L’uomo tra individuo e socialità: concetto di famiglia e di “gruppi” in Roma antica
Famiglia, bene giuridico da tutelare
La famiglia è la prima “cellula” della persona, quella in cui l’individuo prende contatto con gli spazi circostanti ed acquisisce progressivamente coscienza di sé, si sviluppa ed apprende la dimensione dell’altro: è, dunque, il primo ed il principale luogo di rapporti interpersonali e, quindi, è l’organismo fondante della società.
La famiglia è, in quanto tale, un “bene” giuridico da tutelare ed, infatti, è protetto, in primis, dalla Carta costituzionale italiana tra i rapporti etico-sociali con una rubricazione specifica nella prima parte della medesima lex suprema (artt. 29-34): peraltro, ancor prima della Carta costituzionale, vigente dal 01 gennaio 1948, la famiglia ed i rapporti tra coniugi e figli sono disciplinati dal codice civile del 1942, dagli artt. 143 in poi.
In Roma antica
Storicamente, e segnatamente in Roma antica (Ulpiano), si distingueva tra familia proprio iure, gens, consortium ercto non cito ed agnazione. La familia proprio iure era composta da più persone sotto la potestà del pater (capostipite) ovvero per generazione o per natura: il gruppo, identificato con il cognomen ereditario, si scindeva, alla morte del pater, in tante famiglie quanti erano i figli. La gens aveva, invece, un capostipite mitico ovvero non reale: i membri erano, cioè, legati tra loro da una parentela senza gradi ed avevano un nomen gentilitium che si aggiungeva al praenomen individuale.
Con il termine consortium ercto non cito si indicava il dominium non divisum e, cioè, i figli, alla morte del padre, lasciavano indiviso il patrimonio ereditario, onde conservare integralmente la consistenza economica e politica della famiglia stessa: infatti, nei primi secoli della Repubblica, l’iscrizione alle classi del censo avveniva, per tutti i membri della famiglia, sulla base dell’entità del patrimonio familiare. Ogni consorte risultava, peraltro, titolare dell’intero e poteva compiere atti di disposizione della cosa, salvo lo ius prohibendi degli altri consortes.
Per agnazione, infine, si intendeva la cerchia estrema della famiglia allargata: questa comprendeva tre generazioni in linea retta e sei gradi in linea collaterale, fino ai secondi cugini. Vi sarebbe, comunque, un’ulteriore distinzione in subiecta materia (Cicerone): la prima società familiare era nel rapporto di coppia cui seguiva quello di generazione.
E’ da notare che il termine “familia”, derivante da familus, indicava, nel linguaggio giuridico più antico, l’insieme degli schiavi appartenenti al gruppo urbana (con schiavi al servizio della domus e dei suoi abitanti) e rustica (con schiavi utilizzati nella coltivazione del podere rustico). La stessa espressione “familia pecuniaque” indicava, proprio, il complesso di schiavi e di bestiame e la ricchezza era, appunto, rappresentata dal numero di schiavi.
E’, invece, nell’ambito della gens che si afferma il concetto di famiglia intesa come unione fondata sul matrimonio monogamico (e non collettivo) e sulla privatizzazione della ricchezza collettiva.
Varie le disposizioni “particolari” ratione temporis.
Nell’antica società laziale, si prevedeva l’uccisione della persona al compimento del 60° anno di età e l’annegamento dei neonati ritenuti eccedenti rispetto alle possibilità economiche del gruppo.
Dall’età delle dodici Tavole alla seconda guerra punica (451 a.c./ 218 a.c.), vigeva il divieto di nozze tra parenti entro il sesto grado ed entro tale grado era previsto il diritto di baciare, sulla bocca, la donna sposata.
Tra le principali caratteristiche della famiglia romana, ricordiamo il concetto patrimonialistico di familia, il patriarcato, la preminenza della linea maschile di parentela e la successione familiare del suo erede, la repressione dell’adulterio femminile con la morte e la possibilità di ripudio (soltanto) da parte dell’uomo.
Osservando in senso comparatistico, si può dire, con tutta evidenza, che l’individuo, nella società attuale, gode invece, peraltro in qualità di titolare, di situazioni giuridiche che, ampiamente e diffusamente, garantiscono l’integrità psico-fisica ovvero materiale, morale e spirituale di ciascuno: le disposizioni-cardine sono quelle dei “diritti inviolabili” (art. 2 Cost.) e del principio di eguaglianza e non discriminazione (art. 3 Cost.).
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