Notifica diretta delle cartelle esattoriali

La corte costituzionale decide il 20 giugno 2018
La Corte Costituzionale mercoledì 20 giugno 2018 in pubblica udienza (Relatore Amoroso) decide sulle eccezioni di incostituzionalità sollevate con l’ordinanza n. 59 del 22/11/2016 della Commissione Tributaria Regionale di Milano – Sez. Settima – (in G. U. n. 18 del 03/05/2017) che, in relazione agli articoli 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, e 111, commi 1 e 2, della Costituzione ha sollevato questione di incostituzionalità dell’art. 26, comma 1, del DPR n. 602 del 73 nella parte in cui abilita il concessionario della riscossione alla notificazione diretta, senza intermediario, mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, della cartella di pagamento e nella parte in cui non prevede che la notifica di cartella di pagamento tramite il servizio  postale avvenga con l’osservanza dell’art. 7 della legge n. 890/1982, così come modificato con la legge n. 31 del 2008 di conversione del decreto legge n. 248/2007.
Sulla questione della illegittimità della notifica diretta delle cartelle esattoriali da parte del concessionario della riscossione rinvio ai molteplici articoli che ho scritto sull’argomento e pubblicati sul mio sito (www.studiotributariovillani.it).
Per comprendere l’importanza della condivisibile ordinanza della CTR di Milano (Pres. e Rel. Dott. Punzo Roberto), riporto integralmente i passi principali.
“A fronte di questo massiccio, univoco e ormai pluriennale orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, (anche con riferimento alla portata delle modifiche legislative al testo originario), il collegio non può’ non constatare che rispetto alla normale notifica di atto emesso da P.A. in materia non tributaria, ovvero di atto civile, ovvero anche di atto tributario (quando notificato diversamente) questa c.d. notifica «diretta» si concretizza in una profonda destrutturazione delle normali regole in materia di notifiche, con conseguenze gravemente pregiudizievoli per soggetto destinatario di cartelle fiscali, tali da comportare uno sbilanciamento tra la posizione del notificante e quella del destinatario dell’atto della cui legittimità costituzionale questo collegio fortemente dubita sotto più’ aspetti, in relazione agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione e alla più’ recente giurisprudenza del giudice delle leggi.
Ad avviso del Collegio, le criticità, da un punto di vista costituzionale, sono rinvenibili soprattutto sotto i profili che di seguito si espongono.
Sul versante soggettivo di chi è legittimato alla notifica di provvedimenti e atti c.d. sostanziali, non puo’ sfuggire l’assoluta anomalia dell’avere il legislatore abilitato un soggetto di diritto privato quale era all’epoca ed è attualmente il concessionario (ovvero Agente della Riscossione), nella fattispecie Equitalia Nord spa incondizionatamente e in via ordinaria, con una norma speciale ad hoc (che non trova riscontri in altri settori dell’ordinamento) a una funzione eminentemente pubblicistica come è quella dell’esercizio delle funzioni di notificazione «diretta» di atti.
Invero, l’art. 12 della legge n. 890 riserva, in via generale, la notificazione «diretta» alle pubbliche amministrazioni; allo stesso modo, in materia tributaria l’art. 14 attribuisce la notifica «diretta» agli «uffici finanziari»; solo eccezionalmente, per lo piu’ per i soli atti processuali, l’ordinamento attribuisce la potestà notificatoria a soggetti non pubblici, previa sottoposizione (v. la legge n. 53 del 1994 e succ.mod.ni sulle notificazioni effettuate dagli avvocati) a condizioni assai rigorose (nient’affatto esistenti nella normativa sui poteri notificatori degli Agenti della Riscossione) sia di autorizzazione preventiva (individuale), sia di oggetto (oltre agli atti giudiziari, i soli atti «stragiudiziali» funzionali alla tutela di situazioni giuridiche del patrocinato come ad es. messa in mora, diffide et similia) sia di documentazione delle notificazioni eseguite (con obbligo, sotto quest’ultimo aspetto, tra l’altro, anche di stesura di relata di notifica).
Nel contesto di una normativa che mette alle dipendenze del concessionario (facoltizzandolo a valersi, allo stesso fine, anche della collaborazione di altre amministrazioni) personale specificamente addetto alle notificazioni, con funzioni equiparate a quelle dell’ufficiale giudiziario, l’attribuzione al medesimo concessionario, in via aggiuntiva, del potere di notificazione diretta («disciplina di favore nei confronti dell’esattore», come la definisce esplicitamente, sul piano della ricognizione del diritto positivo, la giurisprudenza di legittimità: Cass., n. 12351/16 cit. e, in precedenza, Cass. n. 11708/11), appare, ad avviso del collegio, del tutto irragionevole, traducendosi in un anacronistico e in uno Stato di diritto ingiustificabile privilegio (rispetto a tutti gli altri soggetti privati, che in via generale devono valersi, per le notificazioni anche a mezzo posta, dell’ufficiale giudiziario), cui corrisponde una speculare situazione di soggezione del destinatario dell’atto rispetto a un potere notificatorio privato (di un’ampiezza che non ha riscontro in alcun altro settore dell’ordinamento), in contrasto con l’art. 3, comma 1, della Costituzione.
La mancanza di intermediario è suscettibile di comportare seri pregiudizi anche all’esercizio del diritto di difesa (art. 24 della Costituzione) e alla regola di «parità delle armi» (art. 111 della Costituzione).
Nonostante la cartella (per la duplice natura di comunicazione dell’estratto di ruolo e di intimazione ad adempiere) abbia la stessa importanza del titolo esecutivo e dell’atto di precetto nel rito ordinario, il concessionario non ha oneri ne’ di relata di notifica, ne’ di assolvimento di particolari formalità nella predisposizione e consegna al servizio postale che compie direttamente dell’atto o degli atti (ove plurimi) inseriti dal mittente medesimo nel «plico chiuso» da inviare al destinatario: difetta pertanto qualsivoglia garanzia formale di conformità tra atto emesso e atto inviato, al contrario di quanto avviene con l’attestazione di conformità ex articoli 137 e 149 del codice di procedura civile quando alla notifica a mezzo posta provvedano l’ufficiale giudiziario ovvero, nella materia de qua, gli altri pubblici ufficiali equiparati.
Questa «informalità» da parte del concessionario nella predisposizione e invio del plico chiuso è suscettibile di causare notevoli difficoltà all’esercizio del diritto di difesa e di dare luogo a una situazione di svantaggio del destinatario della notifica «diretta»: il notificatario, infatti, non puo’ fare affidamento sulla certezza preventivamente attestata dall’ufficiale giudiziario (o equiparato) sulla conformità (rilevante ovviamente anche sotto l’aspetto della completezza) tra l’esemplare, anche voluminoso, perchè composto da molte pagine, dell’atto ricevuto (ovvero dei molteplici atti, inclusi in unico plico, come in concreto spesso si verifica), da impugnare sotto pena di decadenza, e atto ovvero atti effettivamente emessi dall’Agente della Riscossione, controparte processuale nel giudizio di impugnazione, con conseguente onere in ipotesi di discordanza tra atti asseritamente inviati a mezzo posta e atti ricevuti a carico del notificato della prova particolarmente onerosa in un giudizio, quale quello tributario, in cui non è ammessa la prova testimoniale secondo un diffuso indirizzo giurisprudenziale sul fatto che il plico ha contenuto diverso da quello indicato dal mittente (Cass., nn. 873 del 2006, 24054 del 2015 e 15762 del 2013).
Per la situazione di svantaggio rispetto alla controparte processuale e di eccessiva difficoltà della tutela giurisdizionale (cfr. Corte Costituzionale, n. 237 del 2007; nn. 382 e 213 del 2005), dubita pertanto il collegio che (tenuto conto anche dei ristretti limiti temporali assegnati per il completamento di tutte le difese, a pena di decadenza) sia costituzionalmente compatibile con gli articoli 24 e 111 della Costituzione un potere notificatorio di tale ampiezza, sganciato da oneri di osservanza di qualsivoglia efficace formalità, esercitato da parte di un soggetto privato (e quindi come tale, neppure assoggettato alla regola della «imparzialità» nell’agire dettata dall’art. 97 della Costituzione), come è il concessionario, in difetto di qualsivoglia garanzia, per il destinatario, già al momento della ricezione, del diritto alla tempestiva conoscenza nella sua interezza e nella sua genuinità, dell’atto (ovvero degli atti, ove congiuntamente inviati) effettivamente emesso, senza necessità di dover preliminarmente procedere, come invece presuppone il sistema attuale in pendenza del termine per ricorrere, a verifiche e collazioni anche molto laboriose (e di per se’ non risolutive da un punto di vista della prova di quanto effettivamente incluso nel plico pervenuto) presso il concessionario ex art. 26, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73.
Ulteriori e autonome problematiche, sotto l’aspetto in questo particolare sistema di notifica di minori garanzie, sorgono anche sul diverso versante delle regole di recapito della cartella, chiunque, il concessionario ovvero (data la latitudine della norma) altro soggetto abilitato (ufficiale della Riscossione, messo o figura equiparata), ne abbia effettuato l’invio a mezzo posta, ai sensi del medesimo art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602, comma 1, parte seconda.
Trattandosi (sulla scorta del «diritto vivente») di plico inviato con raccomandata ordinaria, l’applicazione (non delle norme di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890), ma delle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati (cfr. ex multis da ultimo Cass., nn. 12083 e 12351 del 2016) comporta notevoli ricadute in termini di diminuite tutele del notificatario che possono così sintetizzarsi.
Non è richiesta (relata, e nemmeno) annotazione specifica sull’avviso di ricevimento della persona cui è stato consegnato il plico: Cass., nn. 26864 del 2014; 6395 del 2014; 9111/2012 (invece, ex art. 7, comma 4 legge n. 890, «… Quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l’aggiunta, se trattasi di familiare, dell’indicazione di convivente anche se temporaneo»).
A fortiori, l’agente postale non ha neppure l’obbligo di seguire, in caso di notifica «diretta», l’ordine preferenziale nella consegna del plico prescritto dall’art. 7, comma 2 e 3 legge n. 890, in quanto, secondo l’art. 20 delle «condizioni generali per l’espletamento del servizio postale universale «approvate con decreto ministeriale 1° ottobre 2008 (che ha sostituito il precedente decreto ministeriale del 2001, di contenuto sovrapponibile), il recapito degli «invii raccomandati» è effettuato «tramite consegna al destinatario o ad altra persona individuata ai sensi degli articoli 26, 27, 28, e 29, previa firma per ricevuta» e il successivo art. 26 («nuclei familiari») delle «condizioni generali» del servizio, si limita a prevedere, senza alcun ordine di necessaria priorità, che «Sono abilitati a ricevere gli invii postali presso il domicilio del destinatario anche i componenti del nucleo familiare, i conviventi ed i collaboratori familiari dello stesso e, se vi è servizio di portierato, il portiere».
In caso di consegna non a mani proprie, la notifica si perfeziona con la consegna del plico anche al portiere, senza il compimento di alcun’altra formalità, non essendo applicabile (cfr. da ultimo Cass. 12083/16 cit.) il disposto dell’art. 7, ultimo comma, legge n. 890 (introdotto dal decreto-legge n. 248/2007 art. 36 comma 2-quater, così come convertito, con modificazioni, con la legge n. 31 del 2008) sull’obbligo dell’invio della raccomandata informativa («se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata»; cfr. anche la parallela previsione dell’art. 60, comma 1, lettera B-bis per le notificazioni di atti fiscali per il tramite del «messo», che in caso di consegna non a mani proprie «dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso a mezzo raccomandata»).
Constatate le rilevanti deviazioni in pejus rispetto al modello ordinario della legge n. 890/82 e a maggior ragione rispetto alle notifiche tramite ufficiale giudiziario di cui all’art. 137 ss. del codice di procedura civile, ad avviso del collegio le descritte modalità notificatorie ex art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 delle cartelle di pagamento appaiono talmente sommarie da non apparire ragionevolmente compatibili con gli standard attuali ormai generalmente acquisiti nell’ordinamento positivo anche per le notifiche a mezzo posta, ex legge n. 890 del 1982 delle garanzie riconosciute al destinatario ai fini della conoscibilità effettiva dell’atto, sulla base dei recenti sviluppi della giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia di notificazioni e di diritto di difesa, di salvaguardia del contraddittorio e della parità delle armi ex art, 3, 24 e 111 della Costituzione.
Il Collegio ha ben presente che la giurisprudenza costituzionale, in materia di notificazioni, riconosce al legislatore ampia discrezionalità, in particolare nel bilanciamento tra l’interesse del notificante e quello del notificatario.
Peraltro già con la sentenza n. 346 del 1998 è stato precisato che la discrezionalità del legislatore non puo’ pregiudicare il «fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell’atto notificatogli».
La sentenza n. 366/2007 ha ribadito che «un limite inderogabile alla discrezionalità del legislatore nella disciplina delle notificazioni è rappresentato dall’esigenza di garantire al notificatario l’effettiva possibilità di una tempestiva conoscenza dell’atto notificato e, quindi, l’esercizio del suo diritto di difesa» (conf. sentenza n. 360 del 2003).
Più recentemente, è stato sottolineato che nel valutare «il non ragionevole bilanciamento» tra gli interessi del notificante e quelli del destinatario, in materia nella quale, invece, le garanzie di difesa e di tutela del contraddittorio devono essere improntate a canoni di effettività e di parità, «occorre considerare che ormai sul notificante da quando è stata introdotta la scissione … non gravano piu’ i rischi connessi ai tempi del procedimento notiticatorio» (sentenza n. 3 del 2010).
Proprio in tema di notificazione di atti fiscali, la sentenza costituzionale, n. 366 del 7 novembre 2007, sul presupposto che «un limite inderogabile alla discrezionalità del legislatore nella disciplina delle notificazioni è rappresentato dall’esigenza di garantire al notificatario l’effettiva possibilità di una tempestiva conoscenza dell’atto notificato e, quindi, l’esercizio del suo diritto di difesa») ha dichiarato l’incostituzionalità delle disposizioni (art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600/73 e art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73) che per il residente all’estero iscritti all’AIRE impongono di eseguire le notificazioni a lui destinate solo mediante il deposito di copia dell’atto nella casa comunale e l’affissione dell’avviso di deposito nell’albo dello stesso comune (perchè tale normativa non garantiva al notificatario non piu’ residente in Italia «l’effettiva conoscenza degli atti a lui destinati», senza che «a tale diminuita garanzia» corrisponda a «un apprezzabile interesse dell’amministrazione finanziaria notificante a non subire eccessivi aggravi nell’espletamento della procedura notificatoria»).
Specificamente con riguardo a notificazione di cartella (a destinatario relativamente irreperibile), è stato ritenuto (Corte Costituzionale, sentenza n. 258 del 2012) che non è «riconducibile ad alcuna ragionevole ratio, con violazione dell’art. 3 della Costituzione» che la notificazione di una cartella di pagamento nei casi previsti dall’art. 140 del codice di procedura civile possa avvenire ex art. 60 con la semplice affissione nell’albo del Comune, secondo «modalità improntate ad un criterio legale tipico di conoscenza della cartella», anziché secondo il «criterio di effettiva conoscibilità dell’atto».
E’ inoltre ricorrente, in generale, l’affermazione (sentenza n. 46 del 1998) che «Deve pertanto escludersi che la diversità di disciplina tra le notificazioni a mezzo posta e quelle personalmente eseguite dall’ufficiale giudiziario possa comportare una menomazione delle garanzie del destinatario delle prime» (cfr. anche Corte Costituzionale, sentenza n. 3 del 2010).
Alla luce di questi orientamenti della giurisprudenza costituzionale, ritiene il collegio a completamento delle osservazioni già svolte di ulteriormente puntualizzare che:

la c.d. notificazione «diretta» di atti esattoriali non è altro (nel caso di contribuente con domicilio noto) che un duplicato, come tale non necessario, di altre forme di notificazione, assistite da maggiori garanzie per il destinatario con riguardo sia alle formalità di invio e di predisposizione del contenuto del plico, sia di recapito – di cui il concessionario, a sua discrezionale scelta, potrebbe ugualmente avvalersi: appare quindi pertinente, anche in ordine ai procedimenti notificatori de quibus, il richiamo al rilievo sull’essere irragionevole la scelta dell’una o altra procedura notificatoria rimessa alla scelta, «secondo criteri unilaterali di propria convenienza», di chi è disinteressato all’effettiva conoscenza da parte del destinatario dell’atto inviato (cfr. sentenza costituzionale n. 346 del 1998; sentenza n. 3 del 2010);
formalità talmente «semplificate» di perfezionamento del recapito della cartella, con i conseguenti riflessi negativi sulle ordinarie garanzie apprestate ai fini della effettiva conoscibilità dell’atto inviato (con correlativa situazione di svantaggio rispetto alla tutele giudiziali esperibili e all’esercizio del diritto di difesa) non sembrano giustificabili ne’ compatibili (specie dopo le incisive modifiche introdotte agli articoli 7 e 8 della legge n. 890 rispettivamente dalla legge n. 31 del 2008 e dalla legge n. 80 del 2005) con l’attuale generale assetto ordinamentale delle notificazioni, in cui persino per gli atti aventi ad oggetto sanzioni amministrative non tributarie, per massa numerica addirittura superiori a quelle degli atti in materia tributaria (oltre che di valore economico spesso modesto (si pensi ai verbali di infrazione del codice della strada), la notificazione a mezzo posta avviene con le ordinarie modalità della legge n. 890, senza che constino nella pratica particolari difficoltà operative, il che è indice della non eccessiva gravosità degli ordinari incombenti ( Corte Costituzionale sentenza n. 366 del 7 novembre 2007).

Sembrando dunque del tutto ingiustificata l’inapplicabilità dell’art. 7 legge n. 890 in subiecta materia, ritiene il collegio di sollevare, per violazione degli articoli 3, comma 1, 24 e 111 della Costituzione, questione di costituzionalità anche sotto i profili da ultimo descritti.
Il collegio considera impraticabile una interpretazione diversa dell’art. 26 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73, costituzionalmente orientata, che sia atta a superare le criticità evidenziate, stante la giurisprudenza di legittimità consolidata nei termini descritti, che ha tenuto conto di un testo normativo, stratificatosi nel tempo, frutto di vari interventi all’insegna di una innegabile «ratio» di velocizzazione delle notifiche fiscali con riguardo essenzialmente alle esigenze erariali, che hanno nella realtà finito per oscurare il principio enunciato nell’art. 6 dello «Statuto del contribuente» legge n. 212 del 2000 secondo cui «L’amministrazione deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati…».
Chiara è anche la rilevanza della questione di costituzionalità che si solleva rispetto al caso concreto, dal momento che ove le norme denunciate fossero da applicare secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, le cartelle sarebbero da considerare ben notificate e non sarebbe configurabile l’eccepita estinzione delle obbligazioni tributarie.
In caso contrario, si profilerebbe una situazione (quanto meno) di nullità non sanata (e ormai insanabile) delle notifiche, con evidente decorso, ben prima del recapito del «Preavviso di fermo», dei termini decadenziali (decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73, art. 25; legge n. 296/2006 art. 163, comma 1; decreto legislativo n. 472/1997, articoli 16 e 17).
E infatti le notificazioni delle cartelle sono tutte avvenute mediante invio per posta effettuato direttamente da parte dell’Agente della Riscossione e con avvenuta consegna al portiere, senza invio dell’avviso previsto dall’ art. 7 u.c. legge n. 890/92 (nel sistema della legge n. 890, «è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui la mancata spedizione dell’avviso, sia che si tratti di applicazione dell’art. 139 cit., che di applicazione dell’art. 7 cit., dopo la novella del 2008, costituisce non una mera irregolarità, ma un’ipotesi di nullità…» così da ultimo, in parte motiva, Cass. 12438/16; conf. Cass. n. 17915 del 2008; n. 1366 del 2010, n. 21725 del 2012; n. 6345 del 2013), e parimenti in difetto di attestazione (sia pure senza formule sacramentali) dell’assenza del destinatario e dei soggetti (la successione preferenziale dei quali è tassativamente prevista dalla norma è considerata integrare nullità: cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 30 maggio 2005 n. 11332) rientranti nelle categorie contemplate dall’art. 139 del codice di procedura civile, comma 2, e dalla parallela previsione dell’art. 7, comma 2 e 3, legge n. 890/82”.
Spero che la Corte Costituzionale accolga tutte le eccezioni di incostituzionalità sollevate dalla condivisibile ordinanza n. 59/2016 della CTR di Milano – Sez. Settima.
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