La sclerosi multipla può essere causata da vaccino difettoso
Indizi gravi, precisi e concordanti consentono di ravvisare la sussistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra detto difetto e la malattia, sebbene la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia.
Il fatto.
Nel 1998, in Francia, veniva somministrato ad un paziente un vaccino. A distanza di un anno, si manifestavano vari disturbi, che conducevano, nell’anno successivo, a una diagnosi di sclerosi multipla. Il Tribunal de grande instance de Nanterre (Tribunale di prima istanza di Nanterre, Francia) respingeva la domanda del danneggiato, ma la Cour d’appel de Versailles (Corte d’appello di Versailles, Francia), pur affermando un nesso causale tra vaccino e malattia, escludeva l’esistenza di un difetto di tale vaccino. La Cour de cassation (Corte di cassazione), chiamata a pronunciarsi su un’impugnazione diretta contro tale sentenza, cassava la sentenza con rinvio alla Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia), la quale, tuttavia, escludeva nuovamente una esistenza di nesso eziologico tra sclerosi multipla e vaccino sulla base di letteratura scientifica. In tale contesto, la Cour de cassation (Corte di cassazione) decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia la questione.
La decisione.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4 della direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi. L’articolo 1 della direttiva 85/374 così prevede: «il produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto». L’articolo 4 di detta direttiva così recita: «il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno». Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva: «un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui: a) la presentazione del prodotto, b) l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, c) il momento della messa in circolazione del prodotto». A tale riguardo, la direttiva 85/374 non contiene definizioni della nozione di causalità ai sensi degli articoli 1 e 4 della medesima.
Ciò considerato, in base al principio dell’autonomia procedurale e fatti salvi i principi di equivalenza e di effettività, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro fissare le modalità di assunzione della prova, i mezzi di prova ammissibili dinanzi al giudice nazionale competente o, ancora, i principi che presiedono alla valutazione, da parte di detto giudice, dell’efficacia probatoria degli elementi di prova al suo esame nonché lo standard probatorio richiesto.
Per quanto riguarda il principio di effettività, esso esige, con riferimento alle modalità procedurali dei ricorsi destinati a garantire la salvaguardia dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, che tali modalità non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti cosi conferiti dall ‘ordinamento giuridico dell’Unione (v. sentenza del 10 aprile 2003, Steffensen, C -276/01). Quanto, più specificamente, alla direttiva 85/374, dalla giurisprudenza della Corte emerge che le modalità nazionali di assunzione e di valutazione della prova non devono essere tali da pregiudicare né la ripartizione dell’onere della prova quale prevista all’articolo 4 di tale direttiva né, più in generale, l’effettività del regime della responsabilità previsto dalla suddetta direttiva o gli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione attraverso la stessa (v. sentenza del 20 novembre 2014, Novo NordiskPharma, C-310/13). Ne deriva il compito del danneggiato chiamato a fornire le prove, sebbene non impositivo di prove certe e inconfutabili, ma fondato su un complesso di indizi la cui gravità, precisione e concordanza gli consentono di ritenere, con un grado sufficientemente elevato di probabilità, che una simile conclusione corrisponda alla realtà.
Tuttavia, tale regime non comporta un’inversione dell’onere della prova gravante sul danneggiato ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 85/374, poiché tale regime lascia l’onere di dimostrare i vari “indizi” sui quali il giudice fonderà il proprio convincimento sul nesso causale (v. per analogia, sentenza del 20 novembre 2014, Novo Nordisk Pharma, C-310/13).
Concludendo, l’articolo 4 della direttiva 85/374/CEE del Consiglio del 25 luglio 1985 dev’essere interpretato nel senso che: “non osta a un regime probatorio nazionale […] che, nonostante la constatazione che la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, taluni elementi in fatto invocati dal ricorrente costituiscano indizi gravi, precisi e concordanti i quali consentono di ravvisare la sussistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra detto difetto e tale malattia; i giudici nazionali devono tuttavia assicurarsi che l’applicazione concreta che essi danno a tale regime probatorio non conduca a violare l’onere della prova instaurato da detto articolo 4 né ad arrecare pregiudizio all’effettività del regime di responsabilità istituito da tale direttiva”.
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