La convocazione in assemblea
Convocazione: l’onere dell’amministratore
Questo contributo è tratto da
Le locazioni in condominio
Saverio Luppino, 2020, Maggioli Editore
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L’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale unitamente al presupposto della verifica della constatazione da parte dell’amministratore ed ai fini della validità della delibera, che tutti gli aventi diritto siano stati “regolarmente convocati” (quorum deliberativo), consente individuare le disposizioni da prendere in esame per il commento che seguirà, che sono rispettivamente gli articoli 66 disp. att. c.c. e 1136 c.c., entrambi investiti dalla legge di riforma della materia condominiale.
Se nell’originaria formulazione dell’art. 66 disp att c.c., ante riforma, non poteva dubitarsi che l’avviso di convocazione venisse comunicato ai soli “condomini”, l’attuale riformulazione della norma e la lettura in combinato disposto con l’art. 1136 c.c. sulla validità delle deliberazioni, importano la necessaria rivisitazione dell’originaria impostazione secondo la quale competesse al proprietario locatore ricevere l’avviso di convocazione da parte dell’amministratore di condominio, per poi a sua volta trasmetterlo al conduttore, relativamente alle materie di sua competenza, indicate dall’art. 10, fermi gli obblighi di deroga della norma; in questo senso la giurisprudenza di merito ante riforma (32).Il tutto ove ora maggiormente si tenga conto che tutta la riforma del condominio è intrisa di obblighi a carico dell’amministratore che prevedono la necessità che quest’ultimo, sia a conoscenza delle generalità dei condomini e degli occupanti le unità abitative ai fini di una corretta tenuta della c.d. Anagrafe condominiale, art. 1136, n. 6 c.c.: “curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e diritti personali di godimento…”, cui si aggiunge ora anche l’art. 13 legge 431/98, nella nuova formulazione e comprendente l’onere del locatore di “fornire documenta comunicazione” dell’intervenuta registrazione del contratto di locazione al conduttore ed all’amministratore di condominio ai fini della corretta tenuta dell’anagrafe condominiale.
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Gli operatori del diritto sono abituati a leggere – oggi, più che nel passato – frequentemente termini adoperati dal legislatore non nel linguaggio tecnico giuridico, ma nell’accezione più lata e con significati che spesso vengono confusi come sinonimi e/o, cosa ancor più grave, non vengono correttamente riportati tra un passaggio e l’altro del medesimo testo legislativo; manca al legislatore moderno una visione sistematica, e dalla “miopia” redazionale, insorgono i maggiori dubbi per l’interprete.
Non soccorrono l’esegesi interpretativa, neppure la lettura dell’art. 1130 c.c., n. 7, nella parte in cui il legislatore, specifica che l’amministratore deve avere cura nella tenuta del registro anagrafe condominiale, contenente le generalità dei: “singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento”; tanto meno l’art. 1130 bis c.c. (norma nuova introdotta dalla riforma), nella parte in cui il legislatore acriticamente individua nei: “condomini, titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari”, i portatori di interesse a prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese.
Ci si deve interrogare sul perché vi sia necessariamente un apparente discrasia terminologica adoperata nelle norme citate ed in quella di cui all’art. 1136 c.c, con la generica individuazione degli “aventi diritto”, e quindi se sia ipotizzabile interpretare, che diversamente dall’insegnamento tradizionale in materia, gli aventi diritto all’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale, sono ora i titolari di diritti di godimento: conduttori, subconduttori, comodatari, assegnatari del bene.
La posizione della giurisprudenza
Seppur sotto l’aspetto inerente il rispetto dei termini di convocazione dell’assemblea, non vi siano problemi di sorta, anche alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali, ove la Suprema Corte di Cassazione (33) ha precisato che: “L’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data di prima convocazione (e non di seconda) e che per calcolare i termini si deve tenere conto della data di ricezione e non di quella di invio della comunicazione, fermo il principio consolidato che trattasi di cinque giorni non liberi (34), a parere di chi scrive, rimangono tuttora aperte le questioni riguardanti l’esatta individuazione degli aventi diritto, ai fini della rituale convocazione dell’assemblea condominiale.Occorrerà fare sintesi delle norme individuate ed attraverso il combinato disposto, verificare se le figure degli “aventi diritto” di cui agli artt. 1136 c.c. e 66 disp. att. c.c., trovino esatta coincidenza con: “i condomini, titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari”, di cui alle norme sopra richiamate, ovvero se il legislatore avesse inteso operare distinzioni di sorta tra esse figure e non semplicemente un’elisione grammaticale, frutto di dimenticanza giuridica, nell’indicazione in alcune norme ora degli “aventi diritto” ed ora dei “condomini, titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari”.
Premesso che la lettura dell’art. 1136 c.c. suggerisce una netta distinzione tra il concetto di validità della costituzione (quorum costitutivo) dell’assemblea di condominio da quello di validità della deliberazione (quorum deliberativo), in quanto il legislatore ha chiaramente disposto al comma 1 dell’art. 1136 c.c. che: “L’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio” ed al comma secondo del medesimo articolo ha imposto la costituzione anche di un quorum deliberativo: “sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio”, cosicché non si verificherebbe nessuna interferenza degli aventi diritto né sull’invalidità dell’assemblea ai fini del quorum costitutivo né su quello deliberativo, ma soltanto, ci si consenta mutuare un linguaggio processual-civilistico, si verificherebbe una sorta di “pregiudiziale”, o meglio dicasi di “improcedibilità” dell’assemblea ai fini della possibilità di deliberare, senza la preventiva verifica che tutti gli aventi diritto siano stati regolarmente convocati.
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