Respinta la domanda ex art. 96 c.p.c., accolta quella di merito: non è soccombenza reciproca

Niente compensazione spese di lite
Il rigetto, in sede di gravame, della domanda meramente accessoria ex art. 96 c.p.c., a fronte dell’integrale accoglimento di quella di merito proposta dalla stessa parte, in riforma della sentenza di primo grado, non configura un’ipotesi di parziale e reciproca soccombenza, né in primo grado né in appello; sicché non può giustificare la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92 c.p.c..
E’ quanto ha deciso la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con ordinanza n. 11792 del 15 maggio 2018 nell’ambito di un giudizio instaurato da due avvocati nei confronti di due coniugi, volto ad ottenere l’integrale compenso giudiziale per la difesa dei predetti coniugi in una causa condominiale di risarcimento danni. Gli avvocati soccombenti in primo grado proposero gravame al Tribunale. In detta sede, per contro, i coniugi appellati chiesero non solo il rigetto della domanda principale, ma altresì la condanna degli appellanti per lite temeraria. Una richiesta, quest’ultima, tuttavia disattesa dai giudici di secondo grado, i quali compensarono le spese “attesa la soccombenza reciproca”. La statuizione venne impugnata in Cassazione, che ha ritenuto fondata la censura con cui i coniugi ricorrenti lamentavano la violazione dell’art. 92 c.p.c.
Il Supremo Collegio ha difatti preferito aderire – pur dando atto di difformi orientamenti – alla giurisprudenza secondo cui, in caso di rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c. e contestuale accoglimento della domanda principale proposta dalla stessa parte, non si configura un’ipotesi di soccombenza reciproca tale da giustificare la compensazione delle spese di lite ex art. 92 c.p.c.
Natura meramente accessoria della domanda per lite temeraria
Invero, concludono gli Ermellini, stante la natura meramente accessoria della domanda ex art. 96 c.p.c. rispetto all’effettivo tema di lite cui va rapportata la verifica della soccombenza, l’eventuale rigetto della stessa, come nel caso de quo, non dà luogo ad una ipotesi di pluralità di domande effettivamente contrapposte ed idonee a determinare la soccombenza reciproca, sulla quale il Tribunale ha – quindi erroneamente – fondato la compensazione delle spese di lite di secondo grado. La Suprema Corte cassa pertanto la sentenza impugnata, rinviando al medesimo Tribunale in persona di un diverso magistrato.
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