L’ex moglie che convive con un altro uomo e il diritto al mantenimento

Quando in seguito a intollerabilità della convivenza una coppia decide di separarsi, di solito è il marito a pagare il mantenimento alla moglie.
Questo non avviene perché lo preveda la legge, la quale dice esclusivamente che chi ha il reddito più elevato deve pagare gli alimenti all’altro, ma perché in Italia, nella maggior parte delle circostanze, il reddito più alto lo possiede sempre l’uomo.
Il marito si può esonerare da questo obbligo se ricorrono determinate cause, che si hanno quando:
La colpa per lo scioglimento del matrimonio è attribuibile alla moglie, che ha violato una delle regole della convivenza.
Ad esempio, l’obbligo di fedeltà, il dovere di non andare via di casa senza una valida ragione, l’assistenza materiale e morale.
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La donna non dimostra di essere disoccupata per delle cause che non dipendano  da sua volontà.
Ad esempio, perché non rientra in un’età lavorativa, perché è malata, oppure perché si è da sempre dedicata in modo esclusivo alla famiglia.
La donna è andata a convivere con un altro uomo.
Sul terzo punto, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa diverse volte.
In tempi recenti con una interessante ordinanza (Cass. ord. n. 18528/20) che, se non viene compresa in modo corretto, rischia che si possa equivocare.
In questa sede procederemo con ordine, cercando di scrivere sulla questione in modo da fare la dovuta chiarezza.
Assegno di mantenimento e assegno di divorzio
La differenza tra assegno di mantenimento e di divorzio si può comprendere senza molta difficoltà.
L’assegno di mantenimento è quello che viene stabilito (di comune accordo o dal giudice) quando la coppia si separa.
Con esso si ha lo scopo di garantire agiatezza al coniuge più “povero” che, da un giorno all’altro si trova male.
Nell’ambito del matrimonio, tra marito e moglie chi ha il reddito maggiore deve versare all’altro un assegno mensile che gli consenta di potere mantenere lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio, una divisione delle entrate in modo da appianare le possibili disparità economiche.
L’assegno di divorzio viene determinato, di comune accordo o dal giudice con la sentenza di divorzio e si sostituisce all’assegno di mantenimento, che viene cancellato.
Lo scopo del contributo, che dovrà durare molto di più del mantenimento, è garantire al coniuge più debole dal lato economico, una sorta di autosufficienza, potendosi mantenere  se non lo possa fare da sé.
Se il coniuge più debole ha uno stipendio che gli consente di badare a sé stesso non può rivendicare nessun contributo dall’ex.
Se lo stipendio è insufficiente per potersi mantenere, andrà integrato con l’assegno divorzile.
Lo stesso vale per chi è disoccupato che avrà diritto al contributo del necessario per sopravvivere L’assegno di divorzio dovrebbe essere più ridotto rispetto a quello di mantenimento.
L’ex moglie che ha un altro uomo e il diritto al mantenimento
La circostanza che l’ex moglie abbia iniziato una relazione con un altro uomo, non comporta per lei la perdita del diritto al mantenimento.
In presenza di simili circostanze, il marito deve continuare a provvedere alle sue esigenze secondo quello che il giudice, con la sentenza di separazione o di divorzio, ha stabilito.
La possibilità che il mantenimento venga meno, è determinata dal fatto che la relazione in questione, si sia trasformata in una convivenza di carattere stabile, vale a dire, un rapporto duraturo che si fonda sugli stessi principi sui quali si fonda la famiglia.
L’ex moglie deve avere originato un’altra famiglia, senza dipendere dal fatto che si sia risposata oppure che abbia preferito instaurare una semplice convivenza con un altro partner.
La modificazione delle condizioni economiche che si sono determinate con il divorzio non presumono una semplice frequentazione, si rende necessaria una convivenza di carattere stabile.
La dimostrazione che la convivenza sia di carattere stabile e non sia occasionale, la deve fornire l’ex marito che chiede di essere sciolto dall’obbligo del pagamento dell’assegno mensile.
In che modo dimostrare che l’ex moglie convive
Il modo per dimostrare che la convivenza tra l’ex moglie e il suo partner sia stabile, è dettato dal fatto che si debba ricorrere a degli indizi.
Ad esempio, il cambio di residenza di uno dei due in un’abitazione comune, la durata della convivenza, che non può essere di qualche giorno o di qualche settimana, la partecipazione alle spese comuni, come il pagamento delle bollette o delle spese di ristrutturazione della casa.
Che cosa accade quando l’uomo non sapeva della convivenza
Potrebbe accadere che la causa di divorzio finisca senza che l’ex marito, durante il processo, sia riuscito a dimostrare la convivenza di carattere stabile intrapresa da parte della sua ex moglie con il suo attuale compagno, se la convivenza è cominciata durante il giudizio oppure prima.
 
In presenza di simili circostanze, il diretto interessato ha chiesto se fosse possibile ritrattare la questione, ricorrendo un’altra volta in tribunale e chiedendo di cancellare l’obbligo del mantenimento.
La Suprema Corte di Cassazione ha dato una risposta negativa.
Nel procedimento relativo alla revisione dell’assegno di mantenimento, è possibile riportare esclusivamente circostanze che siano avvenute dopo la sentenza e non che esistessero in precedenza.
Le circostanze in questione, devono essere sollevate durante il giudizio e non in un momento successivo, dopo il cosiddetto “giudicato”.
La circostanza sarebbe diversa se la convivenza dell’ex moglie fosse iniziata dopo che il giudice ha depositato la sentenza.
In presenza di una simile ipotesi, si avrebbe una circostanza sopravvenuta che consentirebbe di rivedere la decisione finale.
La Corte in relazione a queste argomentazioni, ha affermato che l’assegno non deve essere ridotto anche se l’ex moglie abita con un altro uomo da prima della sentenza di divorzio, perché la pronuncia che scioglie il vincolo matrimoniale diventa definitiva e il giudicato copre anche quello che non è stato dedotto durante il processo.
Di conseguenza, viene esclusa la circostanza che il contributo economico e la sua entità possano essere ridiscussi in relazione a dei fatti accaduti prima della sentenza del giudice, anche se il marito ne dovesse venire a conoscenza in tempi successivi.
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