del ricorrente avevano impedito l’accesso al fondo, il che s’era ripetuto il 27/07/15 (da parte di sorella, madre e padre del ricorrente), costringendo il RUP a chiedere l’intervento dei Carabinieri; recatisi nuovamente sui luoghi di interesse (7/8/15) per procedere al taglio delle nocciole per il successivo sterrato, ancora una volta i tecnici comunali, unitamente alla ditta esecutrice dei lavori, non riuscivano ad accedere al fondo, in quanto i familiari del ricorrente avevano posizionato un’autovettura Fiat Panda all’ingresso del fondo; anche in tale circostanza i tecnici comunali, presenti sui luoghi, erano stati costretti a chiedere l’intervento della pubblica autorità, e il Comune a sporgere denuncia – querela nei confronti dei detti componenti della famiglia del ricorrente, fatti per i quali s’era originato un procedimento penale presso la Procura della Repubblica c/o il Tribunale di Avellino, per il reato di cui agli artt. 110 e 340 c. p.; inoltre, l’area in parola era stata interessata da incendi boschivi e fenomeni metereologici di particolare intensità, con conseguente impatto sull’andamento dei lavori; nonostante ciò i lavori erano stati di fatto completati, tranne che per la parte che interessava la proprietà del ricorrente; sicché, tenuto conto, dunque, della necessità di consentire un rapido accesso alle alture boschive, interessate dai detti frequenti e significativi incendi, nonché della necessità d’evitare un contenzioso con la ditta appaltatrice, con delibera di G. C. n. 67/16 il Comune di Taurano aveva disposto la proroga dell’attività ablatoria, oggetto dell’odierno gravame.
Tanto premesso in via di fatto, la difesa dell’Amministrazione Comunale eccepiva:
A) l’inammissibilità (rectius: irricevibilità) del ricorso per tardività, rispetto alla delibera di G. C. n. 36 del 4/5/11, alla determinazione prot n. 72 del 13/7/11 del responsabile dell’area tecnico – manutentiva, al decreto prot n. 2217 del 19/8/11 del responsabile del settore UTC, nonché al verbale di presa di possesso e stato di consistenza del 16/11/11, essendo spirato il termine legale di 60 giorni per la loro impugnativa, a decorrere dalla data di notifica degli stessi al ricorrente (22/08/11);
B) l’inammissibilità ed infondatezza della richiesta di restituzione del fondo; il ricorso era altresì inammissibile, in ordine alla richiesta di “condanna del Comune di Taurano al risarcimento in forma specifica, mediante restituzione del fondo di proprietà dell’odierno ricorrente, oggetto della contestata procedura espropriativa”, sotto diversi profili; in primis, la richiesta era inammissibile, per carenza dei presupposti ai sensi dell’art. 30, co. 2, del c. p. a., che dispone: “Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall’articolo 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica”; presupposto fattuale e giuridico per la richiesta di risarcimento in forma specifica, così come per quella per equivalente, era l’illiceità dell’attività provvedimentale della P. A.; diversamente, nel caso di specie, non era, allo stato, configurabile alcuna illecita attività, tenuto conto della sussistente validità ed efficacia di tutti gli atti della procedura espropriativa, unitamente alla delibera del 10/08/16; ciò, a prescindere dalla circostanza che il Comune di Taurano poteva, in ogni caso, adottare un decreto ai sensi dell’art. 42 bis del DPR 327/01; inoltre, l’esigua porzione di terreno (195 mq.) del ricorrente, oggetto dei contestati provvedimenti, rientrava nell’ambito di un’area già interamente trasformata, per effetto dei realizzati lavori pubblici, conseguenti alla procedura espropriativa che, dunque, non poteva trovare alcuna diversa soluzione; in altri termini, il percorso tracciato non era più modificabile e doveva attraversare necessariamente il fondo del ricorrente, come rilevabile dall’allegata planimetria; la richiesta in parola era, altresì, inammissibile ed infondata, in quanto il fondo d’interesse era nel possesso dell’amministrazione, giusto verbale del 16/11/11 e rientrava nell’ambito di un progetto di pubblico interesse, i cui atti, mai gravati dal ricorrente, erano “assolutamente validi ed efficaci”; in altri termini, la pretesa restituzione avrebbe in astratto potuto al più essere proposta in esito ad un’eventuale – invero mai intervenuta – tempestiva impugnativa degli atti della procedura; tanto, sempre, senza considerare la possibilità per l’amministrazione d’attivare la procedura, ex art. 42 bis del DPR 327/01;
C) l’inammissibilità ed infondatezza del primo motivo di ricorso: con la gravata delibera l’amministrazione comunale aveva inteso prorogare il termine del decreto di occupazione di urgenza prot. n. 2217 del 19/8/11, ovvero il completamento, improrogabile, dei lavori, riservandosi all’esito l’adozione di eventuali ed ulteriori definitivi atti; dunque, l’atto gravato non aveva alcuna effettiva portata lesiva degli interessi del ricorrente, atteso che dalla sua – invero improbabile – demolizione non sarebbe derivato alcun vantaggio al medesimo (l’interesse del ricorrente avrebbe avuto rilievo nel caso di atti ablatori definitivi, mentre l’adozione della delibera gravata non aveva apportato un mutamento alla situazione, cristallizzatasi in esito agli atti della procedura espropriativa, mai gravati dal ricorrente, gli unici che avevano inciso sul suo interesse); ne discendeva “l’evidente carenza d’interesse del ricorrente alla proposizione dell’odierno gravame”; erano poi contrastate “tutte le argomentazioni dell’avversa difesa, sia rispetto alla presunta insussistenza del potere ablatorio (in ogni caso, invece, esercitabile anche in forza dell’art. 42 bis del DPR 327/01), sia rispetto alla validità degli atti della procedura di interesse (che avevano esplicato i propri effetti a prescindere dall’atto oggetto di gravame, rispetto a cui hanno carattere del tutto autonomo: l’opera pubblica in parola è stata realizzata in tutte le altre aree private e pubbliche); infondata era altresì “l’avversa tesi secondo cui la delibera n. 67 del 10/8/16 sarebbe affetta da nullità, atteso che – come detto – la stessa è stata legittimamente adottata dal Comune di Taurano nei termini di vigenza del decreto d’occupazione di urgenza del 19/8/11, di cui ha prorogato gli effetti; ciò posto, la detta delibera non sarebbe in ogni caso affetta da nullità ai sensi dell’art. 21 septies della L. n. 241/90. Infatti, le ipotesi tassative di cui al detto articolo 21 septies afferiscono al solo caso di carenza di potere in astratto, ovvero di un provvedimento adottato da organo privo di potere”; sicché, nella specie, il Comune avrebbe “legittimamente adottato l’atto gravato, sussistendone tutti i presupposti di legge, con ogni conseguenza in termini di inammissibilità ed infondatezza del ricorso”;
D) l’inammissibilità ed infondatezza del secondo motivo di ricorso: nel provvedimento gravato erano evincibili chiaramente le ragioni che avevano condotto alla sua adozione, consistenti: nella “necessità di rendere funzionale l’opera pubblica interessata dall’esproprio, così da consentire un rapido e pronto accesso alle alture boschive, interessate da frequenti e significativi incendi”, nonché nel connesso “rischio di contenzioso con la ditta appaltatrice per i ritardi nell’esecuzione dell’opera”; né il ricorrente poteva superare le decadenze, connesse alla mancata tempestiva impugnativa della procedura, riproponendo censure solo formalmente riferite all’atto del 2016, ma sostanzialmente tutte riguardanti gli atti pregressi mai impugnati; era evidente, dunque, “la pretestuosità dell’eccezione formulata dal ricorrente”, che, “riferendo di una relazione tecnica di parte, giunge in maniera inammissibile a sindacare l’operato della P. A. ed a ritenere necessarie ulteriori autorizzazioni di organi sovraordinati”; nel contestare quanto formava parte della relazione allegata dal ricorrente, la difesa dell’ente rilevava che i lavori di interesse (come confermato dalla nota del Direttore dei Lavori dell’1/2/17) erano stati completati per la quasi totalità (ed anche pagati: cfr.: SAL allegati in giudizio), residuando, come detto, solo la parte di fondo del ricorrente; né alcun pregio aveva “l’inammissibile tardiva censura relativa alla presunta necessità del rilascio dell’autorizzazione di Bacino della Campania Centrale, atteso che la riferita delibera del 23/2/15 che avrebbe classificato l’area di interesse come zona P3 sarebbe in ogni caso successiva all’approvazione del progetto del 2011. Infatti, come rilevabile dalla documentazione in atti, al rilascio delle necessarie autorizzazioni, che nulla disponevano in merito, l’area di interesse rientrava nella zona R2 del PAI: in ragione di tale qualificazione (R2) era richiesto solo uno studio di compatibilità idrogeologico, regolarmente eseguito e non anche alcun parere, tenuto conto che i lavori a farsi non modificavano l’assetto idrogeologico, non essendovi grossi movimenti di terra ed opere a farsi (vedi articolato studio di compatibilità geologica presentato dal Comune, allegato agli atti del giudizio da questa difesa)”; allo stesso modo, il mancato completamento dei lavori non era dipeso dal rilascio delle autorizzazioni regionali e della Comunità Montana Partenio – Vallo di Lauro, posto che, come rilevabile dalla delibera gravata, il mancato completamento dei lavori che riguardava solo il fondo di interesse, era dipeso dalle conseguenze connesse ad incendi boschivi ed a fenomeni metereologici di particolare intensità, oltre alla condotta del ricorrente e dei suoi familiari, che avevano impedito l’accesso al proprio fondo;
E) l’inammissibilità e infondatezza del terzo motivo di ricorso: le ragioni della delibera gravata rappresentavano scelte “vincolate” da parte della PA resistente (che era tenuta a garantire il superiore rispetto dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, ormai in avanzato stato d’esecuzione, vista anche l’urgente utilità della stessa: vedi fenomeni di incendi boschivi, etc.); il tutto, tenuto conto che, diversamente da quanto rilevato da controparte, il mancato completamento dell’opera non era dipeso dall’assenza di autorizzazioni sovracomunali; sicché, qualora comunicato, l’avvio del procedimento non avrebbe potuto sortire alcun effetto, atteso che “nessuna delle odierne argomentazioni avrebbe potuto incidere sulla necessità della PA di adottare l’atto gravato”.
Con ordinanza, resa all’esito dell’udienza in camera di consiglio dell’8.02.2017, la Sezione respingeva la domanda cautelare, proposta dal ricorrente, con la seguente motivazione:
“Rilevato che il ricorso non pare favorevolmente valutabile in sede cautelare, per l’assenza di un apprezzabile periculum in mora, stante la rilevanza esclusivamente economica del dedotto pregiudizio (un’eventuale trasformazione irreversibile dei luoghi, oggetto d’occupazione – ove effettivamente non ancora realizzata – ben potendo essere oggetto di ristoro patrimoniale da parte dell’Amministrazione, avvalendosi degli strumenti all’uopo previsti dall’ordinamento di settore);
Rilevato che la materia trattata ben può giustificare la compensazione delle spese di fase;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
Respinge la domanda cautelare.
Compensa le spese della presente fase cautelare”.
Seguiva il deposito, nell’interesse dell’Amministrazione Comunale di Taurano, di memoria in cui – poiché i lavori relativi all’opera pubblica in questione erano terminati, come da certificato d’ultimazione a firma del direttore dei lavori, già esibito – s’insisteva nell’inammissibilità della richiesta di restituzione del fondo di proprietà del ricorrente, ormai irreversibilmente trasformato; e il deposito, nell’interesse del ricorrente, di scritto difensivo, in cui lo stesso replicava alle eccezioni preliminari svolte ex adverso, oltre che alle argomentazioni volte al rilievo dell’infondatezza del proprio gravame, ribadendone espressamente tutte le conclusioni.
Dopo la produzione d’ulteriore memoria nell’interesse del Comune di Taurano, all’udienza pubblica del 27.09.2017 il ricorso era trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, vanno esaminate le eccezioni preliminari, sollevate dalla difesa dell’Amministrazione Comunale di Taurano.
La prima, d’irricevibilità del ricorso per tardività, rispetto all’impugnativa della delibera di G. C. n. 36 del 4/05/11, della determinazione prot. n. 72 del 13/07/11 del responsabile dell’area tecnico – manutentiva, del decreto prot. n. 2217 del 19/08/11 del responsabile del settore U. T. C., nonché del verbale di presa di possesso e stato di consistenza del 16/11/11, essendo spirato il termine legale di sessanta giorni per la stessa, a decorrere dalla data di notifica degli stessi al ricorrente (22/08/11), ovvero rispetto all’impugnativa degli atti, indicati in epigrafe sub C), pur essendo ovviamente fondata, quanto alla constatazione dell’ovvio, amplissimo, decorso del termine di legge per il relativo gravame, pur tuttavia resta, per così dire, fine a se stessa, stante la natura dichiaratamente tuzioristica dell’inserimento di tali atti tra quelli, fatti segno del presente ricorso, anzitutto rivolto all’annullamento della deliberazione, n. 67 del 10 agosto 2016, con la quale la Giunta Comunale del Comune di Taurano ha disposto la proroga di anni due del termine per la definitiva espropriazione dei suoli, occorrenti per la esecuzione dei lavori di sistemazione della strada rurale in località Maddalena – Ciglio, nonché, per tutta la durata dell’occupazione, della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere relative; nonché alla declaratoria della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, resa con deliberazione di G. C. del Comune di Taurano, n. 36 del 4 maggio 2011, e alla condanna del Comune di Taurano al risarcimento in forma specifica, mediante restituzione del fondo di proprietà del ricorrente, oggetto della contestata procedura ablatoria.
Quindi, l’eccezione della difesa del Comune resistente coglie nel segno, se intesa nel limitato senso dell’impossibilità, per il ricorrente, di contestare la validità delle scelte progettuali e insediative connesse alla realizzazione dell’opera pubblica in oggetto, ormai cristallizzate da lungo tempo, stante l’omessa impugnativa degli atti suelencati, risalenti al 2011, da parte del ricorrente medesimo; ma è del tutto inefficace, se, in ipotesi, volta ad inficiare l’ammissibilità del ricorso, nella parte in cui lo stesso è diretto a far constatare la decadenza della dichiarazione di p. u. e del connesso potere espropriativo, relativamente alla particella di proprietà dello stesso ricorrente, per il decorso del termine d’efficacia legislativamente fissato; decadenza, in thesi, non impedita dalla deliberazione giuntale di proroga del termine per l’espropriazione e della dichiarazione di p. u., con la conseguente condanna della controparte pubblica alla restituzione del fondo, a quel punto ormai illecitamente occupato, in suo favore.
Rispetto alle quali azioni, esercitate in via principale, è vano invocare, da parte della difesa del Comune, una presunta “evidente carenza d’interesse del ricorrente alla proposizione dell’odierno gravame” (la relativa eccezione, pur formalmente riferita all’ammissibilità del primo motivo di ricorso, ha in realtà, ad avviso del Collegio, portata generale, investendo il ricorso – che nella prima censura trova il suo fulcro, giusta quanto anche infra si dirà – nel suo complesso), perché non può viceversa negarsi l’interesse del ricorrente – una volta verificata la decadenza del potere espropriativo, sia pur limitatamente all’apprensione della particella di sua proprietà – a rientrare in possesso della stessa, a quel punto detenuta sine titulo dall’Amministrazione (nella misura in cui, naturalmente, quest’ultima non decida d’avvalersi della potestà di ricorrere alla procedura d’acquisizione sanante, ex art. 42 bis T. U. Espr.).
Quanto, poi, all’ulteriore eccezione della difesa del Comune di Taurano, rivolta a far risaltare l’inammissibilità proprio della richiesta di restituzione del terreno di sua proprietà, ovvero dell’azione rivolta alla condanna dell’Amministrazione a risarcire in forma specifica il danno, subito per effetto dell’occupazione sine titulo dello stesso terreno, una volta scaduto il termine per disporne legittimamente l’esproprio, il Tribunale (anticipandone qui – per ragioni di comodità espositiva – la trattazione) rileva come la stessa, in definitiva, risenta dello stesso equivoco di fondo, illustrato in precedenza: il Comune, che pure ha gioco facile nell’evidenziare la tardività dell’impugnativa, da parte del ricorrente, degli atti di natura espropriativa, adottati nel 2011, non può viceversa contestare la proponibilità di un’azione volta, in radice, a richiedere (una volta verificato l’inutile decorso del termine, a disposizione dell’Amministrazione, per disporre validamente l’apprensione del terreno del ricorrente), la restituzione, in suo favore, di tale cespite immobiliare, secondo principi, pacificamente affermati, in subiecta materia, da parte della giurisprudenza amministrativa.
Ciò posto, in via preliminare, e passando ad occuparci del merito del ricorso, osserva il Collegio che lo stesso è fondato nei sensi sotto precisati.
Carattere dirimente, con assorbimento degli ulteriori motivi di gravame, riveste, infatti, la considerazione della prima censura, sollevata nell’atto introduttivo del giudizio.
Richiamando, quanto al profilo fattuale della vicenda, l’ampia esposizione contenuta in narrativa, s’osserva che con deliberazione di Giunta Comunale, n. 36 del 4.05.2011, dichiarata immediatamente esecutiva, l’Amministrazione resistente deliberava – per quanto qui rileva: (…) 2) di riapprovare il progetto definitivo – esecutivo dei lavori di realizzazione della strada in località Maddalena – Ciglio, per un importo complessivo di € 43.947,33; 3) di dichiarare la pubblica utilità dell’opera; 4) di approvare il piano particellare delle aree soggette ad esproprio, riportato nell’allegato “B”; in detto allegato, al n. 2), era compreso il terreno di proprietà del ricorrente , in catasto al fol. 6, p.lla 98, adibita a noccioleto, per una superficie da espropriare, pari a mq.195 e per un’indennità provvisoria, pari a € 1384,50.
Come può notarsi, nella delibera de qua non era indicato il termine entro il quale andava emanato il decreto d’esproprio dei terreni indicati nel suddetto piano particellare, tra cui quella del ricorrente; ciò comporta l’applicazione dell’art. 13, commi 3 e 4, del d. P. R. 327/2001, a norma dei quali:
“3. Nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera può essere stabilito il termine entro il quale il decreto di esproprio va emanato.
Se manca l’espressa determinazione del termine di cui al comma 3, il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera” (nella specie coincidente, stante la sua immediata esecutività, con la data – 4 maggio 2011 – d’adozione della delibera giuntale in questione).
Orbene, alla luce dei dati surriferiti, il termine quinquennale in questione è irrimediabilmente scaduto, in data 4 maggio 2016, senza che sia stato emanato – il dato è pacifico e incontestato tra le parti – il provvedimento che decretava l’espropriazione – per quanto qui interessa – del terreno di proprietà del ricorrente, con conseguente operatività della disposizione di cui al 6° comma del citato art. 13 d. P. R. 327/2001, secondo cui: “La scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità”, e quindi la trasformazione, in illecito, del possesso del terreno, a suo tempo occupato (“Ai sensi dell’art. 13, comma 6, D.P.R. n. 327/2001 (T. U. Espropriazione per p. u.), la scadenza del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità comporta la sua sopravvenuta inefficacia e la conseguente illiceità del possesso del terreno, a suo tempo acquisito in esecuzione della ordinanza di occupazione d’urgenza” – T. A. R. Calabria – Reggio Calabria, 21-04-2017, n. 373), occupazione d’urgenza nella specie decretata in data 19.08.2011 e notificata, al ricorrente, il 22.08.2011.
L’effetto in questione, e la connessa pretesa risarcitoria che ne deriva, sono limpidamente scolpiti nella massima che segue: “ È illegittima l’occupazione di un’area privata ove l’ente pubblico non abbia debitamente concluso il procedimento ablativo finalizzato alla realizzazione dell’opera pubblica, nel termine quinquennale di validità della dichiarazione di pubblica utilità, decorrente dalla data di approvazione del progetto ex artt. 12 e 13, d. P. R. n. 327 del 2001 – con l’adozione del decreto di esproprio o altro atto equiparato concernente la porzione di fondo occupata nonostante l’intervenuta trasformazione e utilizzazione a scopi di pubblico interesse. In tale comportamento dell’Amministrazione Comunale sono ravvisabili tutti gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana per danno ingiusto, ravvisando sia il compimento di un atto illecito, derivante da un’occupazione sine titulo – assistita, solo inizialmente e mediatamente, dalla dichiarazione di pubblica utilità – dei terreni in proprietà della ricorrente, sia l’elemento psicologico della colpa, per la negligenza dimostrata nella mancata conclusione della procedura espropriativa, sia il nesso causale tra l’azione appropriativa e il danno patito per effetto della sottrazione del bene e la trasformazione dei luoghi” (T. A. R. Campania, Napoli, sez. V, 6/05/2015, n. 2499).
Le conclusioni testé raggiunte non possono essere revocate in dubbio, a cagione dell’adozione, da parte del Comune di Taurano, della delibera di G. M. n. 67 del 10.08.2016, notificata il 13.11.2016 al ricorrente e da questi tempestivamente gravata, con cui l’Amministrazione deliberava: “ (…) 2) di prorogare per i motivi espressi in narrativa di anni 2 (due) il termine per la definitiva espropriazione dei suoli occorrenti per la sistemazione dell’opera meglio specificata in premessa ai sensi dell’art. 13 d. P. R. n. 327/2001 e ss. mm. ii.; 3) di prorogare per tutta la durata dell’occupazione la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere; (…) 5) di dichiarare la presente deliberazione immediatamente eseguibile”.
L’Amministrazione, in tal modo, intendeva fare applicazione del potere, concesso in astratto dall’art. 13, comma 5, del d. P. R. 327/2001, che si esprime nel modo seguente: “L’autorità che ha dichiarato la pubblica utilità dell’opera può disporre la proroga dei termini previsti dai commi 3 e 4 per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni. La proroga può essere disposta, anche d’ufficio, prima della scadenza del termine e per un periodo di tempo che non supera i due anni”.
Ma, com’è letteralmente stabilito, la proroga in questione, per esplicare regolarmente i suoi effetti, sarebbe dovuta intervenire “prima della scadenza” dei termini, ex art. 13, commi 3 e 4 cit.; ma gli stessi erano, nella specie, ormai irrimediabilmente scaduti, alla data del 4 maggio 2016, con conseguente palese illegittimità della proroga in questione, sia in base al testuale disposto della norma in esame, sia in base ai principi generali (“Il prolungamento dell’efficacia di un provvedimento presuppone necessariamente che il termine da prorogare non sia ancora scaduto; si tratta di principio che, ancorché affermato in giurisprudenza soprattutto con riguardo ai provvedimenti di proroga del termine fissato nella dichiarazione di pubblica utilità, ai provvedimenti concessori di beni demaniali o a quelli abilitativi in materia edilizia, è applicabile in relazione ad ogni provvedimento amministrativo che sia stato sottoposto ad un termine finale di efficacia atteso che disporre la prosecuzione dell’efficacia nel tempo di un originario provvedimento non corrisponde a consentire nuovamente lo svolgimento di una attività in precedenza cessata per sopravvenuta inefficacia dell’atto abilitativo ma, in questo secondo caso, occorre un ulteriore provvedimento che tenga conto della situazione di fatto e delle regole giuridiche rilevanti alla data della sua emanazione” – Consiglio di Stato, sez. V, 27/08/2014, n. 4384; conforme: Consiglio di Stato, sez. IV, 25/06/2013, n. 3458).
Con specifico riferimento alla materia espropriativa, può poi citarsi, ex multis, la seguente ulteriore massima: “Tra i principi – cardine che regolano la materia dell’espropriazione vi è anche quello che concerne i limiti alla proroga dei termini del procedimento espropriativo. Il prolungamento dell’efficacia di un termine presuppone necessariamente che il termine da prorogare non sia ancora scaduto, per cui i termini fissati nella dichiarazione di pubblica utilità dall’art. 13, l. n. 2359 del 1865 possono essere prorogati dall’Amministrazione al fine di prolungare l’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità stessa, a condizione che la proroga si perfezioni prima della scadenza del termine che si intende prorogare. Inoltre, l’istituto della proroga riveste carattere eccezionale e la sua operatività deve essere giustificata dalla reale sussistenza di oggettive difficoltà al compimento di atti espropriativi e, comunque, non dipendenti dalla volontà dell’Ente espropriante” (T. A. R. Campania, Napoli, sez. V, 4/11/2013, n. 4895).
La causa d’illegittimità della proroga, disposta dal Comune di Taurano, testé posta in risalto (e la sopravvenuta illiceità dell’occupazione del terreno di proprietà del ricorrente, a cagione del venir meno del potere espropriativo, per le ragioni dianzi esposte, cui non ha posto rimedio la proroga in questione), pur assumendo senz’altro valore dirimente, ai fini della decisione, non deve peraltro far dimenticare come la deliberazione giuntale del 10 agosto 2016, n. 67, sia illegittima – quanto meno – anche per violazione dell’art. 7 della l. 241/90, giusta la terza doglianza dell’atto introduttivo del giudizio, stante la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, volto alla proroga in questione (dato pacifico e incontestato tra le parti) e il prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo il quale: “La richiesta, da parte dell’Amministrazione espropriante, della proroga del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità innesta, nell’ambito del procedimento espropriativo, un sub-procedimento autonomo e distinto avente la funzione di verificare se effettivamente sussistano, o meno, gli estremi per disporre tale proroga: poiché da questa ultima consegue l’assoggettamento del bene al potere ablatorio per un più lungo periodo di tempo, la decisione che accorda la proroga del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità ha una capacità lesiva autonoma, dal che consegue l’obbligo, ex art. 7, l. 7 agosto 1990, n. 241, di comunicare al privato l’avvio del relativo procedimento, anche perché dalla proroga possono discendere varie conseguenze” (T. A. R. Piemonte, sez. II, 27/11/2015, n. 1640).
Né le conclusioni sopra raggiunte, circa l’illegittimità di una proroga disposta oltre il termine di scadenza della dichiarazione di p. u., possono ritenersi superate per effetto dell’argomento difensivo, speso dal Comune di Taurano nella memoria in atti, vale a dire che con la gravata delibera l’Amministrazione avrebbe inteso prorogare il termine del decreto di occupazione di urgenza, prot. n. 2217 del 19/08/11, ovvero il completamento, improrogabile, dei lavori, riservandosi all’esito l’adozione di eventuali, e ulteriori, definitivi atti; sicché l’atto gravato non avrebbe alcuna effettiva portata lesiva degli interessi del ricorrente, atteso che, dalla sua eventuale demolizione, non sarebbe derivato alcun vantaggio al medesimo (secondo la prospettazione difensiva in esame, l’interesse del ricorrente avrebbe avuto rilievo nel caso di atti ablatori definitivi, mentre l’adozione della delibera gravata non avrebbe apportato mutamenti alla situazione, cristallizzatasi in esito agli atti della procedura espropriativa, mai gravati dal ricorrente, gli unici che avevano inciso sul suo interesse).
Tuttavia, la suddetta deduzione difensiva, più avanti specificata, nel senso che la proroga sarebbe stata “legittimamente adottata dal Comune di Taurano nei termini di vigenza del decreto d’occupazione di urgenza del 19/08/11”, di cui avrebbe prorogato gli effetti; nonché nel senso che la suddetta delibera giuntale non sarebbe stata, in ogni caso, affetta da nullità, ex art. 21 septies della l. n. 241/90, le cui ipotesi tassative afferiscono al solo caso di carenza di potere in astratto, ovvero di un provvedimento adottato da organo privo di potere, laddove nella specie il potere ablatorio sarebbe stato legittimamente esercitato e comunque sarebbe stato fatto salvo dalla possibilità d’applicare l’art. 42 bis d. P. R. 327/2001, non può essere accolta.
Infatti, contrariamente a quanto opinato ex post dalla difesa del Comune, nella delibera censurata si stabiliva, inequivocabilmente, “di prorogare per i motivi espressi in narrativa di anni 2 (due) il termine per la definitiva espropriazione dei suoli occorrenti per la sistemazione dell’opera meglio specificata in premessa, ai sensi dell’art. 13 d. P. R. n. 327/2001 e ss. mm. ii.”; vero è che con essa si sanciva, altresì, “di prorogare per tutta la durata dell’occupazione la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere”; ma trattasi di precisazione nominalistica, che oltre a non prorogare affatto, esplicitamente, il termine d’efficacia dell’occupazione d’urgenza, nessun effetto sanante può evidentemente rivestire, se il termine per l’esproprio e la connessa dichiarazione di p. u. erano ormai, come detto, irreversibilmente venuti meno, per il vano decorso del termine, legislativamente fissato.
Del resto, privo di pregio e anch’esso di carattere nominalistico, si rivela anche lo sviluppo dell’argomento de quo, tendente ad escludere, nella specie, un’ipotesi di nullità (non essendo venuto meno, secondo la difesa del Comune, il potere ablatorio in astratto, ma soltanto in concreto); la deduzione, oltre a confermare la pacifica riconduzione della controversia nell’alveo della giurisdizione esclusiva del G. A., non toglie: – a) che la delibera di proroga, disposta oltre la scadenza del termine per l’esproprio, fosse illegittima e quindi non in grado di produrre i suoi effetti tipici; che la stessa – b) va quindi annullata, con conseguente declaratoria, come richiesto dal ricorrente – c) “della sopravvenuta inefficacia, se del caso da pronunciarsi anche in via incidentale, della dichiarazione di pubblica utilità, resa con deliberazione di G. C. del Comune di Taurano, n. 36 del 4 maggio 2011”.
Stabilito, quindi, definitivamente che il ricorso, per le considerazioni dianzi svolte, è fondato e va accolto, dalla qualificazione, in termini d’illiceità, dell’occupazione del terreno di proprietà del ricorrente (per essere vanamente decorso il termine di dichiarazione di p. u., entro cui pronunziare validamente il decreto d’esproprio), discende il diritto, dello stesso ricorrente, a pretenderne la restituzione, salvo che l’Amministrazione non intenda adottare, a sanatoria, il sistema disciplinato dall’art. 42 bis del T. U. Espr. (detta eventualità, del resto, non a caso è stata ripetutamente evocata, nei propri scritti, dalla difesa del Comune, e la possibilità di addivenire, da parte dell’ente, a tale forma di riparazione del pregiudizio, patrimoniale e non patrimoniale, subito dal ricorrente, ha altresì fondato, in un’ottica di bilanciamento d’interessi, il rigetto della domanda cautelare, proposta nell’interesse del ***).
L’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica sul fondo occupato, che secondo la difesa del Comune dovrebbe, del resto, inibire il risarcimento in forma specifica del danno, subito dal proprietario, vale a dire la restituzione in suo favore del fondo in questione, è poi evidentemente irrilevante (e la richiesta, in tali sensi formulata dal ricorrente, è, viceversa, pienamente ammissibile, oltre che fondata, per le ragioni dianzi esposte): “La realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato costituisce in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà in capo alla P.A., per cui solo il formale atto di acquisizione di cui all’art. 42 bis d. P. R. n. 327 del 2001 (cd. acquisizione sanante) può essere in grado di limitare il diritto del privato alla restituzione del bene, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni sia del privato che dell’Amministrazione” (Consiglio di Stato, sez. IV, 29/08/2012, n. 4650).
Pertanto, fatta salva l’eventuale adesione, da parte del Comune di Taurano, all’opzione rappresentata dall’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante, ex art. 42 bis T. U. Espr. (da esercitarsi nel termine di giorni novanta dalla comunicazione in via amministrativa, ovvero dalla notificazione a cura di parte della presente sentenza, in applicazione analogica dell’indirizzo espresso da Consiglio di Stato, sez. IV, 27/04/2015, n. 2126 (“In caso di occupazione sine titulo, in assenza di uno specifico termine nell’art. 42 bis t. u. espropri (d. P. R. 327 del 2001) e in applicazione dell’art. 2 l. n. 241 del 1990, una volta presentata apposita istanza da parte degli interessati, l’opzione tra la restituzione dei fondi o l’emanazione del decreto di acquisizione sanante deve avvenire nell’ordinario termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento di carattere obbligatorio”), all’accoglimento del ricorso, nei sensi dianzi precisati, consegue la condanna dello stesso Comune a risarcire in forma specifica il danno subito dal ricorrente, provvedendo alla restituzione, in suo favore, del terreno di sua proprietà, allo stato illecitamente occupato sine titulo; fermo restando, sia in un caso, sia nell’altro, l’obbligo per l’Amministrazione Comunale di risarcire, in favore del medesimo ricorrente, il danno da occupazione illegittima di tale terreno (“In caso di occupazione sine titulo da parte dell’Amministrazione di aree private, sia che la P.A. intenda adottare il provvedimento di acquisizione sanante sia che intenda restituirle, è tenuta al risarcimento del danno da occupazione illegittima, da quantificarsi, in base al combinato disposto dell’art. 34 comma 4, c. p. a. e dell’art. 42 bis comma 3, d. P. R. n. 327 del 2001, nella misura del 5% annuo del valore venale delle aree occupate, da computarsi dalla data di scadenza del decreto di occupazione legittima alla data di regolarizzazione della fattispecie” – T. A. R. Campania, Napoli, sez. V, 3/12/2016, n. 5597).
Il Comune di Taurano, per la regola della soccombenza, è tenuto infine a rifondere al ricorrente spese e competenze di lite, liquidate come in dispositivo, e inoltre a rifondergli il contributo unificato versato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, l’accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, in epigrafe sub 1) e dichiara – per l’effetto – la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, resa con deliberazione di G. C. del Comune di Taurano, n. 36 del 4 maggio 2011, relativamente al terreno di proprietà del ricorrente, oggetto della procedura ablatoria in esame.
Condanna il Comune di Taurano al risarcimento, in forma specifica, del danno subito dal ricorrente, mediante restituzione del predetto terreno in suo favore, salvo che il Comune non intenda acquisirlo non retroattivamente al suo patrimonio indisponibile, ex art. 42 bis d. P. R. 327/2001, e tanto nel termine indicato in parte motiva e fermo restando, in entrambi i casi, l’obbligo di risarcire, in favore del ricorrente medesimo, il danno per l’occupazione sine titulo di tale terreno, a decorrere dalla scadenza della dichiarazione di p. u. e secondo i criteri, specificati in parte motiva.
Condanna il Comune di Taurano al pagamento, in favore del ricorrente, di spese e compensi di lite, che liquida complessivamente in € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge, e lo condanna altresì alla restituzione, in suo favore, del contributo unificato versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2017, con l’intervento dei magistrati:
Maria Abbruzzese, Presidente
Paolo Severini, Consigliere, Estensore
Rita Luce, Referendari
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