Il patrocinio a spese dello Stato o “gratuito patrocinio”
Il patrocinio a spese dello Stato, detto in modo improprio “gratuito patrocinio” è un istituto previsto nell’ordinamento giuridico italiano.
Prima nell’ordinamento esistevano due discipline, quella del gratuito patrocinio nel processo civile, contenuto nel regio decreto 30 dicembre 1923 n. 3282 e quella del patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, previsto dalla legge 30 luglio 1990 n. 217
Accanto alla disciplina corrente coesistevano alcune discipline speciali per determinati processi.
La legge 134/2001, ha aggiornando la 217/1990, e oltre a inserire alcune modifiche relative al patrocinio nel processo penale ha riformato la disciplina della procedura di ammissione e degli effetti del beneficio nei processi diversi dal penale.
La disciplina attuale è stata raccolta nel D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (“Testo unico in materia di spese di giustizia“) dagli articoli dal 74 al 141.
Ha lo scopo di attuare l’articolo 24 della Costituzione e garantire l’accesso al diritto di difesa a persone non in grado di munirsi autonomamente del patrocinio di un avvocato per l’incapacità reddituale di sostenerne il costo.
Le persone non abbienti, se abbiano necessità di essere rappresentate in giudizio, sia per agire e sia per difendersi, possono richiedere la nomina di un avvocato e la sua assistenza a spese dello Stato, usufruendo dell’istituto del Patrocinio a spese dello Stato (gratuito patrocinio).
Un aspetto particolare è quello dell’articolo 116 del Testo Unico.
L’articolo 32 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, sostituito dall’articolo 17 delle legge n. 60/2001, prevede che, se l’avvocato nominato d’ufficio dimostra di non essere riuscito a ottenere dal difeso il compenso, lo stesso è liquidato dallo Stato, con le modalità previste dalla disciplina per il patrocinio a spese dello Stato, come accade sempre se il difeso è ammesso al patrocinio.
Questo è un modo per assicurare l’efficacia della difesa d’ufficio, garantendo la retribuzione al difensore, se il proprio assistito non paga, nonostante sia stato intimato a farlo, oppure se l’assistito stesso risulta irreperibile o latitante.
Lo Stato ha diritto a recuperare la somma anticipata sul difeso, a meno che le condizioni di reddito di quest’ultimo non siano quelle che avrebbero consentito l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Altra ipotesi è quella del fallimento (ex art. 144 T.U.).
In relazione agli effetti dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si deve distinguere:
Processo penale (ex art. 107, 3° co. lett. c)), sono spese anticipate dall’erario le indennità di trasferta, i diritti, le spese di spedizione per le notifiche degli ufficiali giudiziari a richiesta d’ufficio o di parte.
Procedimento civile (ex art. 131, c. 5), sono anticipate o prenotate a debito con le modalità dell’articolo 33 Testo Unico per le notifiche a richiesta di parte le indennità di trasferta, i diritti e le spese di spedizione.
Procedura per adozione (ex art. 143, 1° co., lett. d): sono anticipate dall’erario le indennità di trasferta, i diritti e le spese di spedizione per le notifiche a richiesta d’ufficio e per le notifiche e gli atti di esecuzione a richiesta di parte.
Procedimento d’interdizione ed inabilitazione a richiesta del Pubblico Ministero (ex art. 145): rinvio all’articolo 131.
Procedimento in cui è parte la Pubblica Amministrazione (ex art. 158 c. 2), sono anticipate dall’erario le indennità di trasferta e le spese di spedizione degli ufficiali giudiziari per le notificazioni e gli atti di esecuzione a richiesta dell’amministrazione.
Per le controversie transfrontaliere è previsto il gratuito patrocinio anche per l’attività di consulenza legale e l’assistenza stragiudiziale prodromica all’azione processuale.
Nel procedimento penale italiano, l’istituto può essere revocato dal giudice in sede di sentenza di primo grado, nonostante il permanere dei requisiti, privando il condannato della possibilità di accedere agli altri gradi di giudizio.
Il provvedimento di revoca può essere assunto sulla base della presunzione dell’esistenza di redditi, anche se non provati.
Chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, istituiti presso i consigli dell’ordine del distretto di Corte di appello nel quale ha sede il magistrato competente a conoscere del merito della causa o il magistrato davanti al quale pende il processo.
Il gratuito patrocinio è assicurato nei processi civili, amministrativi, contabili, tributari e nelle cause di volontaria giurisdizione (ad esempio, separazioni consensuali, divorzi congiunti), purché non si tratti di questioni manifestamente infondate.
È, altresì, assicurato nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente, indagato, imputato condannato, persona offesa da reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile o civilmente obbligato per la pena pecuniaria.
L’ammissione è valida, ex art. 75 del D.p.r. n. 115/2002, in ogni grado e fase del processo (anche in Cassazione, purché il legale sia abilitato al patrocinio) e per tutte le procedure, derivate e accidentali, comunque connesse.
L’istituto è ammissibile solo per l’attività giudiziale (e non per quella stragiudiziale), ritenendo ivi comprese sia le azioni strettamente processuali che quelle prestate dal legale, in esecuzione del mandato conferito, al di fuori del giudizio purchè direttamente collegate allo stesso.
Il requisito principale per potere chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è il possesso di un reddito annuo non superiore a euro 11.528,41.
Ai fini del computo, il reddito considerato è quello imponibile, che risulta dall’ultima dichiarazione Irpef.
Se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari il reddito considerato è quello risultante dalla somma dei redditi dell’intero nucleo familiare.
L’articolo 76 del testo unico prevede che si tenga conto esclusivamente del reddito dell’interessato nelle cause che hanno per oggetto diritti della personalità ed in quelle nelle quali c’è conflitto di interessi con gli altri componenti del nucleo familiare.
Per il patrocinio in ambito penale, a norma dell’articolo 92 Testo Unico, il limite reddituale è elevato di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi.
Per accedere al patrocinio, l’interessato deve presentare (personalmente o attraverso il proprio difensore oppure inviando raccomandata con ricevuta di ritorno) apposita “istanza di ammissione” al Consiglio dell’Ordine degli avvocati presso il tribunale competente per il processo.
La domanda deve essere sottoscritta dall’interessato, a pena di inammissibilità.
La sottoscrizione va autenticata dal legale dell’interessato o dallo stesso tramite autocertificazione secondo le modalità previste dal D.p.r. n. 445/2000.
Per l’ammissione al gratuito patrocinio in ambito penale, l’istanza deve essere presentata, con le stesse modalità, all’ufficio del magistrato davanti al quale pende il processo.
Entro dieci giorni dalla presentazione della domanda, il Consiglio dell’Ordine degli avvocati o il magistrato, valutata la fondatezza della stessa e la presenza oppure no dei requisiti richiesti dalla legge, devono comunicare l’accoglimento o il rifiuto al richiedente, il quale, potrà fare domanda direttamente al giudice che si occuperà del processo.
In caso di ammissione, l’organo che ha esaminato e accolto la domanda è tenuto a trasmettere copia del provvedimento di ammissione e dell’intera documentazione in suo possesso, all’interessato, al giudice competente e all’Agenzia delle Entrate per la verifica sulla veridicità ed esattezza delle dichiarazioni reddituali contenute nell’istanza, la quale potrà richiedere provvedimento di revoca laddove riscontrasse irregolarità.
A seguito dell’ammissione al beneficio l’interessato può nominare un difensore, scegliendolo dall’apposito elenco approntato dal Consiglio dell’Ordine competente, reperibile presso le rispettive sedi o pubblicato online.
Chi viene ammesso al patrocinio può anche nominare un consulente tecnico di parte, nei casi previsti dalla legge per le materie di particolari complessità.
Sia al difensore che al Consulente Tecnico di parte è vietato chiedere o percepire dall’interessato compensi o rimborsi a qualsiasi titolo.
Al termine di ogni fase o grado del processo e, sempre, al momento della cessazione dell’incarico, gli onorari e le spese a loro spettanti saranno liquidati con decreto dall’autorità giudiziaria.
Alessandra Concas
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