Quando il caseggiato è composto da un proprietario esclusivo di un’unità immobiliare ed altri comproprietari pro indiviso delle restanti unità immobiliari comprese nell’edificio si deve parlare di “condominio minimo”, per il quale si applica la disciplina sul funzionamento dell’assemblea condominiale
riferimenti normativi: art. 1136 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 16901 del 07/07/2017
La vicenda
Un caseggiato era composto da tre unità immobiliari, di cui una in proprietà esclusiva e le altre due in comproprietà pro indiviso tra due altri soggetti. Gli abitanti del palazzo si riunivano e deliberavano con le regole previste dal codice civile per le riunioni assembleari condominiali. Secondo il proprietario esclusivo – che si rivolgeva al Tribunale della sua città – la delibera era illecita in quanto in un “condominio minimo” con numero di partecipanti inferiore a tre dovevano trovare applicazione le norme in tema di comunione, e non quelle sulla maggioranza dettate in tema di condominio. Il Tribunale dichiarava la delibera nulla e alle stesse conclusioni arrivava la Corte d’Appello secondo cui l’applicabilità dell’art. 67, comma 2, disp. att., c.c., circa la possibilità per i comproprietari di un appartamento di designare un rappresentante, non modificava la composizione personale del condominio, portando a tre il numero dei partecipanti aventi diritto al voto.
I due comproprietari ritenevano che la delibera fosse pienamente valida e si rivolgevano alla Cassazione per contestare, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione dell’art. 67 disp. att. c.c., sostenendo che ciascuno dei rappresentanti delle due unità immobiliari in comunione dovesse avere diritto ad esprimere il proprio voto: in altre parole due rappresentanti, uno per appartamento, quindi 2 voti in assemblea.
La questione
Quando un edificio è composto da un proprietario esclusivo di un’unità immobiliare ed altri comproprietari pro indiviso delle restanti unità immobiliari comprese nell’edificio, trovano applicazione le norme sulla comunione o quelle sul condominio?
La soluzione
La Cassazione ha dato torto ai comproprietari in quanto i motivi alla base del ricorso erano errati.
Tuttavia i giudici supremi hanno precisato che effettivamente allorché i partecipanti ad un condominio siano uno proprietario esclusivo di una unità immobiliare ed altri comproprietari pro indiviso delle restanti unità immobiliari comprese nell’edificio, atteso che i medesimi comproprietari, con riguardo all’elemento personale supposto dall’art. 1136 c.c., sebbene abbiano designato distinti rappresentanti, esprimono comunque un solo voto, deve parlarsi di un “condominio minimo”, per il quale opera la disciplina dettata dal codice civile in tema di funzionamento dell’assemblea condominiale.
In ogni caso la Cassazione ha ricordato che, essendo in discussione la validità di una deliberazione assembleare adottata in data 2 ottobre 2011, si è dovuto ragionare applicando il testo dell’art. 67, comma 2, disp. att. c.c., antecedente alla riformulazione fatta dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220 (entrata in vigore il 18 giugno 2013).
Le riflessioni conclusive
Per comprendere la vicenda esaminata bisogna considerare che secondo il “vecchio” articolo 67, comma 2, disp. att. cc. qualora un piano o porzione di piano dell’edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea che è designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente.
A seguito della riforma del condominio e, quindi dal 18 giugno 2013, trova applicazione il nuovo articolo 67, comma 2 disp. att. c.c. secondo cui qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo 1106 c.c.
L’art. 67, comma 2, disp. att., c.c., è espressione di un principio generale, in forza del quale, se ad una comunione partecipano per una quota più proprietari pro indiviso, costoro devono nominare un rappresentante che esprima un voto e una volontà unica.
La necessità che il rappresentante dell’unità immobiliare in comproprietà esprima la volontà unica dei comproprietari comporta, altresì, che gli eventuali contrasti fra costoro sull’assemblea condominiale vadano risolti all’interno del gruppo.
In ogni caso, l’art. 1136 c.c., facendo riferimento, per l’approvazione delle deliberazioni assembleari, ad un determinato numero di partecipanti al condominio ed ad un determinato valore dell’edificio rappresentato dalle rispettive quote, comporta che ogni condomino intervenuto possa esprimere un solo voto (ed analogamente vada considerata la posizione degli astenuti e degli assenti), qualunque sia l’entità della quota che rappresenta ed indipendentemente dal fatto che questa sia costituita da una sola o da più unità immobiliari, stante l’autonoma rilevanza attribuita al voto personale rispetto al valore, sia pure minimo, della quota rappresentata dal singolo condomino (si veda la fondamentale Cass. civ., sez. II, 09/12/1988, n. 6671).
La convocazione dell’assemblea, a pena di invalidità della medesima, deve essere comunicata a tutti i proprietari delle autonome porzioni di piano, in quanto l’art. 67 disp. att. c.c., non autorizza a ritenere che per la valida costituzione dell’assemblea sia sufficiente la comunicazione ad uno solo dei comproprietari pro indiviso, essendo invece necessario che siano convocati nominativamente (Trib. Salerno, 23/04/2010).
Chiarito quanto sopra bisogna considerare che quando il caseggiato è composto da un proprietario esclusivo di un’unità immobiliare ed altri comproprietari pro indiviso delle restanti unità immobiliari comprese nell’edificio, atteso che i medesimi comproprietari, esprimono comunque un solo voto, si deve parlare di “condominio minimo”, per il quale si applica la disciplina sul funzionamento dell’assemblea condominiale.
Nel 2006, la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 2046) decidendo in merito all’applicabilità dell’art 1134 c.c. al condominio minimo ha stabilito che l’ipotesi del condominio minimo è del tutto simile ad altre nelle quali la maggioranza in concreto non si forma. Si pensi al caso del condominio composto da più partecipanti in cui gli schieramenti opposti si equivalgono e non si determinano maggioranza e minoranza; oppure al caso di un condominio del pari composto da più partecipanti in cui un impianto risulti destinato al servizio di due soli condomini i quali da soli sono chiamati a deliberare sulla gestione.
Più recentemente si è precisato che nel condominio cd. minimo (formato, cioè, da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni), le regole sul funzionamento dell’assemblea si applicano allorché quest’ultima si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione “unanime”, tale dovendosi intendere quella che sia frutto della partecipazione di ambedue i comproprietari; ove, invece, non si raggiunga l’unanimità, o perché l’assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché, come nella specie, alla riunione – benché regolarmente convocata – si presenti uno solo dei partecipanti e l’altro resti assente, è necessario adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario (Cass. civ., sez. II, 02/03/2017, n. 5329).
Anche nel caso di c.d. condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, quindi, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile solo nel caso in cui abbia i requisiti dell’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 c.c. (Cass. civ., Sez. II, 04/03/2015, n. 4372).
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