Presunzione di comunione: vale per cortile che serve più edifici?

La presunzione legale di comunione, stabilita dall’art. 1117 c.c., è operante anche in relazione ad un cortile strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di più edifici limitrofi ed autonomi, tra loro non collegati da unitarietà condominiale
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La vicenda
La questione
La soluzione
Le riflessioni conclusive

riferimenti normativi: art. 1117 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3739 del 15/02/2018
1. La vicenda
Alcuni condomini si rivolgevano al Tribunale per richiedere l’accertamento della proprietà condominiale, quale spazio da destinarsi a parcheggio ex art. 1117 c.c., dell’area circostante l’unità immobiliare posta al piano rialzato di proprietà esclusiva di altra condomina, costruttrice del fabbricato e titolare altresì di un distinto immobile non compreso nel condominio ma confinante con l’area in contesa. Il Tribunale respingeva tutte le domande degli attori. La Corte di Appello confermava la decisione di primo grado. Secondo i giudici di secondo grado la circostanza che negli stessi contratti di acquisto le unità immobiliari degli appellanti fossero identificate come confinanti con la proprietà della costruttrice era decisiva per individuare l’appartenenza dell’area in questione. Per la stessa Corte quindi l’area non era condominiale, conclusione ritenuta non contrastata né dai dati catastali, né dalla individuazione dell’area destinata a parcheggio contenuta nelle concessioni rilasciate. I condomini ricorrono in cassazione lamentando la violazione degli artt. 2697, 1117 e 840 c.c. quanto all’accertamento della proprietà della corte circostante la proprietà della costruttrice, bene che secondo i ricorrenti si doveva presumere condominiale salvo prova di titolo contrario.
2. La questione
La presunzione legale di comunione di talune parti, stabilita dall’art. 1117 c.c., può ritenersi applicabile in via analogica anche quando si tratti non di parti comuni di uno stesso edificio, bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi?

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3. La soluzione
La Cassazione ha dato ragione ai ricorrenti. Secondo i giudici supremi, ai fini dell’inclusione nelle parti comuni dell’edificio elencate dall’art. 1117 c.c., il cortile è quell’area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, o che abbia anche la sola funzione di consentirne l’accesso, o sia destinata a spazi verdi, zone di rispetto, parcheggio di autovetture. Tale bene si deve intendere comune, a meno che non risulti il contrario da quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali.
Per la Cassazione, quindi, i giudici di secondo grado sono caduti in errore atteso che avrebbero dovuto accertare, mediante apposito apprezzamento di fatto, l’eventuale obiettiva destinazione primaria del cortile a dare aria, luce ed accesso al servizio esclusivo della unità immobiliare di proprietà della condomina costruttrice. In altre parole la Corte di Appello avrebbe dovuto dirimere la lite non facendo affidamento sui titoli di acquisto dei condomini – ricorrenti, ma individuando l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà, da cui si generò la situazione di condominio edilizio. Successivamente – ad avviso della Cassazione – bisognava verificare se nel titolo originario sussistesse una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente all’unità immobiliare della costruttrice la proprietà del cortile ad essa circostante. In ogni caso i giudici supremi confermano che la presunzione legale di comunione, stabilita dall’art. 1117 c.c., si reputa inoltre operante anche nel caso di cortile strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di più edifici limitrofi ed autonomi, tra loro non collegati da unitarietà condominiale
4. Le riflessioni conclusive
La presunzione di comunione di cui all’art. 1117 c.c. presuppone la destinazione, delle cose elencate in tale norma, al godimento od al servizio dei condomini. Tale presunzione può essere vinta dal titolo contrario, con ciò intendendosi non solo l’ipotesi in cui il titolo convenzionale che dà luogo alla nascita del condominio includa, espressamente od implicitamente, un dato bene nell’ambito della proprietà esclusiva di uno dei condomini, ma anche l’ipotesi in cui, all’atto del frazionamento dell’edificio, un dato bene, sia pur rientrante nell’ambito di quelli elencati nell’art. 1117 c.c., abbia una sua specifica destinazione a servizio di un appartamento in proprietà esclusiva.
In altre parole la presunzione di proprietà comune di cui all’articolo 1117 del c.c. non opera riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari.
Al contrario la presunzione legale di comunione di talune parti, stabilita dall’art. 1117 c.c., può ritenersi applicabile in via analogica anche quando si tratti non di parti comuni di uno stesso edificio, bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi, purché si tratti di beni oggettivamente e stabilmente destinati all’uso od al godimento degli stessi, come nel caso di cortile esistente tra più edifici appartenenti a proprietari diversi, ove lo stesso sia strutturalmente destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo circondano (Cass. civ., Sez. II, 18/12/2014, n. 26766).
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Giuseppe Bordolli
Mediatore e docente in corsi di formazione per le professioni immobiliari, è esperto di Diritto immobiliare con pluriennale esperienza in attività di consulenza per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare. Attualmente è direttore editoriale del sito Condominioweb. È collaboratore del Quotidiano condominio 24 ore, di Diritto.it e di varie riviste di diritto immobiliare. Autore di numerose pubblicazioni in materia.

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