Il provvedimento di urgenza è uno strumento più idoneo del sequestro conservativo ex art. 670 c.p.c. a tutelare il diritto del proprietario di un ramo aziendale?
La fattispecie
Il ricorrente proponeva ricorso per ottenere un provvedimento di urgenza che disponesse la restituzione a proprio favore del ramo d’azienda attivo all’interno di un Centro Commerciale. Ciò in quanto parte affittuaria continuava ad occupare lo stesso nonostante la scadenza del contratto e l’elevata morosità maturata a titolo di indennità di occupazione. Si costituiva nel procedimento la società affittuaria che, pur non contestando la morosità, riteneva l’insussistenza di un periculum in mora e che il contratto stipulato tra le parti dovesse essere qualificato, nonostante una clausola di accertamento e la terminologia utilizzata, come locazione commerciale. In ragione di ciò il rapporto sarebbe dovuto ritenersi ancora pendente vista l’applicazione di diritto delle disposizioni di cui alla L. 392/78 ss. mm.
Il quesito
Il Giudice del Tribunale di Lodi, pur ritenendo infondata l’eccezione sulla qualificazione del rapporto sollevata da parte resistente, si è domandato se il ricorso ex art. 700 c.p.c. fosse fondato, fermi i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora, sotto il profilo della sussidiarietà.
Argomentazioni e motivazioni
L’art. 700 c.p.c. prevede che, in via residuale rispetto agli altri istituti tipici, colui che abbia ragione di temere che i tempi per un giudizio di merito possano arrecare un pregiudizio imminente e irreparabile al proprio diritto possa chiedere al giudice di emettere un provvedimento di urgenza.
Nella fattispecie, il Giudice accoglieva in toto le considerazioni della ricorrente riconoscendo la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora: il primo in quanto la morosità maturata dall’affittuaria non era mai stata contestata; il secondo perché, versando parte resistente in una situazione di difficoltà economica tale da non ritenere possibile il rientro del debito maturato e comunque la prosecuzione del rapporto, la concedente aveva altresì provato che il prolungato ritardo nella restituzione del ramo d’azienda avrebbe comportato l’aggravarsi del danno economico già subito.
Ciò premesso, il Giudice valutava se la ricorrente avrebbe dovuto richiedere una misura di tutela ex art. 670 c.p.c. considerando che anche la stessa, in materia di affitto di azienda e quando la proprietà, possesso o detenzione del bene siano contesi, permette di salvaguardare gli effetti della pronuncia di merito evitando che lo stesso bene subisca deterioramenti.
All’esito delle proprie considerazioni, il Giudice giunge a ritenere che nella fattispecie in esame lo strumento del sequestro conservativo non avrebbe assunto, almeno autonomamente, la funzione di stabilità richiesta dal ricorrente.
In particolare, il sequestro conservativo non avrebbe potuto garantire il pieno ed immediato godimento del bene da parte del suo proprietario, ottenibile solo con una pronuncia che avesse ordinato la restituzione funzionale a consentire una ripresa della operatività del complesso aziendale.
Per detto motivo, aderendo a un orientamento che si sta recentemente consolidando anche in altri Fori, il Giudice ha accolto la domanda del ricorrente ordinando a parte resistente di rilasciare, senza dilazione, il ramo aziendale occupato senza titolo.
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