Le varianti in corso d’opera dopo il decreto correttivo del 2017
Posted on febbraio 15, 2018
by Davide Mastrangelo in Diritto
di Arrigo Varlaro Sinisi
Il d.lgs. n. 56/2017 ha introdotto, al comma 2 dell’art. 106 del Codice dei contatti pubblici, una significativa novità in tema di varianti: la possibilità, per l’ente appaltante, di adottare una “variante” in corso d’opera e ciò a prescindere dalla circostanza che quest’ultima sia stata o meno determinata da una circostanza “sopravvenuta”, “imprevista ed imprevedibile” al momento dell’affidamento del contratto.
Come noto, nel nostro ordinamento la possibilità di introdurre una variante in corso d’opera è stata sempre ritenuta ammissibile solo in presenza di circostanze “sopravvenute”, impreviste ed imprevedibili al momento dell’affidamento. In tal senso, il comma 1 lett. c) del medesimo art. 106 – in linea con quanto previsto dal previgente art. 132 del d.lgs. n. 163/2006 e, prima ancora, dall’art. 25 della Legge n. 109/1994, recante la legge quadro sui lavori pubblici – prevede che la variante in corso d’opera può essere determinata solo da circostanze “impreviste ed imprevedibili” al momento dell’affidamento (tra di esse, ad esempio, la sopravvenienza di disposizioni legislative o regolamentari o di provvedimenti delle autorità preposte alla tutela di interessi rilevanti).
Ebbene, in virtù di quanto previsto dal decreto correttivo del 2017, ora è possibile adottare una variante in corso d’opera, anche in assenza degli anzidetti presupposti. Ciò tuttavia a condizione che il valore della variante sia al di sotto di entrambi i seguenti valori:
le soglie fissate all’articolo 35 (ossia, quelle di rilevanza comunitaria);
il 10 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e forniture, ovvero il 15 per cento del valore iniziale per i contratti di lavori.
La stessa norma poi, in relazione alla medesima tipologia di varianti, pone ulteriori limiti “quantitativi” alle successive varianti. In tali casi, il valore è accertato sulla base del valore “complessivo netto delle successive modifiche”.
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Il d.lgs. n. 56/2017 ha introdotto, al comma 2 dell’art. 106 del Codice dei contatti pubblici, una significativa novità in tema di varianti: la possibilità, per l’ente appaltante, di adottare una “variante” in corso d’opera e ciò a prescindere dalla circostanza che quest’ultima sia stata o meno determinata da una circostanza “sopravvenuta”, “imprevista ed imprevedibile” al momento dell’affidamento del contratto.
Come noto, nel nostro ordinamento la possibilità di introdurre una variante in corso d’opera è stata sempre ritenuta ammissibile solo in presenza di circostanze “sopravvenute”, impreviste ed imprevedibili al momento dell’affidamento. In tal senso, il comma 1 lett. c) del medesimo art. 106 – in linea con quanto previsto dal previgente art. 132 del d.lgs. n. 163/2006 e, prima ancora, dall’art. 25 della Legge n. 109/1994, recante la legge quadro sui lavori pubblici – prevede che la variante in corso d’opera può essere determinata solo da circostanze “impreviste ed imprevedibili” al momento dell’affidamento (tra di esse, ad esempio, la sopravvenienza di disposizioni legislative o regolamentari o di provvedimenti delle autorità preposte alla tutela di interessi rilevanti).
Ebbene, in virtù di quanto previsto dal decreto correttivo del 2017, ora è possibile adottare una variante in corso d’opera, anche in assenza degli anzidetti presupposti. Ciò tuttavia a condizione che il valore della variante sia al di sotto di entrambi i seguenti valori:
le soglie fissate all’articolo 35 (ossia, quelle di rilevanza comunitaria);
il 10 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e forniture, ovvero il 15 per cento del valore iniziale per i contratti di lavori.
La stessa norma poi, in relazione alla medesima tipologia di varianti, pone ulteriori limiti “quantitativi” alle successive varianti. In tali casi, il valore è accertato sulla base del valore “complessivo netto delle successive modifiche”.
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