La competenza per connessione, una volta radicatasi resta invariata per tutto il corso del processo

(Decidendo sul conflitto, dichiarata la competenza del Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Trapani cui dispone trasmettersi gli atti)
(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 16)
Il fatto
Il Tribunale di Milano in composizione collegiale, dissentendo dalle argomentazioni svolte dal G.U.P., sollevava con ordinanza un conflitto negativo di competenza sostenendo essere competente il Tribunale di Trapani.
Osservavano a tal proposito i Giudici ambrosiani che: a) il momento rilevante, ai fini della competenza per territorio per connessione alla luce dei criteri di cui all’art. 16 cod. proc. pen., andava individuato in quello in cui, una volta esercitata l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio, la questione veniva sollevata e valutata in sede di udienza preliminare; b) nel caso di specie, il momento di valutazione della competenza doveva essere individuato in quello della celebrazione dell’udienza davanti al G.U.P. del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, dove effettivamente era stata sollevata eccezione di incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Trapani, accolta dal Giudice medesimo; c) doveva considerarsi l’individuazione del Giudice competente nel Tribunale di Trapani, atteso che la separazione della posizione di alcuni degli imputati per il reato connesso più grave non poteva assumere alcuna incidenza ai fini dello spostamento della competenza territoriale così come originariamente determinatasi e ciò valeva, sia con riferimento alla decisione del G.U.P. del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sia con riferimento a quella del G.U.P. del Tribunale di Trapani.
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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Gli Ermellini, dopo avere fatto presente che il conflitto sussisteva in quanto i due giudici contemporaneamente avevano ricusato la cognizione del medesimo fatto loro deferito, dando così luogo a quella situazione di stallo processuale, prevista dall’art. 28 cod. proc. pen., la cui risoluzione è demandata alla Cassazione dalle norme successive, ritenevano come il conflitto andasse risolto nel senso indicato dal Giudice rimettente.
Si osservava a tal proposito come occorresse premettere che, in tema di competenza, il vincolo tra i reati, determinato dalla connessione, costituisce criterio originario e autonomo di attribuzione di competenza  indipendentemente dalle successive vicende relative ai procedimenti riuniti, facendone derivare da ciò il principio secondo cui la competenza così radicatasi resta invariata per tutto il corso del processo, per il principio della “perpetuatio iurisdictionis”, anche in caso di assoluzione dell’imputato dal reato più grave che aveva determinato la competenza anche per gli altri reati (Sez. 6, n. 12405 del 18/1/2017; Sez. U, n. 27343 del 28/2/2013).
Oltre a ciò, veniva altresì rilevato come, pronunciandosi in tema di riparto tra giudice monocratico e collegiale, ma con principio valido anche nei casi come quello di specie per evidente identità di ratio, il Supremo Consesso abbia precisato che l’attribuzione determinata da ragioni di connessione va valutata al momento del rinvio a giudizio e non sulla base dei fatti così come contestati nella richiesta del Pubblico ministero (Sez. U, n. 48590 del 18/4/2019).
Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour notavano come dovesse ritenersi corretto l’approdo preliminare cui era pervenuto il Tribunale di Milano nell’individuare il momento di cristallizzazione dell’accusa e, quindi, di valutazione della competenza per connessione essendo incontestabile, a loro avviso, che l’ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato ai sensi dell’art. 438 cod. proc. pen. costituisce uno dei provvedimenti con cui si determina la vocatio in iudicium (vedi, ad esempio, sulla chiara assimilazione del suddetto provvedimento al decreto che dispone il giudizio, l’art. 303, comma 1, lett. b) e b-bis), cod. proc. pen.) fermo restando che tale conclusione, a sua volta, implica che, al fine di individuare il reato più grave fra quelli connessi, posto che il vincolo di connessione ex art. 16 cod. proc. pen. è incontestato, debba essere considerato anche il reato di riciclaggio aggravato dalla transnazionalità, ascritto agli imputati nel procedimento con rito abbreviato separatamente trattato.
Oltre a ciò, veniva altresì osservato che, diversamente da quanto opinato dal Tribunale di Milano, il G.U.P. del Tribunale di Trapani, nella sentenza dichiarativa di incompetenza, ha tenuto conto del reato di riciclaggio aggravato non ritenendolo, tuttavia, come quello più grave a causa di una errata applicazione dei criteri fissati dal combinato disposto degli artt. 16 e 4 cod. proc. pen.
L’art. 4 cod. proc. pen. (intitolato “Regole per la determinazione della competenza”), in particolare, stabilisce che, per determinare la competenza, si deve avere “riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale”.
Il criterio dettato dalla disposizione illustrata è stato, fra l’altro, ribadito da Sez. U, n. 18621 del 23/6/2016, che, in tema di conflitto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice militare, ha statuito che la maggiore gravità del reato comune è individuata sulla base delle regole stabilite dall’art. 4 cod. proc. pen., stante il rinvio contenuto nell’art. 13, comma 2, cod. proc. pen. ai criteri valutabili ai sensi dell’art. 16, comma 3, cod. proc. pen..
Orbene, tenuto conto dell’enunciato principio, per la Suprema Corte, era agevole rilevare l’errore in cui era incorso il Giudice di Trapani nell’individuare il reato più grave posto che tale errore era stato determinato, sempre per la Corte, dall’avere egli considerato, in relazione alla imputazione di falso in atto pubblico, oltre all’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 4 l. n. 146/2006, anche la circostanza aggravante comune di cui all’art. 61, n. 2, cod. pen., ciò che lo aveva indotto a calcolare il relativo aumento di un terzo di pena cui era andato a sommarsi l’aumento della metà previsto dall’aggravante della transnazionalità, con il risultato finale (peraltro ottenuto anteponendo erroneamente l’aumento per l’aggravante comune a quello relativo alla circostanza ad effetto speciale) di pervenire a una pena quantificata in anni 19 e mesi 10 di reclusione (anni 10 come massimo edittale previsto per il reato di cui all’art. 479 in relazione all’art. 476, comma 2, cod. pen. + anni 3 e mesi 4 per l’aggravante teleologica = anni 13 e mesi 4 + anni 6 e m. 6 per l’aggravante della transnazionalità = anni 19 e mesi 10; computando correttamente, ai sensi dell’art. 63, comma 3, cod. pen., prima l’aggravante speciale e poi quella comune sarebbe pervenuto alla pena di anni 20 di reclusione).
Emendato l’errore descritto mediante l’eliminazione dell’aumento operato per la circostanza aggravante comune, invece, per il Supremo Consesso, si perveniva, per il reato di falso in atto pubblico aggravato, commesso a Milano, a una pena finale di anni 15 di reclusione, inferiore a quella di anni 18 calcolata per il reato di riciclaggio aggravato dalla transnazionalità (anni 12 come limite edittale massimo previsto dall’art. 648-bis cod. pen., aumentato della metà per l’aggravante a effetto speciale = anni 18), commesso a Trapani e contestato, come detto, nel separato procedimento celebratosi a carico degli imputati O. e G.: è quest’ultimo, pertanto, il reato più grave fra quelli connessi che radica la competenza territoriale nel caso di specie.
In base alle esposte considerazioni e in applicazione dei principi richiamati, veniva affermato, in conclusione, come la competenza a conoscere dei reati ascritti agli imputati spettasse al Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Trapani cui andavano, conseguentemente, trasmessi gli atti.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante essendo ivi postulato, citandosi precedenti conformi, il principio di diritto secondo cui la competenza per connessione, una volta radicatasi, resta invariata per tutto il corso del processo anche in caso di assoluzione dell’imputato dal reato più grave che aveva determinato la competenza anche per gli altri reati,
E’ dunque sconsigliabile intraprendere una linea difensiva con cui, invece, si eccepisca tale competenza quando essa sia stata già radicata in capo ad un dato giudice, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, quindi, non può che essere positivo.
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