La responsabilità del dirigente scolastico durante l’epidemia da COVID-19
Il ritorno alla didattica in presenza nelle scuole ha destato nel personale scolastico dirigenziale e nello stesso corpo docenti, molte perplessità riguardo l’eventuale responsabilità civile e penale configurabile in caso di infezione da COVID-19 all’interno degli istituti scolastici.
Tali timori sono una diretta conseguenza di una molteplicità di fattori:
– di una normativa che ha tardato ad essere adottata;
– della natura dello stesso virus che non sempre risulta identificabile attraverso la manifestazione dei soli sintomi (c.d. asintomatici);
– dell’ulteriore difficoltà di accertare in maniera assoluta quale sia effettivamente il luogo in cui avviene il contagio;
Infine, come espresso all’interno del comunicato MIUR, nella nota chiarificatrice «m_pi.AOODPIT.REGISTRO UFFICIALE(U).0001466.20-08-2020», tale situazione di incertezza è inoltre causata soprattutto dalle «cosiddette diffide che esigerebbero l’adozione da parte dei dirigenti scolastici di comportamenti opposti a quanto previsto dalle disposizioni vigenti».[1]
Il personale dirigenziale scolastico si trova quindi in una situazione complessa e, alcune delle principali parti sociali avanzerebbero anche l’ipotesi di un eventuale «scudo penale e civile».
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L’errata analogia tra i criteri del riconoscimento dell’infortunio INAIL e la responsabilità penale
Complice una normativa che deve essere applicata ad una situazione non facilmente definibile e, l’assenza di una giurisprudenza relativa a fattispecie pandemiche nella storia contemporanea del nostro ordinamento, il personale dirigenziale ha, inizialmente, ravveduto una analogia tra le condizioni necessarie su cui si fonda l’erogazione dell’indennizzo INAIL, che attraverso la circolare n. 22 del 20 maggio 2020 aveva ricordato come «l’infezione da SARS-Cov-2 sia tutelata quale infortunio sul lavoro»[2] ai sensi dell’art. 42, comma 2, d.l. 17 Marzo 2020, ed i presupposti che danno origine alla responsabilità civile e penale.
Tale interpretazione era quindi frutto del riconoscimento dell’infezione da COVID-19 come vero e proprio infortunio sul lavoro e conseguentemente si veniva ad ipotizzare la responsabilità del datore di lavoro ovvero il personale dirigenziale scolastico e, a cascata, del corpo organizzativo scolastico.
La necessità di un chiarimento era urgente in quanto, come definito nella comunicazione del MIUR, le due fattispecie hanno criteri radicalmente differenti e non paragonabili.
Il primo, infatti, si basa «su un giudizio di ragionevole probabilità ed è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio»,[3] il secondo invece fonda la responsabilità sull’accertamento di criteri rigorosi (ma soprattutto differenti) basati sull’imputabilità della condotta del datore di lavoro e sull’esistenza del nesso di causalità.
La nota del MIUR
Il MIUR è quindi dovuto intervenire attraverso una nota ufficiale chiarificatrice, la «m_pi.AOODPIT.REGISTRO UFFICIALE(U).0001466.20-08-2020». L’analisi del comunicato, per agevolarne la comprensione, verrà suddivisa in 3 differenti aree argomentative:
nella parte iniziale del comunicato, oltre ad esporre le ragioni per le quali si è resa necessaria la nota esplicativa stessa, viene riportata la già menzionata circolare dell’INAIL sul riconoscimento dell’infezione de COVID-19 come infortunio sul lavoro, per poi tuttavia sottolineare come la responsabilità del personale dirigenziale sia configurabile esclusivamente in caso di inosservanza della legge o «di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche» desumibili dalle linee guida governative e regionali ex art. 1, comma 14, d.l. 16 maggio 2020, n.13.
Viene così rigettato definitivamente il confronto infelice tra i criteri di individuazione dell’erogazione della prestazione INAIL e la responsabilità penale e civile essendo la tutela di quest’ultimo non rilevante in sede di accertamento processuale.
nella seconda parte del comunicato si ricorda invece al personale dirigenziale scolastico che, la tassativa osservanza della normativa prevista in merito all’adozione di «specifiche cautele e misure organizzative protettive»[4] previste dal Governo in accordo con le varie organizzazioni sindacali è sufficiente a considerare adempiuti gli obblighi relativi all’adozione delle misure necessarie da parte del datore di lavoro a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ex art. 2087 cc.
La disciplina contenuta nel codice civile infatti, analizzando la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione sezione lavoro «non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento»[5] e, ancora, con la sentenza n. 16026/2018 «Il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., è tenuto a prevenire anche le condizioni di rischio insite nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia del lavoratore, dimostrando di aver messo in atto a tal fine ogni mezzo preventivo idoneo».[6]
Infine, nell’ultima parte il Ministero richiama inoltre l’art. 51 del codice penale: la punibilità dell’agente è esclusa laddove «l’esercizio del diritto o l’adempimento del dovere» derivi direttamente da un’imposizione di natura giuridica o, quantomeno, da un legittimo ordine appartenente alla Autorità pubblica. Ricordando quindi il principio di coerenza e non contraddizione del nostro ordinamento, viene in rilievo la considerazione necessaria dell’esistenza di un obbligo (lecito ovvero consentito dall’ordinamento) imposto dalla legge affinché si possa escludere la responsabilità dell’agente (e non di una mera possibilità di scegliere la propria condotta).
In conclusione, si può osservare come la nota del MIUR si limiti ad esaminare con espresso riferimento solamente alla posizione dei dirigenti scolastici affinché la loro osservanza al dettato normativo costituisca una posizione di garanzia tale da escludere la responsabilità penale e civile. Questo comporta una incertezza riguardo ai limiti dell’applicazione di tale normativa anche al personale non dirigenziale e quindi al corpo docenti e al personale ATA. Questi ultimi infatti dovrebbero essere a loro volta tutelati in quanto esecutori delle varie direttive dirigenziali di attuazione delle norme sulla esecuzione dei protocolli di sicurezza come conseguenza della verticalizzazione delle disposizioni. Ciononostante, non si può non ravvedere una differenza di posizioni, i dirigenti scolastici infatti risponderebbero della culpa in organizzando ex art. 2043 mentre il personale docente della culpa in vigilando ex art. 2051.
Quindi la normativa vigente non esonera il personale scolastico dalla responsabilità nei confronti della tutela degli studenti (seppur potenzialmente differenziata in base al grado di maturità di ciascuno) in caso di violazione degli obblighi di vigilanza derivanti dal ruolo svolto all’interno dell’organizzazione scolastica.
Perciò il personale scolastico per liberarsi completamente da eventuali forme di responsabilità dovrà sempre dimostrare di aver fatto tutto il possibile affinché l’evento che causa il danno possa essere evitato e, di conseguenza, di aver ottemperato all’adozione di ogni misura prescritta dalla normativa per scongiurare il verificarsi dell’evento.
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Note
[1] MIUR, nota m_pi.AOODPIT.REGISTRO UFFICIALE(U).0001466.20-08-2020.
[2] INAIL, circolare n. 22, 20 Maggio 2020.
[3] INAIL, circolare n. 22, 20 Maggio 2020.
[4] MIUR, nota m_pi.AOODPIT.REGISTRO UFFICIALE(U).0001466.20-08-2020.
[5] Corte di Cassazione sez. lavoro, ordinanza n. 27742, 8 Ottobre 2018.
[6] Cassazione civile, n. 16026/2018.
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