Licenziamento illegittimo per utilizzo di Internet
Legittimo usare per sè la connessione Internet dell’azienda
La CEDU ha dichiarato ammissibile l’utilizzo di Internet da parte del dipendente per scopi privati. E’ dello scorso 5 settembre la sentenza n. 61496/08, con cui la Corte Europea ha cambiato opinione, rispetto a quanto espresso alcuni mesi prima, affermando che il lavoratore che utilizza la connessione dati fornita dall’azienda per scopi personali e durante l’orario di lavoro, non è passibile di licenziamento.
In forza del corretto bilanciamento tra le esigenze del datore di lavoro e quelle personali del dipendente, inizialmente i giudici europei avevano dichiarato la legittimità del licenziamento. Al contrario, con la più recente pronuncia, i giudici hanno ritenuto che il contemperamento non fosse stato correttamente operato, integrandosi la violazione dell’art.8 della Convenzione Europea.
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Il datore legge le conversazioni del proprio dipendente con la fidanzata
Il caso riguardava un lavoratore rumeno che aveva prestato servizio per un’azienda privata, per un periodo di tre anni. Lo stesso disponeva di un account Yahoo, quale canale di comunicazione con i clienti. Le sua comunicazioni Internet erano state monitorate dalla proprietà, la quale aveva riscontrato la presenza di messaggi personali, fra il proprio dipendente, il fratello di questo e la fidanzata.
Il lavoratore contestava quindi la violazione del proprio diritto alla corrispondenza; tuttavia, il ricorrente trovava tutela unicamente in sede europea. Il giudice del secondo grado, infatti, aveva dichiarato che la visione della corrispondenza era l’unico strumento a disposizione del datore per accertare la responsabilità disciplinare del proprio dipendente.
La CEDU ha invece ritenuto che la condotta del datore abbia coinvolto la vita privata e la corrispondenza del lavoratore, ancorché la stessa non possa essere ritenuta irragionevole, poiché resta comunque legittimo sapere se i propri dipendenti svolgono le mansioni che gli sono affidate.
L’Italia vieta i controlli a distanza
L’ordinamento italiano, ad oggi, prevede una normativa che vieta i controlli a distanza, tra i quali può annoverarsi l’introduzione nei canali informatici messi a disposizione del lavoratore (D. Lgs n.151/2015 che ha modificato, fra gli altri, l’art.4 dello Statuto dei lavoratori). E la giurisprudenza nazionale, in linea col dato normativo, sostiene che le garanzie previste dalla legge non operano solo nel caso in cui debba provarsi la commissione di illeciti che ledono l’immagine o il patrimonio dell’azienda (vedi Cass., Sez. Lav., 17 febbraio 2015, n. 3122; Cass., Sez. Lav., 28.01.2011, n. 2117).
Restano ferme le prescrizioni previste dal D. Lgs n.196/03 in materia di privacy.
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