Reato ex art. 186 comma 7 del D.Lvo 285/1992 concorre con resistenza a pubblico ufficiale
Il reato di cui all’art. 186 comma 7 D.Lvo 285/1992 è reato a condotta istantanea che non può considerarsi assorbito bensì concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art. 337 c.p..
(Ricorso rigettato)
(Orientamento confermato)
(Normativa di riferimento: D.Lvo n. 285/1992, art. 186, c. 7; C.p. art. 337)
Il fatto
La Corte di appello di Trento riformava la sentenza del GUP del Tribunale di Trento che aveva condannato l’imputato a mesi quattro di arresto ed euro 1400,00 di ammenda oltre alla revoca della patente di guida e la confisca del mezzo, per il reato di rifiuto di sottoporsi ad accertamento del tasso alcolemico nel corso di controllo stradale, previsto all’art. 186 co. 7 in relazione al co. 2 lett. c e co. 2 sexies d.lgs. 30 aprile 1992, n.285.
In particolare, in parziale accoglimento dei motivi di appello, la corte, ritenuta la continuazione con i delitti di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali, commessi nello stesso giorno e nel medesimo contesto spazio-temporale, di cui alla sentenza di patteggiamento del 16.02.2016 n. 92/16 del Gup del Tribunale di Trento, passata in giudicato, applicava in aumento la reclusione di mesi due di reclusione, con condanna complessiva alla pena di dieci mesi di reclusione e concessione della sospensione condizionale e applicava la pena accessoria della sospensione per anni due della patente di guida in luogo della revoca disposta dal primo giudice.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore.
Con il primo motivo si lamentava la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione in quanto la Corte di Appello non aveva ritenuto che la condotta posta in essere dall’imputato che, per evitare di sottoporsi agli accertamenti etilometrici da parte della Polstrada, che lo avevano fermato mentre era alla guida della sua autovettura, in evidente stato di ebbrezza alcolica, si era dato alla fuga, costringendo i militari operanti all’inseguimento, da cui poi erano scaturiti atti di violenza e minaccia, fosse assorbita nel più grave reato di resistenza a pubblico ufficiale, accertato con separato procedimento, e ciò in base al principio di specialità disciplinato dall’art. 15 c.p. e all’espressa clausola di riserva prevista dall’art. 186 co. 7 c.d.s.
Con il secondo motivo si assumeva come la Corte di Appello fosse incorsa in violazione della legge e mancanza di motivazione in relazione alla disposta sospensione della patente, quale pena accessoria, nel periodo massimo di legge pari a i anni due.
Valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
La Corte reputava il ricorso infondato alla stregua delle seguenti considerazioni.
Con riferimento al primo motivo, gli ermellini rilevavano come la Corte territoriale, dopo aver adeguatamente ricostruito la vicenda storico fattuale, avesse fatto una corretta applicazione dei principi giuridici escludendo nel caso di specie l’applicazione delle regole sul concorso apparente di norme penali atteso che il reato di cui all’art. 186 comma 7 del D.Lvo 285/1992 è reato a condotta istantanea che si consuma con il comportamento di fuga posta in essere dall’imputato, e non può considerarsi certo assorbito bensì concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art. 337 c.p., che si è realizza attraverso condotte distinte e materialmente susseguenti consistite, come nel caso di specie, in spintonamenti e minacce per opporsi ai militari operanti che nel frattempo lo avevano raggiunto e cercavano di bloccarlo (Cfr Sez. 6, n. 47585 del 10/12/2007, dep. 2007, Rv.238231).
Con riguardo al secondo motivo i giudici di Piazza Cavour osservavano come la Corte territoriale avesse accolto il motivo di appello riguardante l’applicazione erronea della revoca della patente e, sia pure con motivazione succinta, avesse applicato la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida nel periodo massimo di anni due, evidenziando proprio al riguardo che l’imputato era stato già condannato nei due anni precedenti per il reato di guida in stato di ebbrezza (Sez. 5, n. 607/2014 e Sez.2, n. 1405/2014).
Conclusioni
La sentenza in oggetto si appalesa condivisibile.
I giudici di legittimità ordinaria, ad avviso di chi scrive, hanno correttamente stimato sussistente il concorso di reati alla luce del fatto che uno di questi illeciti penali fosse un reato istantaneo. Pare difatti evidente che un reato istantaneo, proprio in quanto tale, si consuma nel momento in cui viene posto in essere, e quindi non può essere assorbito da un altro reato che viene commesso subito dopo.
Nel caso di specie, difatti, solo dopo che il conducente si era rifiutato di sottoporsi agli accertamenti etilometrici da parte della Polstrada, prima, e si era dato alla fuga, poi, costui aveva posto in essere il reato di cui all’art. 337 c.p..
Va da sé quindi che quando il primo reato (ossia quello previsto dall’art. 186, c. 7, Cds.) era stato consumato, il secondo (cioè quello di cui all’art. 337 c.p.p.) non era stato ancora compiuto. Ragioni anche di logica, oltre che di natura giuridica, pertanto, militano a favore di quanto enunciato dalla Cassazione in questa pronuncia.
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