Nel rispetto del principio della bigenitorialità il bambino di due anni può dormire dal padre

 
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, se non c’è prova di un pregiudizio che un bambino di due anni potrebbe subire passando la notte a casa del padre, deve essere rispettato il principio di bigenitorialità.
 
Prima di scrivere sui fatti specifici, ricordiamo qualcosa sul principio di bigenitorialità e i diritti dei figli.
 
Il principio di bigenitorialità
Il principio di bigenitorialità è il principio etico in base al quale un bambino ha una legittima aspirazione, vale a dire, un legittimo diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche se gli stessi siano separati o divorziati.
Non devono esistere impedimenti che giustifichino l’allontanamento di un genitore da suo figlio.
Questo diritto si basa, in questa impostazione, sul fatto che essere genitori è un impegno che si prende nei confronti dei figli e non dell’altro genitore, per il quale non può e non deve essere condizionato da un’eventuale separazione e su questo diritto non si può fare ricadere la responsabilità di scelte separative dei genitori.
Il concetto di bigenitorialità o di genitorialità condivisa esiste in diverse discipline, ma per molto tempo veniva utilizzato in prevalenza in relazione alle famiglie unite.
l concetto di bigenitorialità o di genitorialità condivisa esiste in diverse discipline, ma per molto tempo veniva utilizzato in prevalenza in relazione alle famiglie unite.
Dopo la Convenzione sui Diritti del Bambino di New York del 20 novembre 1989, si è diffuso sempre di più il concetto che un bambino ha il diritto di avere un rapporto continuativo con entrambi i genitori, anche se gli stessi si separano.
In questo modo, man mano che questo principio prendeva piede, il concetto di bigenitorialità è stato esteso anche alla famiglia separata.
Un concetto analogo esiste anche in Biologia e Genetica ma è relativo all’eredità genetica di un essere vivente da entrambi i suoi genitori e deriva dall’inglese biparentality.
I diritti dei figli
L’articolo 147 del codice civile, rubricato “doveri verso i figli” recita:
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis (107, 155, 279, 330, 333, 30 Cost. 570 – 572 c.p.).
Di conseguenza, rappresenta un preciso diritto dei figli quello di essere mantenuti, educati, istruiti e assistiti dai genitori, nel rispetto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni.
I figli hanno il diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
(art. 315 – bis c.c.).
I non hanno esclusivamente il diritto di restare con i genitori, e loro il diritto/dovere di stare con i figli, ma anche di conservare stabili ed effettivi rapporti affettivi con i parenti, vale a dire nonni, zii, cugini, e altri.
Il diritto dei figli di restare con i genitori viene messo in seria discussione in presenza della separazione degli stessi.
Quando due coniugi decidono di separarsi, per regolarizzare la situazione è necessario che si rivolgano al giudice in modo che pronunci il provvedimento di separazione personale con il quale ottengono l’autorizzazione di abitare ognuno per conto suo, disponendo anche le misure idonee per l’affidamento della prole.
In realtà, si può ottenere lo stesso risultato anche rivolgendosi a dei legali, i quali,attraverso la procedura di negoziazione assistita, fanno stipulare alle parti una convenzione che se ottiene il nulla osta del pubblico ministero, è vincolante allo stesso modo di un provvedimento giudiziale.
Quando due persone unite da vincolo matrimoniale si separano, si presenta la questione dell’affidamento dei figli.
Ritorniamo ai fatti della questione specifica.
 
L’Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16125/2020, ha riconosciuto a un padre il diritto di passare almeno una notte alla settimana con il figlio di due anni, perché non è stato dimostrato che il bambino subirebbe un pregiudizio.
In presenza di simili circostanze, deve essere garantita la bigenitorialità nell’interesse del minore.
 
La Corte d’Appello ha accolto in parte il reclamo sollevato da un padre contro il decreto del Tribunale, riconoscendo allo stesso la possibilità di tenere il bambino con sé almeno una notte alla settimana.
Il bambino, da parte sua, ha manifestato disagio al momento del distacco da sua madre.
 
Il ricorso in Cassazione da parte della madre
Il ricorso da parte della madre del bambino si articola in due motivi.
Con il primo motivo si lamenta della circostanza che la Corte abbia omesso di considerare l’interesse prioritario del minore di due anni di età.
 
Con il secondo motivo si duole della circostanza che la Corte abbia posto alla base della sua decisione, in modo esclusivo, le motivazioni legate alla tenerà età del bambino, non considerando, come emerso anche in sede di mediazione familiare, il disagio del minore al momento del distacco da sua madre, per questo, il dormire a casa del padre è stato consigliato dopo il compimento dei tre anni.
 

La decisione della Suprema Corte di Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16125/2020, ha dichiarato inammissibile il ricorso, dopo avere valutato in modo congiunto i due motivi avanzati da parte della donna.
 
I Supremi Giudici, nel motivare la decisione, hanno ribadito come il diritto di visita dei genitori di bambini in tenera età possa subire restrizioni se è nell’interesse del minore, anche se, nonostante per il perseguimento dell’interesse sia sempre necessario agire anche nel rispetto della bigenitorialità, intesa come presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione e istruzione della prole.
 
Nella circostanza specifica, la Corte territoriale non ha rilevato altre ragioni, a parte la tenera età del bambino, per escludere a priori il diritto del padre di tenere con sé il figlio la notte.
La madre non ha fornito nessuna prova di un pregiudizio che il bambino potrebbe subire passando  la notte con il padre.
Per questo il giudice di seconde cure ha ritenuto che, la preservazione del rapporto con il padre sia nell’interesse del minore, in modo che si possano realizzare dei momenti fondamentali per la sua crescita.
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