Il reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza
Illecita concorrenza con minaccia o violenza
Chiunque nell’ esercizio di un’ attività commerciale, industriale o, comunque, produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia, è punito con la reclusione da due a sei anni
La pena è aumentata se gli atti di concorrenza riguardano un’ attività finanziata in tutto o in parte ed in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici
Volume consigliato
Compendio di Procedura penale
Giorgio Spangher, Marco Zincani, 2021, Maggioli Editore
Il presente testo affronta in modo completo e approfondito la disciplina del processo penale, permettendo uno studio organico e sistematico della materia.
L’opera è aggiornata alla L. n. 7 del 2020 di riforma della disciplina delle intercettazioni, al D.L. n. 28 del 2020 in tema di processo…
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La precedente interpretazione e la svolta di Cass., sez. pen. III, 3 novembre 2005, n. 46756.
In Cass., SS.UU., 28 novembre 2019, n. 13178, la questione di Diritto è la seguente: “ se, ai fini della configurabilità del reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza [ ex Art. 513 bis CP ] sia necessario il compimento di condotte illecite tipicamente concorrenziali o, invece, sia sufficiente anche il solo contrastare od ostacolare l’ altrui libertà di concorrenza “.
A parere di Cass., sez. pen. III, 3 novembre 2005, n. 46756, “ la fattispecie prevista dall’ Art. 513 bis CP ricomprende tutti i comportamenti competitivi tipici che si prestino ad essere realizzati con mezzi vessatori, ossia con violenza o minaccia nei confronti di altri soggetti economici tendenzialmente operanti nello stesso settore “ ( tale è pure l’ orientamento ermeneutico di Cass., sez. pen. II, 27 giugno 2007, n. 35611 nonché di Cass, sez. pen. III, 6 marzo 2013, n. 16195 ).
Dal canto suo, quattordici anni fa, Cass., sez. pen. II, 27 giugno 2007, n. 35611 asseriva che l’ Art. 513 bis CP non è riferibile soltanto alla violenza di tipo mafioso, ma tale medesimo Art. 513 bis CP non è [ rectius: non sarebbe ] precettivo al di fuori dell’ ambito della concorrenza commerciale od industriale ( si veda, a tal proposito, anche Cass., sez. pen. II, 8 novembre 2016, n. 53139 ). In buona sostanza, come erroneamente affermato in Cass., sez. pen. II, 10 febbraio 2015, n. 9763, l’ Art. 513 bis CP sarebbe applicabile esclusivamente all’ ambito della libera inziativa economica tutelata dal comma 1 Art. 41 Cost. . Quindi, secondo un primo filone esegetico giurisprudenziale, ormai superato, l’ Art. 513 bis CP non era riferibile a qualsivoglia atto intimidatorio, bensì alle ipotesi illecite del boicottaggio, dello storno di dipendenti e del rifiuto a contrarre ( si vedano pure le analoghe interpretazioni restrittive contemplate in Cass., sez. pen. III, 3 novembre 2005, n. 46756, Cass., sez. pen. II, 27 maggio 2014, n. 29009 e Cass., sez. pen. III, 6 marzo 2013, n. 16195 ). In effetti, l’ errore costante, almeno secondo alcuni Precedenti di una decina d’ anni fa, poteva consistere nel riferire l’ Art. 513 bis CP solo alle violenze ed alle minacce tipiche della criminalità organizzata calabro-sicula, ma in tal modo, come ribadito da Cass., sez. pen. II, 8 novembre 2016, n. 53139, l’ Art. 513 bis CP limita il proprio campo precettivo al turbamento della libertà concorrenziale, mentre le vessazioni di stampo mafioso debbono o dovrebbero essere ricondotte ad altre ben più gravi fattispecie di violenza fisica e/o materiale. P.e., l’ estorsione, l’ incendio doloso, il danneggiamento e la minaccia a mano armata nulla avrebbero a che fare con il più lieve, benché simile, reato p. e p. ex Art. 513 bis CP. Tale restrizione applicativa, peraltro assai confusa, era confermata pure da Cass., sez. pen. I, 2 febbraio 2012, n. 6541, Cass., sez. pen. VI, 22 settembre 2015, n. 44698 e da Cass., sez. pen. II, 8 novembre 2016, n. 49365 ).
All’ opposto, una nuova interpretazione, meno arzigogolata, è proposta da Cass., sez. pen. III, 3 novembre 2005, n. 46756, in tanto in quanto tale Precedente di legittimità collega l’ Art. 513 bis CP al metodo mafioso, “ atteso che la disposizione in questione [ Art. 513 bis CP ], introdotta dalla L. 646/1982, mira a reprimere la concorrenza illecita che si concretizza in forme di intimidazione tipiche della criminalità organizzata, a sua volta orientata a controllare, con metodi violenti o mafiosi, le attività commerciali, industriali e, più genericamente, produttive “. L’ esplosiva e radicale novità di Cass., sez. pen. III, 3 novembre 2005, n. 46756 consiste nel connettere l’ Art. 513 bis CP a quello che oggi è, dopo la novella del DLVO 21/2018, l’ Art. 416 bis 1 CP il quale, a sua volta, punisce e delitti inseriti nel contesto di un’ associazione per delinquere di stampo mafioso ex Art. 416 bis CP. In effetti, anche Cass., SS.UU. 28 novembre 2019, n. 13178 è stata chiamata a valutare, sempre nell’ ambito dell’ Art. 513 bis CP, alcune vessazioni violente di stampo camorristico. Pertanto, grazie a Cass., sez. pen. III, 3 novembre 2005, n. 46756, viene, finalmente, chiarito, a livello di ratio, che la criminalità organizzata inficia profondamente quella libera inziativa economica protetta dal comma 1 Art. 41 Cost. . Per conseguenza, anche l’ Art. 513 bis CP viene ad innestarsi nel solco precettivo degli Artt. 416 bis e 416 bis 1 CP. Grazie alla strada aperta da Cass., sez. pen. III, 3 novembre 2005, n. 46756, “ si condanna l’ uso mafioso della violenza e della minaccia, allorquando esse, nel contesto dell’ Art. 416 bis CP, violano la fondamentale regola della libertà della concorrenza “. Pure Cass., SS.UU., 28 novembre 2019, n. 13178 sostiene che l’ Art. 513 bis CP deve essere utilizzato per “ sanzionare [ … ] atti di concorrenza che si pongono oltre i limiti legali, inibendo la normale dinamica imprenditoriale, con una conseguente turbativa del libero mercato “.
Il secondo orientamento giurisprudenziale.
A parere di Cass., sez. pen. II, 18 gennaio 2018, n. 9513, l’ Art. 513 bis CP “ va interpretato in senso ampio [ … ]. la condotta va incentrata sulla violenza o minaccia posta in essere con il dolo specifico di inibire la concorrenza ( si vedano pure, entro tale solco ermeneutico, Cass., sez. pen. III, 22 ottobre 2008, n. 44169, Cass., sez. pen. I, 3 febbraio 2010, n. 9750 nonché Cass., sez. pen. II, 16 dicembre 2010, n. 6462 ). Questo secondo orientamento interpretativo giurisprudenziale intende affrancare l’ Art. 513 bis CP dal campo precettivo degli Artt. 416 bis e 416 bis 1 CP, in tanto in quanto gli “ atti di concorrenza “ violenti o minacciosi non sono sempre e comunque legati al panorama normativo della criminalità organizzata. Anche Cass., sez. pen. VI, 5 maggio 2015, n. 24741 specifica che l’ Art. 513 bis CP non è necessariamente e tassativamente destinato ad essere ricompreso nell’ ottica della “ forza di intimidazione “ di stampo mafioso descritta e ben catalogata nel comma 3 Art. 416 bis CP. Dunque, in buona sostanza, il delitto p. e p. ex Art. 513 bis CP non sempre viene tentato o consumato da una cellula criminale organizzata ( si veda pure, a tal proposito, Cass., sez. pen. II, 15 marzo 2005, n. 13691 ). In effetti, anche Cass., sez. pen. I, 22 febbraio 2005, n. 19713 affranca, se e quando necessario, l’ Art. 513 bis CP dal solco applicativo degli Artt. 416 bis e 416 bis 1 CP, giacché il comma 1 Art. 513 bis CP tutela la libertà di concorrenza micro-/macro-economica a prescindere dallo stampo mafioso o, viceversa, non mafioso degli atti di concorrenza compiuti con violenza o minaccia da parte di un soggetto agente che può pure non appartenere ad un sodalizio criminoso conforme al paradigma descritto nel comma 3 Art. 416 bis CP. Pertanto, come asserisce Cass., sez. pen. VI, 5 maggio 2015, n. 2474, “ l’ applicazione [ dell’ Art. 513 bis CP ] dev’ essere quanto più generalizzata e prospettata [ anche ] al di fuori del contesto proprio della criminalità organizzata “. D’ altronde, come nota Cass., sez. pen. VI, 5 maggio 2015, n. 24741, sotto il profilo civilistico sostanziale, gli Artt. 416 bis e 416 bis 1 CP non sono sempre e tassativamente legati ai limiti legali della concorrenza ex Art. 2595 CC ( “ la concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere gli interessi dell’ economia nazionale e nei limiti stabiliti dalla legge “ ). Il nesso tra l’ Art. 513 bis CP ed il comma 3 Art. 416 bis CP costituisce una possibilità e non una necessità costante ed ineludibile. In maniera elastica, Cass., sez. pen. VI, 5 maggio 2015, n. 24741 specifica che “ bisogna valorizzare un significato ampio degli atti impeditivi della concorrenza [ … ]. Bisogna tener conto del contesto nel quale normalmente, anche se non necessariamente, maturano i comportamenti oggetto della previsione normativa [ di cui all’ Art. 513 bis CP ]. Non sempre e non necessariamente il delitto di cui all’ Art. 513 bis CP matura in ambienti o settori caratterizzati dalla presenza esplicita di associazioni per delinquere di stampo mafioso “. P.e., sotto il profilo della ratio, l’ Art. 2595 CC nonché il comma 1 Art. 41 Cost. non sono riferibili al solo contesto aggravato degli Artt. 416 bis e 416 bis 1 CP. E’ imprescindibile, caso per caso, acclarare la presenza o, viceversa, l’ assenza dello stampo mafioso nel singolo atto di concorrenza violenta o minacciosa ex Art. 513 bis CP.
Il terzo orientamento: l’ Art. 513 bis CP nell’ ottica del Diritto europeo.
Cass., sez. pen. II, 13 aprile 2016, n. 18122, nell’ ottica della Normativa dell’ UE, ha affermato che “ la condotta materiale del delitto previsto dall’ Art. 513 bis CP può essere integrata da tutti gli atti di concorrenza sleale previsti dall’ Art. 2598 CC [ ma ] [ … ] tale disposizione del Codice Civile è da interpretarsi alla luce della normativa comunitaria e della L. 287/1990, la quale prevede anche la concorrenza sleale parassitaria, ovvero attiva [ e ] sono atti di concorrenza sleale anche tutti i comportamenti contrari ai principi della correttezza professionale idonei a danneggiare l’ altrui azienda “. Questo terzo orientamento della Suprema Corte, oltre a valorizzare la Normativa dell’ UE, propone, con rinnovato vigore, l’ elencazione catalogica, nitida e corretta, contenuta nell’ Art. 2598 CC, ovverosia “ [ … ] compie atti di concorrenza sleale chiunque
1) usa nomi o segni distintivi idoeni a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie, con qualsiasi altro mezzo, atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’ attività di un concorrente
2) diffonde notizie o apprezzamenti sui prodotti e sull’ attività di un concorrente idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’ impresa di un concorrente
3) si vale, direttamente o indirettamente, di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’ altrui azienda “
Siffatto terzo orientamento esegetico si ricollega alle nozioni legislative comunitarie di “ libera concorrenza “, “ concorrenza effettiva tra imprese “ e “ legittima competizione sul mercato “. Trattasi di principi ormai entrati appieno nel Diritto interno italiano, grazie agli Artt. 11 e, soprattutto, 117 Cost. . Pur se, a parere di chi redige, pure la Suprema Corte ha ceduto, con afferenza all’ Art. 513 bis CP, al potere ipertrofico ed invasivo di un Diritto europeo tracotante e liberticida, anche se l’ UE ha il pregio indubitabile di aver ben approfondito, più o meno espressamente, i nn. 1), 2) e 3) Art. 2598 CC. Dal canto suo, Cass., sez. pen. VI, 5 giugno 2018, n. 38551, nel rileggere l’ Art. 2598 CC in chiave filo-europeista, afferma che l’ Art. 513 bis CP persegue “ quei comportamenti che, commessi da un imprenditore con violenza o minaccia, risultano idonei a falsare il mercato e a consentire l’ acquisizione, in danno dell’ imprenditore minacciato, di illegittime posizioni di vantaggio, senza alcun merito derivante dalla propria capacità operativa “. Parimenti, sotto il profilo definitorio, l’ Art. 513 bis CP, in Cass., sez. pen. II, 19 giugno 2018, n. 30406, è definito alla stregua di una Norma inibente “ le condotte contrarie ai principi della correttezza professionale, intese come qualunque comportamento violento o minatorio posto in essere nell’ esercizio dell’ attività imprenditoriale al fine di acquisire una posizione dominante sul mercato non correlata alla capacità operativa dell’ impresa. Ecco, dunque, in Cass., sez. pen. II, 19 giugno 2018, n. 30406, una buona e pertinente applicazione del catalogo contenuto nell’ Art. 2598 CC, il quale mirabilmente coniuga il profilo civilistico con quello penalistico contenuto nell’ Art. 513 bis CP. Similmente, Cass., sez. pen. VI, 12 luglio 2018, n. 50094 sintetizza l’ intero Art. 2598 CC come, alla luce dell’ Art. 513 bis CP, “ un’ alterazione dell’ ordinario e libero rapportarsi degli operatori in un’ economia di mercato “. Oppure ancora, si ponga mente a Cass., sez. pen. VI, 12 luglio 2018, n. 50084, a parere della quale “ il fine della disposizione [ di cui all’ Art. 513 bis CP ] è quello di arginare la pericolosità di quelle condotte anti-concorrenziali comunque realizzate con comportamenti violenti o minatori “ Si noti, per inciso, che Cass., sez. pen. VI, 12 luglio 2018, n. 50084 prescinde dalla presenza o meno del metodo mafioso nella concretizzazione del delitto p. e p. ex Art. 513 bis CP.
L’ ormai superata genesi storico-giuridica dell’ Art. 513 bis CP
L’ Art. 513 bis CP è stato introdotto dalla L. 646/1982 ( Legge Rognoni – La Torre ), recante “ misure di prevenzione di carattere patrimoniale, per la volontà dettata dall’ urgenza [ … ] di far fronte ad un comportamento tipico mafioso, che è quello di scoraggiare, con l’ esplosione di ordigni, danneggiamenti o con violenza alle persone, la concorrenza “ ( Relazione illustrativa della proposta di legge n. 1581 presentata alla Camera dei Deputati il 31 marzo 1980, in Atti parlamentari, VIII Legislatura ). I Lavori Preparatori dell’ Art. 513 bis CP specificano pure che “ la volontà parlamentare [ è ] orientata a contrastare e reprimere lo svolgimento di tutte queste attività d’ impresa, gestite, anche indirettamente, da associazioni di stampo mafioso, o comunque a loro riferibili nel porre in essere condotte intimidatorie in danno di imprese operanti in settori affini o nella medesima realtà territoriale, con il palese obiettivo di acquisire indebite posizioni di preminenza [ … ]. L’ espansione delle forme di compenetrazione tra organizzazioni criminali e settori dell’ imprenditoria [ è ] crescente, sicché l’ esigenza di una sua limitazione [ sembra ] imprescindibile dall’ apprestamento di nuovi e specifici strumenti di tutela, attraverso la previsione di una fattispecie ad hoc, finalizzata a colmare la lacuna normativa esistente tra il delitto di estorsione e la contigua fattispecie di turbata libertà dell’ industria o del commercio “
In Dottrina, si è giustamente rimarcato che l’ Art. 629 CP ( Estorsione )
è un reato contro il patrimonio e, indirettamente, contro la persona
la configurabilità del delitto di estorsione dipende dalla prova dell’ “ ingiusto profitto “
Viceversa o, ognimmodo, diversamente, nella fattispecie di cui all’ Art. 513 bis CP ( Illecita concorrenza con minaccia o violenza )
il reato lede la libera iniziativa economica tutelata dal comma 1 Art. 41 Cost. ( “ l’ iniziativa economica privata è libera “ )
la configurabilità del delitto di illecita concorrenza con minaccia o violenza dipende dalla violenza consumata o tentata contro cose o persone
Inoltre, un grande e grave errore consiste nel connettere, sempre e comunque, l’ Art. 513 bis CP con il contesto mafioso ex comma 3 Art. 416 bis CP e con il metodo mafioso ex Art. 416 bis 1 CP. Si tratta di un parallelismo non indispensabile, in tanto in quanto, come sottolineato da Cass., SS.UU., 28 novembre 2019, n. 13178, “ sebbene la proiezione storico-politica della norma introdotta con l’ Art. 513 bis CP rifletta l’ intento [ … ] di fronteggiare l’ emergenza legata alla crescente incidenza della c.d. << mafia imprenditrice >>, è agevole rilevare come la struttura della fattispecie incriminatrice [ ex Art. 513 bis CP ] è stata consegnata dal Legislatore in maniera del tutto indipendente dal peculiare contesto in cui ha visto la luce [ … ]. [ L’ Art. 513 bis CP ] non è limitato alle condotte tipiche della criminalità organizzata [ … ] in quanto la condotta può essere materialmente realizzata da << chiunque >>, nell’ esercizio di un’ attività commerciale, industriale o produttiva “. Un errore emotivo, populista e completamente a-tecnico è quello di limitare gli Artt. 629 e 513 bis CP al contesto di cui al comma 3 Art. 416 bis CP e di cui all’ Art. 416 bis 1 CP. Lo stampo mafioso, per quanto assai diffuso nel panorama criminologico italiano, non costituisce una chiave interpretativa universale ed onnipresente. Gli Artt. 629 e 513 bis CP recano una notevole autonomia precettiva, ormai sganciata dalla ratio emergenziale dei relativi Lavori Preparatori. Tale de-contestualizzazione dell’ Art. 513 bis CP dal comma 3 Art. 416 bis CP e dall’ Art. 416 bis 1 CP è confermata pure da Cass., sez. pen. VI, 9 gennaio 1989, n. 3492, poiché “ la Giurisprudenza ha gradualmente ampliato la portata applicativa [ dell’ Art. 513 bis CP ], inizialmente limitandone l’ incidenza ai fini del contrasto di forme d’ intimidazione mafiosa [ … ] per poi escludere la necessaria realizzazione della condotta nel contesto delittuoso specifico della criminalità organizzata “. Parimenti, Cass., sez. pen. III, 15 febbraio 1995, n. 450 ha separato l’ Art. 513 bis CP dalla ratio del “ metodo mafioso “, in tanto in quanto “ il riferimento [ storico ed iniziale] ai comportamenti posti in essere nei contesti criminali [ … ] non deve poi dimensionare e circoscrivere l’ ambito dell’ applicazione di questa norma “ D’ altronde, de jure condito, anche sotto il profilo grammaticale, i due commi dell’ Art. 513 bis CP non sono esclusivamente riferiti alla criminalità organizzata, bensì a “ chiunque [ dicesi: chiunque ] [ … ] compie atti di concorrenza con violenza o minaccia [ … ] “. Inoltre, si ponga mente pure al fatto che, codicisticamente, gli Artt. 416 bis e 416 bis 1 CP tutelano l’ ordine pubblico legittimamente costituito, mentre l’ Art. 513 bis CP protegge la libera inziativa economica, senza riferimenti tassativi, letterali od apodittici al tema delle mafie. Pure Cass., SS.UU., 28 novembre 2019, n. 13178 ha affrancato l’ Art. 513 bis CP dall’ ambito ristretto del crimine organizzato, nel senso che “ l’ Art. 513 bis CP reca un’ oggettività giuridica i cui tratti identificativi sono risultati sostanzialmente diversi da quelli inizialmente annunciati [ nel triennio 1980-1982 ], con il conseguente disallineamento venutosi a determinare tra l’ intenzione legislativa, la formulazione lessicale del dettato normativo e la successiva opera di esegesi compiuta in sede dottrinale e giurisprudenziale “.
Ratio e campo precettivo dell’ Art. 513 bis CP
A parere di Cass., SS.UU., 28 novembre 2019, n. 13178, è profondamente erroneo limitare il campo precettivo dell’ Art. 513 bis CP ai contesti di stampo mafioso ex comma 3 Art. 416 bis CP ed ex Art. 416 bis 1 CP. Ormai, la nomogenesi dell’ Art. 513 bis CP è un ricordo lontano che si riferisce ad un criterio non indispensabile. Anzi, la Camorra, la Sacra Corona Unita a le mafie calabro-sicule non agiscono più in maniera palesemente violenta e si mimetizzano astutamente nell’ abbattere i concorrenti reputati scomodi. Senz’ altro più condivisibile è l’ esegesi filo-europeista, la quale propone un affrancamento dell’ Art. 513 bis CP dalla ratio dei Lavori Preparatori degli Anni Ottanta del Novecento. Talvolta, in effetti, le Norme giuridiche oltrepassano la loro nascita storica e divengono riferibili a fattispecie delittuose autonome e non originariamente predeterminate. Ciononostante, rimane erroneo sganciare l’ Art. 513 bis CP dal paradigma civilistico ben espresso nell’ Art. 2598 CC, in tanto in quanto “ un’ interpretazione [ troppo estensiva ] della nozione degli atti di concorrenza [ … ] rischia [ … ] di rafforzare impropriamente l’ incidenza dell’ elemento psicologico del reato, poiché, al di fuori di condotte intimidatorie poste in essere nell’ esercizio dell’ attività concorrenziale, il fine dei comportamenti illeciti dovrà comunque dirigersi verso il contrasto dell’ altrui libertà di concorrenza “ ( Cass., SS.UU., 28 novembre 2019, n. 13178 ). Dunque, i presupposti civilistici di cui all’ Art. 2598 CC rimangono pur sempre un archetipo definitorio, che consente di contestualizzare correttamente i lemmi “ atti di concorrenza “ ex comma 1 Art. 513 bis CP. Adeguare ultra vires l’ Art. 513 bis CP al Diritto dell’ Unione Europea significa perdere di vista l’ elemento costitutivo essenziale degli “ atti di concorrenza sleale “ precisamente e, fors’ anche, comodamente illustrati nell’ assai utile Art. 2598 CC, parzialmente novellato dal DLVO 198/1996. D’ altra parte, non bisogna obliare che l’ Art. 513 bis CP è nato e mantiene la propria ontologia solo e soltanto nel contesto della tutela dell’ iniziativa economica privata ex comma 1 Art. 41 Cost. . Qualsivoglia altro tentavivo di re-interpretare bizantinisticamente l’ Art. 513 bis CP a prescindere dall’ Art. 41 Cost. risulta un indubitabile tradimento nei confronti della realtà legislativa oggettiva, pur se è vero, a parere di chi redige, che la protezione della concorrenza privata reca, di riflesso, all’ inibizione dei tentativi mafiosi di alterare l’ Ordine giuridco costituito.
Era, è e rimane fermo, nell’ ambito della sostanza normativa dell’ Art. 513 bis CP, il divieto di impedire e di distorcere la libera inziativa economica privata, alla luce del comma 1 Art. 41 Cost. . D’ altra parte, anche Cass., SS.UU., 28 novembre 2019, n. 13178 asserisce pur’ essa che “ il principio-cardine della legislazione europea in tema di regole della concorrenza, pienamente recepito anche nell’ Ordinamento interno, è quello secondo cui la libertà d’ inziativa economica e la competizione fra le imprese non possono tradursi in atti e comportamenti pregiudizievoli per la struttura concorrenziale del mercato “. Dunque, è altrettanto intangibile il n. 3) Art. 2598 CC, ai sensi del quale “ [ compie atti di concorrenza sleale chiunque ] [ … ] si vale, direttamente od indirettamente, di ogni [ … ] mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’ altrui azienda “. Quindi, come afferma Cass., sez. civ. 1, 17 aprile 1992, n. 752, l’ Art. 513 bis CP “ è il presupposto [ penale ] necessario [ … ] per l’ instaurazione di un regime di mercato oggettivamente caratterizzato da un sufficiente grado di effettiva competizione concorrenziale. E’ dunque necessaria la previsione di modelli e tecniche di regolamentazione che impediscono, sul piano giuridico, [ … ] il determinarsi di situazioni di monopolio o di quasi-monopolio, ovvero comportamenti illeciti che, di fatto, alterano o, addirittura, stravolgono il regolare funzionamento del mercato “. A parere di chi scrive, in un’ ottica decisamente e nostalgicamente groziana, l’ Art. 513 bis CP rappresenta uno strumento di tutela della pace sociale. Pertanto, in via indiretta, l’ Art. 513 bis CP contribuisce a realizzare l’ Ordine repubblicano costituzionalmente sancito. Come ribadito da Cass., sez. civ. III, 16 maggio 2013, n. 39784, va impedito, nel contesto precettivo dell’ Art. 513 bis CP, “ qualsiasi atto che risulti [ … ] contrario ai canoni di etica professionale generalmente accettati e seguiti nel mondo degli affari, ovvero nello specifico settore a cui appartengono le attività imprenditoriali in rapporto concorrenziale “. Similmente, Cass., sez. pen. III, 22 ottobre 2008, n. 8451 sostiene, giustamente, che l’ Art. 513 bis CP “ è un reato pluri-offensivo orientato verso la tutela [ sia sociale sia privata, ndr ] del corretto funzionamento del sistema economico, ma anche verso la protezione della libertà di ciascuno di auto-determinarsi nell’ esercizio di un’ attività commerciale, industriale o, comunque, produttiva “
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